sabato 10 dicembre 2022

Calma e gesso. Perché non è il caso di commentare compulsivamente ogni provvedimento del Governissimo.

Dopo aver deluso i pensionati (le pensioni a 1000 euro i pensionati al minimo se le possono scordare e la rivalutazione di tutte le pensioni è ben lontana dal compensare l’inflazione galoppante), il Governissimo si appresta ora a togliere il Bonus ai diciottenni. 

I vecchi e i giovani sono tagliati fuori.

Ma la Ducia non ha deluso tutti, eh! 

C’è qualcuno che si sta fregando le mani. 

Inutile quindi inseguire ogni provvedimento del Governo per metterlo in difficoltà, la linea è chiarissima. 

Ovviamente il fumo intorno a questa manovra serve solo per confondere gli esclusi al banchetto che pensavano di mangiar panettoni, votando, e invece si dovranno spartire i canditi caduti dal desco padronale. 

E la questione vecchissima del monopolio o, se preferite, oligopolio dell’informazione a cui non si è voluta trovare una soluzione nei tempi dovuti, assume ancor più importanza.

I Social, inoltre, servono solo per crear più fumo e io in questo periodo credo che sia opportuno astenersi dall’intervenire (anche perché il tic per ogni osservazione contraria è il solito :”Eh, rosicate! Maaalox!”): anche chi si arrabbia (tra l'altro inutilmente) contribuisce alla confusione. 

Calma e gesso, dunque, e le contraddizioni, le bugie, le manipolazioni si vedranno in modo più chiaro tra breve se si riuscirà a diradare il fumo di un'informazione drogatissima. 

La coperta corta dal punto di vista finanziario per ora serve solo a coprire e tenere al caldo chi ha le zampette corte e il naso lungo. 

Preparatevi all’aeroporto a Cortina, povery! 😉


domenica 30 ottobre 2022

La politica della strizzatina d'occhio


“No vax” quando le acque si calmano, favorevole al vaccino nel momento dell’emergenza.

Il 25 aprile non si festeggia, ma si giura sulla Costituzione antifascista.

Amica del popolo e poi consente il contante a 10000 euro a botta, quando il popolo li vede, se va bene, in un anno.

“Mi guardi, Serracchiani, le sembra che io stia un passo indietro agli uomini?”, ipse dixit il Presidente del Consiglio dei Ministri, On. Giorgia Meloni, ma contraria alla parità di salario tra maschietti e le altre femminucce voluta dall’Europa.

Basta così.

Diciamo che, in linea col passato, l’attuale estrema Destra al potere: “ha due teste e nessuna cultura, due occhi e nessun orizzonte, due mani e duemila bandiere"; insomma, strizza l’occhio a chi le porta consenso, di volta in volta, a seconda delle occasioni. Nihil sub sole novum.

Qualcuno prima o poi dovrà scontentare, eh!, e lo strabismo di Venere non aiuterà.

giovedì 27 ottobre 2022

La Destra muove i primi passi: flette i muscoli, sorride ai fotografi e accontenta gli amichetti. Nulla di nuovo sotto il sole.

 Per quanto mi riguarda, nessuna meraviglia: la Destra fa la Destra.

Tra le tante promesse “popolari” (che poi eran populiste) sparse come capperi sulla pizza per ora non ne vedo neanche una messa in opera, mentre illico et immediate si vedono il taglio autoritario che il Governo vuole dare alla sua azione (le manganellate agli studenti della Sapienza e il blocco dei barconi) e gli interventi a sostegno del ceto medio alto, delle partite IVA e generalmente degli imprenditori: la flat tax e l’aiutino all’evasione per l’uso del contante.

Al popolo straccione e alla borghesia impoverita che l’hanno votato in massa nulla, more solito, o briciole sotto il desco.

D’altronde, l’errore è antico: allora fu non vedere lo iato evidente tra il programma socialisteggiante del Programma di San Sepolcro e i primi passi del partito del Buce giunto allo scranno di Presidente del Consiglio, ora pensare che la Ducia (ops, mi scusi, il Ducia) si svincoli dal dettato dell’alta Borghesia che le ha dato mandato di mettere ordine per venire incontro a quel popolino che le è stato tanto caro quando era all’opposizione, ma che ora è il solito inguaribile, lagnoso rompiscatole che chiede pane e non frittate di parole.

domenica 23 ottobre 2022

Lettera aperta alla Destra al potere.

 Già lo sento il digrignar di denti. “Siamo andati da un giorno al governo e già ci fate le pulci!”

Vi capisco: dopo anni all’opposizione, anzi in una nicchia dell’opposizione, trovarvi per la prima volta sul piedistallo e non vedere tutti pronti all’applauso può dar fastidio.

Purtroppo, la democrazia funziona così: vuole che le opposizioni facciano il loro mestiere, quello di inguaribili rompicoglioni.

Decidete di chiamare un ministero chiave come quello dell’Istruzione accompagnandolo con un’altra specificazione “del Merito”? 

È inutile che vi sbracciate a dire che persino nella Costituzione (quella antifascista, eh!) si parla di Merito. Avete ragione, ma se poi nel governo eleggete il cognato prediletto della vostra Capa a capo di un ministero importante, dovete aspettarvi la pernacchietta di chi dirà: “Merito un par di palle! Parlate di merito, ma questo si chiama nepotismo!”

Vi difenderete dicendo che la nomina di Lollobrigida non c’entra un bel nulla con il nome del nuovo ministero e che la critica è campata in aria; può anche essere vero, ma se c’è una cosa che fa saltare la mosca al naso all’opposizione è l’incoerenza.

Parlate di famiglia tradizionale e il vostro leader  (legittimamente sia chiaro) alla cerimonia di investitura si presenta con il compagno e la bimba nata al di fuori del matrimonio?

 Aspettatevi, quando cercherete di mettere i bastoni tra le ruote alle famiglie non tradizionali, che vi sbertuccino apertis verbis.  

Il vostro leader si presenta in vestito maschile alla cerimonia del passaggio di consegne?

Vi sarà più difficile far passare la bufala palese degli amici della “Pro Life” che nelle scuole pubbliche si insegni ai bambini a mettere il rossetto e le mutandine di pizzo per confonderne l'identità di genere.

Spero di essere stato chiaro: molte accuse saranno anche pretestuose, ma nasceranno da ogni vostra parola e da ogni vostro atto.

Compito vostro sarà quello di non prestare il fianco alle critiche e, se partiranno dall'arco, di rintuzzarne il veleno.

Ecco, però, evitate il riflesso pavloviano che vedo spesso scattare in voi come meccanismo di difesa: criticare i vostri rappresentanti nelle istituzioni, ora che comandate, non significa criticare le istituzioni stesse. 

Non si paventi alcun attentato, dunque, all’Italianità e alla sacralità delle istituzioni.

Il vostro compito, altissimo, sarà quello di non infangarne il nome, perché l’opposizione potrà anche permettersi di essere sguaiata e caciarona (e voi ne sapete qualcosa), ma chi ha ora nelle mani il potere no.

Sennò saran pernacchie. O peggio.

sabato 22 ottobre 2022

Ministeri e parole.

 I Governi si giudicano dai fatti, d'accordo, ma anche le parole contano: tirar fuori dal cilindro un lessico ridicolo (e non solo, penso, per chi si colloca all'opposizione) per definire i Ministeri è già un errore, e non da poco.

