Il “Bonus” per gli insegnanti
meritevoli defluirà , si dice, nel Fondo di Istituto.
E' un bene? E' un male? E' sbagliato
non premiare i meritevoli?
Partiamo dall'inizio, “ab ovo”,
come dicono i Latini.
In termini generali, premiare chi si
sbatte di più nella scuola è un bene: come in ogni ambiente di
lavoro, anche nella scuola c'è chi proferisce più energie per
svolgere al meglio la propria attività e c'è che ne proferisce di
meno del dovuto, dunque, in termini di principio, è corretto premiare chi lavora di più.
Il problema è la tipologia di lavoro
da premiare.
C'è chi lavora tanto per fare
l'insegnante bene e c'è chi lavora tanto per organizzare il lavoro
degli altri insegnanti perché lavorino meglio.
Sono da premiare entrambi? Per quanto
mi riguarda, sì.
Purtroppo, de facto, l'investimento
nella scuola, essendo sempre più asfittico, ha fornito una coperta, che è sempre
stata più corta, premiando giocoforza chi olia gli ingranaggi della
scuola, purché quest'ultima proceda.
Il “buon” insegnante spesso non è
stato premiato, anche perché lo si è sottoposto a una forca caudina
umiliante: il “buon” insegnante, infatti, deve fare
domanda per essere premiato.
In termini generali (ciò non vale per
i geni della didattica incompresi; ce ne sono, ma sono pochi), il
“buon” insegnante non crede di essere un buon insegnante: pensa
di essere un insegnante come gli altri, anche se non è vero.
Non è falsa umiltà: lavora così
perché gli viene di lavorare così, mica si sente speciale.
Glielo dovrebbero dire gli altri coram
populo e per acclamazione e/o standing ovation (non è mai successo), ma autocandidarsi a un premio gli pare
inopportuno (....non parlo di me, eh! Io sono un insegnante medissimo e ho fatto domanda un anno per impadronirmi della mia fetta).
Quel che spiace di più al sottoscritto
è che per mettere in piedi il merito si siano dovute creare della
commissioni che hanno lavorato sodo per stabilire i criteri di
valutazione e chi ci ha creduto, proferendo impegno a iosa, ha avuto
pochi soldi in compenso.
Ora si butta via tutto: il bambino, l'acqua
sporca e la vaschetta blu.
Quando la burocrazia si autoalimenta, creando compiti inutili e che muoiono nello spazio di pochi anni, mi
sovviene l'immagine dell'uroboro, il serpente che si mangia la coda e
si autocannibalizza, vorace energia che si autoalimenta e si
trasforma in polvere muta. O, se preferite, in cacca.
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