Non parliamo del Ministero dell'Istruzione che ora si fregia di una parola, "Merito", bella come "Gratis" in Internet: trappola per gonzi, trufferia di parole come la definirebbe don Lisander, per dire "istruzione per le élite", intellettuali, nel migliore dei casi (ma chi ci crede?), di censo, come è più probabile, nella palciosa e lutulenta realtà italiana.

lunedì 26 settembre 2022

Lo "spin doctor" in saldo dà consigli a Richetto, nel giorno del dolore.

Caro Richetto,

sono uno “spin doctor in saldo”. Ho dato recentemente consigli a Capitan Findus e alla Ducia (il primo non mi ha calcolato e mal gliene incolse, la seconda un po’ mi ha dato retta, anche se la scena dei meloni mostrati a bilanciere in primo piano davanti alle tette e l’ammicco con tanto di strizzatina d’occhio hanno rischiato di compromettere tutto).

Il mio Pay Pal , nonostante le mie dritte, è, però, ancora a secco.

O sono taccagni forte o forse hanno problemi di finanziamento, mah!

Pertanto, mi rivolgo a te, in questo triste lunedì postelettorale per darti il mio umile consiglio.

Già, ti avviso, hai incominciato male: dici di non volerti ripresentare alla presidenza (benissimo), ma addossi la colpa del disastro a Conte.

Non funziona.

Certo non ci si mette a frignare come il bambino con le mani nella marmellata, ma virilmene si ammettono gli errori: aver allattato a lungo le due serpi in seno al partito e il non aver previsto un’alleanza con il M5s per le elezioni sono state due evidenti belinate.

Se ci tenessi ancora ad apparire ancora degno di fiducia, dovresti, insomma, assumerti le tue responsabilità. Anzi calcare la mano. Sai benissimo che il fallimento del PD parte da quando il tuo partito ha incominciato a parlare come la destra e sai di chi parlo.

Orbene, ordunque. Dimettiti, ma fa’ sì che un personaggio nuovo, possibilmente donna (che ne so la Elly Schlein) prenda le redini del partito.

Ritorna di tanto in tanto a Parigi per smaltire l’ubriacatura liberista che ha dominato l’ex Partito Comunista, ma sta’  fermo al tuo posto di consigliere.

L’unico errore che NON devi fare è dare una mano al nuovo governo Meloni.

Imponi dei diktat interni: dove c’è un Meloniano non ci deve essere un Piddino. Non si dialoga con loro! Manco si prende un caffè ! Innanzi tutto, non devi fornire al governo il tuo aiuto, fornendo loro i tecnici che sappiano come funziona uno Stato.

Non li vedi che, appena vinte le lezioni, incominciano già a chiedere aiuto? 

Lo sanno anche loro di essere degli sprovveduti e che per pilotare un aereo non basta aver giocato con qualche simulatore sul PC di casa! Sono 70 anni che non vedono l’ora di volare, ma, diciamocelo, non hanno studiato tanto.

I bottoni nella stanza dei bottoni sono tantissimi e bisogna premerli in un certo ordine, eh!, sennò l'aeroplano si schianta da qualche parte!

Ecco, siccome tra i tuoi c’è il fior fiore di professoroni (quelli che i destrorsi odiano, quando sono all’opposizione) che potrebbero addestrare i testacchioni, muoviti perché non accettino le offerte di collaborazione (che saranno generose: non son mica soldi loro!).

Lo so, cominceranno con il solito piagnisteo: “Non siete patrioti, non volete bene all’Italia” and so on.

Ripeti il mantra: “Ora avete il potere: governate! Ora avete il potere: governate!” 

Ovvio che vogliano coinvolgervi nelle scelte impopolari, ma lo faranno solo per rinfacciarvelo il giorno dopo.

Insomma, Richetto, invita i professoroni a Capalbio, invia prodotti tipici a casa loro, insomma, tienili buoni. Non illuderti: qualche tecnico ce l’hanno anche loro, ma per far funzionare la macchina dello Stato ci vuole una squadra e non bastano solo due o tre esperti.

Non vado oltre finché non vedo la pilla. 

Ti lascio il link per finanziarmi: https://paypal.me/arz62.

Costo poco! Sono in saldo!

                                                                  Ciao, Richetto, non deludermi!

                                                                     Arz, lo spin doctor in saldo

 


lunedì 12 settembre 2022

Adinolfi, il divorzio e la logica aristotelica.

 So di essere didascalico e le mie osservazioni sono rivolte solo per chi ha meno di 11 anni.

Chi già ha capito il giochino passi oltre.

Orbene, ordunque: il mondo sui Social non funziona come nel resto del Mondo.

Mettiamo un personaggio come Adinolfi. Esalta la famiglia tradizionale. È contro il divorzio.

Purtroppo, per sua sfortuna, è divorziato e la sua famiglia non è per nulla tradizionale (si è sposato a Las Vegas come nei B-Movie americani).

Nel mondo reale la sua condizione consiglierebbe di starsene zitto, altrimenti partirebbero le pernacchie. 

No. 

Nel mondo dei Social vige solo una regola: la visibilità.

Non conta il buon gusto, la logica aristotelica o semplicemente la vergogna.

Con la sua sparata contro il divorzio, Adinolfi si è guadagnato uno spazio mediatico e lo spazio è offerto non solo da chi lo approva, ma, in modo particolare, anche da chi lo attacca: Noi.

Di esempi ce ne sono molti: Sgarbi, Briatore e Santanchè, la trimurtacci loro di questo giochino sporco.

Anch’io, scrivendo queste poche righe contribuirò, ma solo per fini sociologici 😉, al loro successo.

Non li filassimo, sarebbero scoregge nello spazio, l’unica espressione bossiana che salverei dalle altre bolle emesse negli ultimi anni dal fondatore della Lega.

Blop! Prop! Puzz!

Vignette in vendita: Il leopardato è sempre di moda. Poi prevale il nero.

 Poiché non mi calcola nessuno e poiché si avvicina l'inverno, per evitare di bruciare il parquet per riscaldarmi, lascio qui i miei abbozzi (non li rifinisco perché tanto nessuno me li pubblica!)  perché qualche disegnatore di chiara fama ne approfitti e mi dia il 10% dei suoi emolumenti per il copy.

Visti i tempi, credo che l'opportunità di fare un po' di satira diventerà più difficile. 

Su, son prezzi modici, Siori e Siore! ;-)



sabato 10 settembre 2022

Meloni vs Peppa Pig, uno scontro impari.

 

Cari venti lettori dei miei post (sì, non siete di più, sappiatelo!), so che qualcuno di voi incomincia a sospettare che io ce l’abbia con Giorgetta.

Sì, è vero, ce l’ho con lei per non aver reciso il cordone ombelicale con il fascismo (ci aveva provato Fini, ma è diventato bolo e poi deiezione del Caimano, vi ricordate?), ma c’è un motivo più semplice della mia attuale acrimonia: Giorgia è zuccona.

Io ho profuso numerosi e preziosi consigli a lei come li ho profusi a Capitan Findus.

Vista la situazione economica che mi vedrà bruciare il mio parquet per riscaldare la casa, mi sono offerto come “spin doctor”, in saldo, ovviamente.

Non chiedo tanto: solo un contributo di pochi euro (l’indirizzo è sempre questo:  https://paypal.me/arz62).

Niente.

Neanche un euro. 

Giuro. 

Da una decina di anni qual Cassandra inascoltata non vengo né preso in considerazione né pagato.

Nonostante la congiuntura sfavorevole, ho ultimamente consigliato a Giorgia un profilo basso e di lasciare fare alla Sinistra che è maestra nel distruggere le proprie scarse possibilità di vincere le elezioni.

E che mi combina mai Giorgia? Se la piglia con Peppa Pig!

Va be’, riprovo con Capitan Findus: vuole recuperare qualche voto fagocitato da Giorgetta e in particolare dal M5S?

Si smarchi dalla posizione della Ducia sul “reddito di cittadinanza”: perderà l’appoggio formale di Confindustria e dell'elettorato berlusconiano (ma dopo le elezioni si potrà sempre invocare le cause di forza maggiore per eliminarlo), ma, aprendo la porta a una speranza, ovviamente escludendo ogni poverazzo pur italiano, ma di origini dubbie, si recupererà qualche punto percentuale.

Ricordo al Capitano dove depositare l’obolo per il mio consiglio ( https://paypal.me/arz62).

Attendo fiducioso.

Spero che qualcosa dei 49 milioni di euro sia rimasto in cassa.

E, Giorgia, non prendertela con Peppa! 

Ti farà a pezzi lei! 

Baciale la coscia come fa il tuo degno compagno! 

Dammi retta e lascia l'obolo (ti ricordi dove? Non vorrei essere insistente! https://paypal.me/arz62)!

giovedì 8 settembre 2022

"Rodo, ma non rido": post severamente sconsigliato a chi non si occupa di Satira disegnata e scritta.

 


Probabilmente, tra un secolo circa, e mi si scusi l’accostamento blasfemotto, ci sarà un novello Dionigi il Piccolo, e non per le dimensioni dell’intelletto, che individuerà nella storia della Satira una frattura, un a.FB. e un d.FB.

“FB”, naturalmente, sta per “Facebook”.

Nel periodo dopo Facebook, chi si occupa di Satira scomparirà.

O meglio: si occulterà. Vivrà, come Epicuro insegna, nascosto.

Premessa maior: Facebook ha fatto sì che chiunque, dotato di media intelligenza, possa ardire ad avvicinarsi alla Satira. Non so se sia un male assoluto, ma non ho dubbio che qualche danno lo stia facendo.

Per la Satira disegnata l’agonia sarà più lenta (lo vedremo dopo), ma per la Satira scritta sarà probabilmente la fine. 

Già da ora, in verità, si percepiscono i segnali di sgretolamento.

Quando tutti hanno diritto a satireggiare, qualsiasi avvenimento sarà oggetto di Satira. 

Anzi vi sarà una compulsione al contenuto satirico dei neofiti, compulsione che coinvolge attualmente naturaliter anche molti autori satirici.

Come sapete, ad esempio, la Regina Elisabetta ora sta male e già fioccano interventi salaci sulla sua dipartita.

A parte il buon gusto (ma, vivaddio, anche la Satira vera non ha il buon gusto per statuto!), l’aspetto nuovo e decisivo è quello quantitativo: su migliaia di interventi penosi e tristissimi, state sicuri che qualcuno riuscirà a scrivere due righe fulminanti (un altro aspetto che individuerà il novello Dionigi il Corto, ops il Piccolo: la necessità della brevità dell’intervento).

 E chi si occupa di Satira (scritta) dirà: accidenti, perché non ci ho pensato io per primo?

Certo, il Satirico Maior è in grado di gestire nel tempo due paginate di buona satira senza fare un errore di ortografia, ma un comandamento di Facebook (e ancor più di Twitter) impone la concisione, l’uso parsimonioso della lingua: si lavora di stoccata e, dopo l’affondo, si ride soddisfatti, quando il sangue zampilla. 

Peccato che gli autori di questi virtuosismi non reggano la durata. 

Insomma, ne azzeccano una e ne sbagliano cento. Nel periodo dei duelli, al secondo assalto, sarebbero cibo per vermi.

Il Satirico Maior, comunque, non è un ingenuo, perché sa che le regole di ingaggio "facebucchiano" sono queste: brevità, ferocia, ghigno beffardo e fuga.

 Venti righe non le legge e regge più nessuno: seguendo le regole dei redattori del Reader’s Digest anni Cinquanta/Sessanta, una lettura non deve eccedere il tempo di una seduta nel proprio gabinetto (regola rispettata anche dai giornali online che indicano il tempo di lettura dell’articolo).

La Satira disegnata, come ho scritto, morirà più lentamente. 

Non tutti sanno tenere la matita in mano e nessuno può negare il valore attrattivo dell’immagine in un contenuto satirico. Certo, i disegnatori di fine Ottocento e di primi del Novecento venivano dalla scuole d’Arte, mentre oggi, come sappiamo, e io ne faccio parte, i disegnatori satirici sono perlopiù autodidatti e la qualità del disegno spesso è accettabile, ma non eccelsa. 

Ovviamente, la tecnica non è tutto, anche se chi disegna, se è onesto, rode forte nel vedere il collega più perito e attento ai particolari e tecnicamente attrezzato  risolvere senza evidente fatica alcuni problemi nella resa di una vignetta.

Ma l’Intelligenza Artificiale, come i ben informati sanno, risolverà, a breve, anche questo problema.

Concludo, perché ormai, anche se pazienti, avete finito la carta igienica: molti disegnatori satirici non faranno vignette su Elisabetta, anche se sono repubblicani, atei o cattolici nel midollo, per sottrarsi all’obbligo compulsivo del “coccodrillo”: non se la sentiranno e sarà il segnale del loro ritiro nel guscio.

Molti altri lo faranno e non sono da condannare. 

Fintanto che l’entusiasmo c’è, bisogna sfruttarlo. 

Ma il d.FB incombe. 

Cupo e mortifero.

Io ve lo avevo detto, eh!

 

N.B. Dopo la rubrica “Pissi pissi bao bao”, introduco un'altra parentesi di riflessione  con la rubrica “Rodo, ma non rido” riservata agli autori satirici. 

Siamo, sì e no, duecento in Italia e molti, com’è giusto, non mi leggono perché hanno ben altro da fare. Bene benissimo: siamo sotto ai 25 lettori di manzoniana memoria. 

Chi mi conosce sa il motivo della mia bislacca soddisfazione.

 

mercoledì 31 agosto 2022

Pissi pissi bao bao: post severamente vietato a chi non vive nel mondo della scuola (tranne a G.L.) . "L'estate dell'insegnante". Testo umoristico solo per gli insegnanti.

 Ho passato le mie vacanze in incognito. Poiché, per varie evenienze, non ho potuto organizzare un viaggio solo con mia moglie come sono solito fare, ho dovuto aggregarmi, ed è già successo, ad un gruppo in un viaggio organizzato. Per tutto il viaggio (piacevolissimo) ho evitato di dire quale fosse il mio lavoro.

Quando me lo hanno chiesto, ho glissato e sono ricorso all’umorismo, rischiando di essere accusato di millantato credito: in genere, o ventilo l’ipotesi di essere un agente segreto dei servizi segreti (non badate alla ripetizione: è, in qualsiasi caso, poco credibile ammettere di esserlo coram populo, ma la doppia “segretezza” aggiunge un’aura di doppiogiochismo che giova) o più frequentemente, col sorriso sulla bocca, dico di essere un killer.

Sorrido, eh! …insomma, faccio capire che non è vero, ma ho notato che i miei interlocutori, chissa perché, interrompono il discorso. 

Io, sornione, aggiungo sottovoce che è un ottimo mestiere: si viaggia molto, si guadagna assai e si lavora poco.

Chi mi ascolta pensa, a ragione, di avere a che fare con un coglione, d’accordo, ma io raggiungo il mio obiettivo: ciangotterò solo con mia moglie, senza essere costretto a parlare di questioni amene con altri: per quale squadra tifi, che cosa ne pensi della Meloni, di Salvini, di Letta e di Berlusconi e, innanzi tutto, quali soddisfazioni io tragga dalla mia attività lavorativa.

Neanche sotto tortura avrei rivelato ai miei compagni di viaggio il mio vero lavoro.

L’unica concessione l’ho offerta a chi come me, Epicuro docet, vive nascosto: basta un cenno di intesa tra Carbonari.

Non so che cosa sia mai successo in questo trentennio in Italia, quale tabe abbia colpito la società per aver così in odio una professione così amata in altre lande. (In realtà, lo so, ma mantengo il riserbo).

Quando ho cominciato a lavorare, non pensavo certo a una carriera luminosa, a successi da applausi.

Mi sarei accontentato di apparire, camaleonte tra i camaleonti, invisibile, compiendo il mio dovere.

Non è stato possibile.

Basta che oggi tu proferisca per sbaglio la parola “insegnante” e ti troverai sommerso dalla merda.

Collega, ricordati: d’estate tu sei un killer. Vedrai che nessuno calcolerà le tue ferie e sindacherà sul tuo operato. Anzi, il tuo fascino, anche nel dubbio che tu sia un cretino, colpirà l’immaginario di chi dubita, ma, in qualche recesso del cervello, penserà: "Non si sa mai…"

Ah, nel marsupio fingi di portare qualcosa di pesante: una bottiglietta d’acqua basterà.

E, mi raccomando, silenzio! Il nemico ti ascolta e userà le tue parole contro di te! ;-)

mercoledì 10 agosto 2022

La politica ossia l'arte di dire le bugie. Bene, però.

 Letta è proprio un bietolone. Nel maldestro tentativo di ingraziarsi gli insegnanti, dando la sua parola di Lupetto, promette: “Alla fine della prossima legislatura adeguerò gli stipendi a quelli dei vostri colleghi europei!”. Insomma, se tutto andrà bene, se il governo non cadrà nel frattempo, nel 2027 gli insegnanti italiani saranno finalmente entrati in Europa.

Come hanno già notato in molti, il PD è stato al governo un bel po’ e, in merito, non si è mai espresso, lasciando che gli emolumenti dei docenti fossero a mano a mano erosi dall’inflazione e proponendo contratti sempre più ricchi di innovazioni per rendere la vita dei poveri travet della cultura più complicata e sempre più poveri del conquibus.

Il contratto degli insegnanti è scaduto da un bel po’ tra l’altro e, alla fine della presente legislatura, se ci fosse stata volontà politica, qualcuno avrebbe potuto metterci una pezza, ma, adducendo la solita scusa (e bugia) di mancanza di trippa per gatti, non l’ha fatto, mentre in una nottata, ohibò, sono comparsi 13 miliardi per finanziare l’armamento dell’Ucraina.

Orbene, ordunque, perché meravigliarsi?

 La mia meraviglia non nasce dalla bugia, ma dalla sua ingenuità.

La Destra populista è molto più brava: promette dentiere e spese dentistiche ai vecchi, 1000 euro alle mamme, alle nonne , alle bisnonne e ai pensionati al minimo, l’eliminazione delle accise sulla benzina, cose così. Subito dopo l’elezione, però, non fra cinque anni. Poi ovviamente, come si può facilmente constatatare dall'esperienza pregressa, non se ne farà nulla e, incassato il voto e riso dei beoti che ci sono cascati, governerà come vuole, difendendo i soliti noti ossia sé stessi e i benestanti loro accoliti.

Certo non mi aspetto che Letta proponga qualche provvedimento "populista" che avrebbe sicuro successo, che ne so?, espropriare, appena insediati, i beni oltre i 500000 euro per redistribuirli agli sdentati, ai poveri, ai pensionati al minimo, ai lavoratori precari e nazionalizzare ogni proprietà dell'Innominabile per far felice il popolo sovrano che danzerà festoso intorno alla torre di Mediaset come intorno all'albero della Libertà durante la Rivoluzione francese. Fantascienza.

Mi aspetto, però, che Letta conosca l’ABC della politica ossia dire le bugie, ma dirle bene.

giovedì 21 luglio 2022

Plebisiciti di parole. I sostenitori di Draghi e la retorica populista.

 I dittatori, tanto per lasciare una parvenza di democrazia, di tanto in tanto, si piegano ai plebisciti che in genere raccolgono il 95% dei consensi. Poiché siamo ancora fortunatamente in democrazia, non ci sarebbe bisogno di ricorrere a questi ridicoli barbatrucchi, ma il populismo che è l’anticamera di ogni svolta antidemocratica ha bisogno di plebisciti di parole.

Ci scandalizzavamo, e a ragione, quando Capitan Findus con il suo 17% parlava a nome di tutti gli italiani, ci scandalizziamo nello stesso modo ora che qualcun altro ne segua il pessimo esempio.

L’Italia, fino a prova contraria, non è aprioristicamente con Draghi, se non nel wishful thinking di chi ne è sostenitore e se non quando delle libere elezioni, garantendogli una maggioranza, lo sanciranno.

Inoltre, l'affermazione che il Parlamento va contro l'Italia è di notevole gravità, se non fosse stata affidata alle alucce di Twitter.

Un altro elemento anomalo dei tempi è la raccolta alle armi (ahi!) dei fedeli, secondo la solita logica che contrappone Guelfi e Ghibellini, tipica delle tifoserie calcistiche.

La levata di scudi delle categorie professionali o meglio dei loro vertici (compresi “gli eroi del Covid”) mi preoccupa assai e sancisce solo il grado di dipendenza che legano queste ultime al mondo politico, il che non fa loro onore.

Il populismo come il nazionalismo, insomma, come ben si vede,  non è malattia che colpisca solo una parte politica.

Quando qualcuno confonde la parte per il tutto, a mio modesto avviso, non fa solo cattiva retorica, ma pessima politica. Senza contare che, quando le vacche sono tutte grigie, la propensione al nero che notoriamente snellisce le noiose pratiche democratiche si alimenta e prende vigore.

venerdì 15 luglio 2022

Dalla Gig-economy alla Gonz-economy! Come turlupinare le giovani generazioni.

 La trama è semplice: un giovane intervistatore corre trafelato all’inseguimento di una macchina di lusso che avanza lentamente. Alla guida della super-macchina ci sta un bel giovane, ben pettinato, che educatamente abbassa il finestrino per rispondere alla domanda dell’inseguitore: “E’ tua la macchina?” Con fare professionale il giovane alla guida conferma che l’auto è sua e non dei suoi genitori. Insomma, se l’è guadagnata, non è un “bamboccione”.

L’intervistatore lo incalza: “Come hai fatto a guadagnare così tanti soldi?”

E il giovane, sempre con l’undestatement dei ricchi incalliti e anche un po’ stronzi: “Come? Ma è semplicissimo!”. Insomma, sotteso è il pensiero: se tu non ci sei arrivato, vuol dire che sei proprio tonto! E poi con un fil di voce aggiunge una parolona o che comincia con e (e-commerce, e-bussiness, e-checazzo) o la parolina magica “investimento” con qualche aggettivo di mezzo e che finisce con “online”.

Per farla breve il messaggio implicito è questo: partendo dal nulla, senza alcuna competenza pregressa e nel giro di poco tempo, è facilissimo diventare ricchissimi, investendo in qualche attività online. Basta volerlo. Senza l'aiuto di nessuno, eh, men che meno dei genitori!

Lo so, sono un vecchio boomer brontolone, ma proprio per esperienza e per la lettura compulsiva delle “Avventure di Pinocchio”, diffido sempre dei Gatti e delle Volpi che promettono alberi con gli zecchini d’oro. 

Probabilmente l’astuta campagna è stata orchestrata da qualche mio coetaneo furbetto, esperto in organizzazioni piramidali, atte a scucire dalle tasche degli ingenui giovinotti i pochi spiccioli rimasti, prospettando loro una novella Età dell’Oro, un qualche Paese di Cuccagna o dei balocchi della tradizione popolare e letteraria (Boccaccio e Collodi, in primis).

Forza, giovinotti, si va alla grande dalla Gig-economy alla Gonz-economy! Anzi no: e-Gonz-economy!

sabato 9 luglio 2022

Lo "Ius Scholae" e l'inflessibilità dei meritocratici d'accatto

 


Il nostro Parlamento è proprio un “Circo Barnum”, ma, purtroppo, popolato non da Indiani e da Buffalo Bill, ma da pagliacci che non sanno proprio più far ridere.

Pur di ostacolare lo “Ius Scholae”, qualcuno dei soliti noti ha proposto degli emendamenti, diciamo, “creativi”: chi intendesse aspirare all’ottenimento della cittadinanza dovrà conoscere le sagre paesane da Canicattini Bagni a Bressanone, i Santi comandati, la figura di Baldassarre nel Presepe  e le tradizioni del popolo italico dall’antica Roma ad oggi.

Il bello è che coloro che hanno proposto queste novelle forche caudine non sarebbero probabilmente, ed è un pietoso eufemismo, in grado di affrontare un esame che pretendono che sia superato dai cittadini stranieri (e minorenni).

Lungi da me affermare che tutti gli xenofobi siano analfabeti, ma, per lunga esperienza sui Social, una fetta consistente di coloro che, gonfiando il petto, si dicono Italiani non conoscono la loro lingua madre.

Sfidateli a scrivere dieci righe tutte di filato su qualsiasi argomento e vedrete che, anche con l’indulgenza sacrosanta degli errori di battitura e del T9, ci ficcheranno, se va bene, una media di tre errori.

La loro soluzione per evitare l’inghippo è semplice: scrivono poco, come gli alunni delle scuole medie sanno fare secondo il noto sillogismo implicito ossia poiché errare è facile, meno si scriverà diminuiranno le probabilità che si incorra in qualche strafalcione. E poi useranno lo stampatello per allargare gli spazi e per dimostrare, urlando secondo la Netiquette, quello che è richiesto al giorno d’oggi a chiunque si impegni nel pubblico dibattito: l’assertività.

Ecco il fior fiore di costoro, assurto allo scranno parlamentare e potenzialmente meno incline agli errori formali, ora mi cade in questo strafalcione concettuale.

Mettiamo che un insegnante proponesse ai propri allievi una prova impossibile da superare: che ne so?, proporre alle scuole medie di spiegare la perifrastica passiva in Latino (ma  basta il complemento predicativo del soggetto in Analisi Logica)  o un’equazione di terzo grado in Matematica.

Son convinto che i genitori e gli stessi Parlamentari di questa genia insorgerebbero: o professor malvagio, se la classe non ottiene la sufficienza la colpa è solo tua!

Orbene, ordunque, qui si propone la stessa cosa: pretendere che un senegalese (minorenne) sia esperto della “Sagra te lu purpu” a Melendugno (su, di corsa su Google Maps!), della “vindicatio in libertatem” (su, compulsate freneticamente se non volete perdere la Cittadinanza!) o di questioncelle relative al Fuoco di Sant’Antonio e alla presenza del porcellino nella sua iconografia (su, andate a vedere, è interessantissimo!) è, de facto, non solo una crudeltà, ma, innanzi tutto, ci vado piatto, un segno di un’idiozia senza scampo.

Questi fenomeni sono rappresentanti del popolo nel nostro Parlamento e se la sguazzeranno fino a settembre quando avranno maturato il diritto alla pensione.

Insomma, forse gli idioti non sono loro, visto che dal loro comportamento otterranno un vantaggio per sé stessi , ma i sudditi del Regno di Id che li ha eletti, osannati e che pensano, erroneamente, che gli eletti facciano i loro interessi. 

Be’, forse sì: quelli passivi non deducibili.

venerdì 1 luglio 2022

L'economia spegata alla mia gatta.



Cara gatta, l'inflazione veleggia intorno all'8%. Per fronteggiare la perdita di potere d’acquisto si dovrebbero aumentare i salari. Se si aumentassero i salari, però, aumenterebbe la spirale inflattiva che, come ogni buon contraccettivo, non permette la generazione della ricchezza. 

Degli altri, of course.

Tu te ne freghi, perché il tuo padrone ancora può permettersi i croccantini, anche quelli adatti alla tua veneranda età,  ma devi sapere che la lettiera con i cristalli di silice su cui deponi i tuoi gianduiotti, da 5 euro è balzata ai 9 euro. 

E questo lusso mi porterà primo poi diritto alle soluzioni agglomeranti, con gli scarti di orzo. 

E so che sul tema sei più sensibile.

La ricchezza immobilizzata in titoli, in mattoni e in dobloni d’oro non genera ulteriore ricchezza, se non investita. 

Anche i ricchi piangono, è vero: i tassi di interesse sono bassissimi e dai caveau non nasce niente, ma anche dalla lettiera… alla faccia di De André.

Tralasciando la questioncella dei capitali occulti, dell’evasione e dei paradisi fiscali, la buona borghesia, però, ha tutto l’interesse a mantenere la situazione così com’è.

Chi ha soldi in Borsa o in Banca sa aspettare il kairòs, il momento opportuno, bestemmiando di volta in volta contro le ventilate e mai realizzate patrimoniali e/o per le tasse sugli immobili ( e legge “Libero” e “La Verità” nei bar del Centro senza alcun rossore, poiché la pornografia economica ormai da lunga pezza è sdoganata); chi non li ha, deve combattere col Mutuo, con la bolletta, col pieno della benzina, con l‘aumento delle spese condominiali per il riscaldamento, insomma, con l’impoverimento che colpisce la classe media e l’ex-proletariato.

 I Ricchi non ridono, è vero, ma sanno che l‘attuale Governo li sta difendendo.

I Povery piangono e pensano di non avere alternative. 

Ne avrebbero, eh!, ma preferiscono prendersela con il Reddito di Cittadinanza, sposando de facto le tesi di chi li vuole più povery, con i giovinotti che non sanno che cos’è il sacrificio e si rifiutano di lavorare a 500 euro al mese e plaudono entusiasti a chi in teoria dovrebbero mettere al muro, negando loro anche l’ultima sigaretta.

Il problema dei Povery e di chi si avvia ad esserlo, come al solito, sono i Povery.

I Ricchi, sul bordo della loro piscina, irridendo i radical chic senza attico e senza Rolex (perché se li avessero, diventerebbero loro sodali e indistinguibili da loro), attendono che il cadavere dei loro nemici passi, sorseggiando qualche bibita colorata.

E ridono. Oh, come ridono!

Ora faccio un breve conto delle spese, gatta mia. O croccantini o lettiera, vedi tu. Ti vendicherai, lo so. O svomitazzando qua e là o lasciando le tue deiezioni sul divano. 

Perché tu, gatta, mio orgoglio!, sai come reagire quando subisci un torto!

I Povery no. Purtroppo.

mercoledì 29 giugno 2022

Abbellire il proprio passato.

 

Abbellire il proprio passato.

Renderlo eroico, epico, anche quando non lo è.

L’espressione latina “laudatores temporis acti” dice tutto: coloro che lodano e si sbrodolano nell’incensare il tempo ormai trascorso.

Non siamo impietosi. Tutti ci cascano, anzi ci caschiamo: per amore di noi stessi (perché constatare di esser stati parte di generazioni senza alcuna qualità non fa benissimo), per amore  di quello che oggi si chiama storytelling ossia l'arte dell’indorare la banalità del reale con qualche barbatrucco che renda un episodio banale un avvenimento epico con il belletto dell’affabulazione.

Noi vecchietti indulgiamo nel peccatuccio per non annoiare i nostri amici che delle nostre esperienze sanno tutto e che , se le presentassimo enne volte al cubo senza pepe e senza sale, esplicitamente ci direbbero: “Guarda che l’hai già raccontata millanta volte!” o “Che palle!” et similia.

Irrita che un difetto strutturale da "boomer" si ripeta paro paro in chi "boomer" non è.

E per di più per veicolare pensieri conservatori, retrivi, ottocenteschi, da padroncini delle ferriere e di quello star system del successo economico che va oggi per la maggiore.

Insomma, il rincoglionimento dettato dall’età in genere provoca patetica comprensione, ma il rincoglionimento dei giovanotti e delle giovanotte che ripropongono una società anni ’50 fa un po’ indignare.

Solo noi boomer ovviamente: parte dei giovinotti, non generalizziamo!, hanno messo sul piedistallo Briatore, Vacchi, Berlusconi, Sgarbino e compagnia, tipici rappresentanti delle nuove generazioni.

Clap! Clap!

Che delizia vedere i giovinotti plaudire alla decomposizione! 

Avranno visto troppi film splatter? 

Gli zombie si nutrono di cervelli: ne troveranno abbastanza?


mercoledì 22 giugno 2022

Vignetta didattica: Insieme per il futuro. La maionese impazzita.

 Insegnare a fare umorismo e a fare satira è un po' un controsenso. Lo spirito umoristico o satirico o ce l'hai o non ce l'hai come il coraggio di Don Abbondio. 

Però, si può insegnare facilmente come non fare umorismo (siamo dalle parti di Montale che afferma che il Poeta può solo fornire al suo lettore ideale solo "storte sillabe e secche"), producendo esempi significativi. 

Un modo per NON fare umorismo è irritare il lettore, facendogli fare i salti mortali per cogliere il significato della vignetta. 

Quando il lettore è perverso (ma deve avere capacità di interpretazione da enigmista), la capisce tutta, ma non ride: il banchetto è luculliano, ma propone Nutella e spaghetti. Insieme. 

Quando è scafato, la capisce a tre quarti e gli rimane in bocca l'amaro...Tanto vale non capirla del tutto! Che cosa c'è di peggio di mangiare una ciliegia con un verme dentro? 

Mangiarne una addentando solo il verme a metà, no?

Oggi sono oziosissimo (pausa esami) e, invece di andare dal pedicure, mi do alle metavignette incomprensibili o comprensibili in parte. Anche a chi le realizza, eh!

 I giochi di parole sono banalissimi e anche questo serve allo scopo. Affestellarli l'uno dietro l'altro è operazione piacevole come  riempirsi con la paletta gli slip con la sabbia.

Insomma, oggi mandatemi a quel paese allegramente...




domenica 19 giugno 2022

Pissi pissi bao bao (post vietatissimo a chi non vive la tragicommedia della Scuola italiana oggi).

 

 

Parlerò da umorista che ne sa di scuola e non da docente, anche per far digerire a chi legge un post lungo più di dieci righe. Dove sta il verme nella proposta delle 36 ore onnicomprensive? A mio avviso a copertura dell’amo per boccaloni (qual siete e siamo) di vermi ce ne sono parecchi.

Primo verme: vedo già il docente ingolfato di compiti da correggere e di relazioni da riempire di burocrazia difensiva (non si sa mai che il Tar!) nel Fortino cartaceo della buona Istruzione. “Accidempolina! È un affarone! Lavoro sicuramente di più!” E me lo vedo col calcolatore in mano fare la somma delle ore di lezione, del tempo impiegato nella correzione dei compiti, nella preparazione delle lezioni etc…poi, sottraendo al totale le 36 ore, pensare: “Ho liberato un mucchio di ore per dedicarmi ai miei hobby: la lettura, il disegno, la calligrafia, l’ermeneutica, l’enigmistica o alla mia famiglia: starò di più con il mio piccino, con mio marito/moglie/gatto/pesce rosso and so on. Oppure, come i gatti dormirò di più: otto ore di lavoro, otto ore per me e otto ore per il sonno!”.

Il primo verme è nascosto e insidioso qual serpe edenica: qualcuno quantifica quante ore saranno dedicate all’insegnamento frontale e quante allo svolgimento dei compiti istituzionali del buon insegnante e non istituzionali della Burocrazia Scolastica Decerebrata, ma Centralizzata? Nessuno lo fa e c’è un motivo.

Chi ci governa ha in mano un foglio di Excel e un numero che è già stato stabilito: riduzione dal 4% al 3,5% del PIL della spesa dedicata all’istruzione. Il taglio in parte sarà garantito dalla denatalità (e notate il leggero e perverso ossimoro di un Ministero dell’Istruzione che gode del fatto che si scodellino pochi bambini). Meno bimbi, meno insegnanti.

Non basta, però: chi ci governa (devo fare i nomi? No, li sapete benissimo) e gran parte dell’opinione pubblica pensano che l’insegnante sia uno scansafatiche.

I docenti si rodono il fegato sui Social a controbattere (“Non è vero che abbiamo tre mesi di ferie!”, “Non è vero che il nostro lavoro non è usurante!”) comportandosi così come il bambino olandese che cercava di fermare il crollo della diga, mettendo il dito nel buco che segnalava il suo cedimento.

Inutilmente, of course, nel nostro caso.

Una caratteristica degli interventi dei governi di tutti i colori è stato quello di aumentare l’orario “formale” e frontale di lavoro dalle 18 alle 24 ore. Innanzi tutto, il “divide et impera” tra i docenti dell’ex scuola media: da una parte quelli inglobati nel primo ciclo, dove l’estensione del lavoro nella Primaria è già stata operata, e dall’altra quelli del secondo ciclo.

Non lo vedete il verme delle 36 ore? Godete ora offrendovi volontariamente al martirio?

Secondo verme è l’insegnante stesso: un altro obiettivo di chi ci governa (sia da Destra sia da Sinistra) è la riduzione dell’autonomia dell’insegnante: autonomia nella gestione del tempo e nella formazione. L’irrigidimento della struttura della Scuola con Dirigenti sempre meno interessati alla didattica, ma all’offerta formativa che porta denaro alla scuola certo, ma anche ai Dirigenti, fa sì che l’insegnante debba diventare, come si suol dire oggi con il sorriso sulle labbra, “flessibile”. Come un verme, appunto.

 La lezione frontale viene demonizzata e l’aspetto “commerciale” sive aziendalistico della scuola ossia l’offerta di servizi alla famiglie on demand deve essere incentivato: se le forze residue della scuola (già stremate) non bastano, si ricorrerà al Terzo Settore.

 E via di PON, di erosioni nelle pieghe del FIS per pagare i docenti disposti all’operazione, di iniziative extracurricolari e curricolari che consumano goccia a goccia, in un imperituro stillicidio, fatto solo di stalagmiti, il già poco tempo a disposizione del docente per costruire la parvenza di qualcosa di serio all’interno del programma (ohibò, non programma…quello non esiste più!): progettazione!

Per lenire le sofferenze del docente in colpa, la pappa odorosa e medicamentosa del superamento delle discipline e dell’assunzione del ruolo di “Super-facilitatori”.

Privati del loro ruolo e della loro autonomia, i docenti si piegano si flettono sull’amo della Buona scuola come ballerine di Pole dance. Più si muovono, più sembrano dediti a un lavoro, facendo “ammuina” (googlate pure).

Ma quel che più importa è rendere il docente dipendente nel suo aggiornamento, nella gestione del suo tempo e nella sua formazione dallo stesso Ministero. La formazione diventa a pagamento (e possibilmente sarà gestita dall’Università, dando vita a un mitologico uroboro) e costantemente fuori dall’orario del docente.

Rientrerà la formazione ancora nelle 36 ore?

 L’insegnante potrà decidere in piena autonomia quale corso frequentare e quale no? Dai chiari di luna, cari docenti, mi sembra di no.

Io, da umorista, vedo tanti altri vermi, ma è meglio non accanirsi a tagliar loro la testa tutto d’un botto. Qual Idre moltiplicano le loro teste dopo ogni decapitazione. E il verminaio per oggi è già colmo.


sabato 11 giugno 2022

Indietro, popolo!


 Proporre ai Sindacati aumenti salariali al di sotto dell’inflazione reale significa scaricare sulle spalle di chi paga le tasse (per forza, va bene) lo stato di crisi.

Di patrimoniale non si parla poiché il sacro dogma liberista vuole che lo Stato intervenga poco sulle questioncelle che riguardano i ricchi, mentre, sempre dai teorici della manina magica, lo Stato può far strame degli stipendi dei dipendenti pubblici e privati.

Insomma Stato forte con i deboli, Stato debole con i forti.

Con la Grecia erano stati più chiari, da noi si opera secondo il criterio della rana bollita a poco a poco.

martedì 17 maggio 2022

Poesiola antiguerraiola

 

Non è che per far la guerra ci voglia tanto.

L’impasto non è difficile da fare

 e gli ingredienti, signora mia,

sono quasi sempre sottomano.

Ci metta un po’ d’ olio d’odio per amalgamare,

il sale dell’invidia per dar sapore,

il nazionalismo per addensare.

Stenda su un ripiano la disinformazione,

che sia bianca,

 mi raccomando, di farina Zero,

 sì, Zero Zero Sette.

Il pomodoro non si veda affatto,

ché il sangue poi impressiona troppo.

E poi, signora, condisca a piacimento:

capperi di idiozia a mano piena,

sparsi qua e là nella pasta ormai distesa,

e la mozzarella delle buone intenzioni,

a fettarelle, a tocchi, perché non bruci al fuoco,

ma si sciolga piano piano

per non far impallidir il cuoco.

L’origano odoroso al posto dell’alloro

e un po’ di pepe di indignazione

per chi si oppone a tale perfezione.

E il forno, che sia ben preriscaldato!

Lo si porti a temperatura atta allo scopo.

Se brucia il tutto per atomica fusione,

non vi sia nessuna preoccupazione:

si dia la colpa al Fato,

alla Moira deficiente,

alla Parca imbranata

che non sa filare niente.

arz62

domenica 8 maggio 2022

Armiamoci e partite!

 Olindo Guerrini

Agli Eroissimi

«Ah, siete voi? Salute o ben pensanti,
In cui l’onor s’imbotta e si travasa;
Ma dite un po’, perché gridate "avanti!"
E poi restate a casa?

Perché, lungi dai colpi e dai conflitti,
Comodamente d’ingrassar soffrite,
Baritonando ai poveri coscritti
"Armiamoci e partite?"

Partite voi, se generoso il core
Sotto al pingue torace il ciel vi diede.
O Baiardi, è laggiù dove si muore
Che il coraggio si vede,

Non qui, tra le balorde zitellone,
Madri spartane di robuste prose,
Che chieggon morti per compor corone
D'alloro, ahi, non di rose!»

Visto che qualcuno ciurla un po’ nel manico, vi dico io come si fa a distinguere facilmente un uomo di governo che vuole la guerra da quello che non la vuole: basta osservare come, un po’ prima che i carri armati oltrepassino i confini, ha speso i soldi pubblici.

Se li ha spesi per gli armamenti, statene certi, vuole la guerra.

In pace, si sa, con i soldini risparmiati per le armi, un uomo politico può raccogliere un sacco di consenso, distribuendoli qua e là.

Se li spende in armamenti, preferisce acquisire consenso in altro modo: se c’è la guerra, chi gli si opporrà rientra automaticamente nel novero dei “traditori” ed è noto che non c’è miglior collante per il consenso, in re adversa, che gonfiare il Petto, gridare al vento: “Patria! Patria!” e mandare la ciccia giovane e coi boccoli a sfracellarsi nel tritacarne dei combattimenti, mentre le avide volpi argentate si sfregheranno le manine.

Ci sarà denaro facile non solo per le imprese funebri, ma, in particolare, per industriali, affaristi e pescecani.

Per questi ultimi ovviamente la festa non ci sarà solo durante la guerra, ma anche dopo.

Ah, in Italia, per chi si fosse perso la notizia, si è già staccato un assegno di 13 miliardi di euro per la guerra prossima e ventura. 

sabato 23 aprile 2022

Pareidolie belliciste.

C’è chi in una macchia di muffa su una parete vede la Madonna e chi in un pane tostato la figura di Cristo.

Si chiamano “pareidolie” ossia quelle interpretazioni arbitrarie, legate a un fenomeno ottico e psicologico nel contempo, che cercano di dare un senso alle cose anche se non ce n’è neppure una dramma.

Orbene, ordunque.

C’è un manifesto che accompagna la Marcia per la Pace da Perugia ad Assisi.

Il manifesto che è del 1999 (c’era la guerra in Kosovo, quando gli aerei della NATO hanno bombardato Belgrado) rappresenta efficacemente l’urlo disperato di una madre quando vede fischiare due proiettili in direzioni opposte vicino a sé e al proprio pargoletto.







Gli organizzatori della Marcia hanno riproposto nel 2022 il Manifesto e mal gliene incolse.

I favorevoli ad un intervento armato in Ucraina contro la Russia hanno alzato pavlovianamente il ditino: “Eh, no! I due proiettili non sono di diverso calibro! Volete forse insinuare che la Russia ha le stesse responsabilità dell’Ucraina?”

Ovviamente la pareidolia ha agito perfettamente: il disegno, infatti, NON rappresentava una guerra in particolare, ma le guerre in generale.

Insomma, il manifesto era tutt'al più, per chi non ne capisse il senso profondo, solo una terribile macchia di muffa e un pane tostato in malo modo.

Solo la paranoia bellicista ci ha visto qualcos’altro.

Ed è stato del tutto inutile far loro presente l’errore: correggi il saggio e sarà più saggio, correggi l’ignorante e diventerà tuo nemico a prescindere che tu sia un filorusso, un Putiniano di ferro, un pacifista, un dubbioso, un Cattolico, un panciafichista, un ignavo, un indifferente o, peggio, un qualsivoglia individuo che ha ribrezzo della guerra come mezzo di risoluzione delle diatribe internazionali.

Le paranoie, si sa, si alimentano da sole per statuto: il nemico è dappertutto e in nessun luogo.

E certa stampa e certi personaggi influenti ormai puzzano di zolfo peggio di Belzebù. 

Anche perché, nei consigli di amministrazione dei produttori d'armi, hanno spesso le loro mani destre e sinistre ed entrambi i piedi caprini. 

venerdì 8 aprile 2022

Draghi, il Ragioniere dei Ricchi.

 

Draghi, d’un botto, ci dice che siamo in guerra senza che una guerra sia dichiarata. Si disinteressa del tutto del fatto che il costo del gas e dell’elettricità falcidierà le economie già fragili degli stipendi più magri e del fatto che l’inflazione si mangerà gran parte degli stipendi. Mette una pezza provvisoria sulla benzina perché le merci non vanno da sole al mercato.

Tredici miliardi alla difesa li trova subito e la spesa per l’istruzione è falcidiata dello 0,5% e tutti sanno che era la più bassa d’Europa.

E poi dice con quella voce chioccia: “Rinunceremo ai condizionatori”. Ovviamente, intende: “Rinuncerete”. Va be’, possiamo rinunciarci (ma lui no, statene certi), per poi rinunciare anche al riscaldamento il prossimo inverno.

Se si parla di un 1% di tasse sui grandi patrimoni parte la canea dei giornali berlusconiani e la proposta finirà nello strame delle idee farlocche.

Qualcuno ha pensato che Draghi fosse uno statista. Nix: è un Ragioniere titolato e ben introdotto in Europa, anche pignolo, ma un Ragioniere dei Ricchi, non era chiaro?  

Tutto qui.

domenica 20 marzo 2022

La Guerra igiene del Mondo. Per gli altri. Noi ce ne laviamo le mani con l'Amuchina.

 Va, be’, lo sappiamo già: chi predica oggi la pace si deve apprestare a raccogliere ogni illazione e offesa.

Divanisti (verissimo!), putinisti, quinte colonne, amici del giaguaro and so on.

Dall’altra parte, però, la Storia ci insegna, ci saranno quelli che predicano la Guerra, ma che, razzolando malissimo, non ci andranno di persona, né manderebbero i loro figlioli a lasciar la coratella sul campo di battaglia: la Guerra la devono combattere sempre gli altri, non solo gli Ucraini aggrediti che pur ne hanno motivo, ma anche quelli che vorrebbero starsene in pace, e, in particolare, si mira alla loro figliolanza (la guerra coinvolge i pischelli non le volpi argentate), anche se non ne hanno voglia. Che mollaccioni!

I panciafichisti (neologismo mussoliniano) in guerra e loro sì sul divano. 

E i loro figli in Svizzera. 

Per gli altri: leva obbligatoria. 

Petto in fuori, perdinci!

sabato 19 marzo 2022

La Guerra Russia- Ucrania e l'atavico desiderio che in Italia prevalga il tradizionale manicheismo tra i Guelfi e i Ghibellini

 Come molti altri, ben prima della guerra Russia-Ucraina, noi ingenuotti ci si è espressi, e in modo chiaro e univoco, contro Putin.

Allora, a difendere il guitto, però, con la mandibola protrusa, col petto villoso in fuori e con la patta aperta, c’erano Meloni, Salvini e Berlusconi. Plaudenti.  

Ora, chi osa fare un distinguo, proferire un interlocutorio e timido “ma”, è un “putinista” al soldo del KGB ed è un venduto ai russi. E, naturaliter, un comunista.

E da chi viene l’accusa? Dai fanatici di allora e ancor più dagli attuali fautori della Realpolitik (apertis verbis: il PD).

Ovviamente si ripropone un cliché della Storia d’Italia ossia l'atavico desiderio che si instauri il tradizionale manicheismo tra  Guelfi e  Ghibellini (che, per chi mastica un po’ di Storia, tra l'altro è un falso storico: i due partiti l'un contro l'altro armati parteggiavano a capocchia e a seconda delle convenienze per il Papa o per l’Imperatore).

Intanto, nella bagarre, senza alcun lamento per lo spreco del denaro pubblico, #13.000.000.000# di euro (tredicimiliardieuro#) saranno destinati con decisione unanime del nostro Parlamento alla Difesa per la Guerra possibile e inimmaginabile (che guerra ci potrà essere con le testate atomiche?), denaro ovviamente sottratto, senza una lacrima, a Ospedali, Scuole e Pensioni. 

Poiché so che la mozione degli affetti non funziona, preferisco, però, una riformulazione  del concetto per renderlo di più semplice comprensione a destra e a manca: i 13 miliardi saranno sottratti alle finanze dello Stato che dovrà inventarsi prima o poi nuove Tasse, magari anche sul Patrimonio e, perché no?, sulla Benzina.

Spendere in Carri armati e non in Ospedali è evidentemente una nuova tendenza dell'Involuzione umana. 

E, oltre alla mandibola protrusa, al petto in fuori e alla patta aperta, si intravede il ghigno della Scimmia soddisfatta della sua idiozia che si batte il petto in procinto di poter combattere, virilmente, con i bastoni e le pietre, la sua Quarta Guerra Mondiale.

lunedì 14 marzo 2022

Le "Fake news" in tempo di guerra.

 La “Fake News” servono a diffondere notizie false. Sì, ma il vero obiettivo delle ”Fake news” in tempo di guerra, in realtà, sta nello sconcertare l’opinione pubblica a tal punto che un lettore medio non possa più credere nemmeno alle notizie vere. E nel caos dell’informazione, un’opinione favorevole alla pace abortisce prima del concepimento, mentre le opinioni estreme, quelle che portano ad uno scontro totale, attingono linfa e vigore dallo sconcerto generale. 

giovedì 10 marzo 2022

Volpi e colombe.

 Vendere armi nel nome della pace è un concetto al di fuori delle mie capacità logiche: non vedo come possano essere soddisfatte allo stesso tempo le volpi argentate della Lobby delle Armi e le candide colombe con il ramoscello d’Ulivo in bocca che predicano diplomazia e pace.

O le prime hanno più pelo sullo stomaco di quanto possiamo immaginare (vulgo: vogliono una guerra totale) o le seconde hanno scambiato l’Ulivo con l’alloro e sono pronte ad essere rosolate in forno nel nome della Realpolitik.

domenica 6 marzo 2022

Pissi pissi bao bao: Apocalypse now ! (Post severamente vietato a coloro che non vivono nel mondo della scuola)

 

(Chiedo scusa preventivamente: si parla di cose di scarso rilevo in un momento particolarmente tragico)

Sono un insegnante ormai sulla via del pensionamento. Dipenderà dalle scelte ministeriali, ma tra 4, 7, 10 anni sarò in quiescenza.

 Non voglio parlare di me, però, anche se lo farò per chiarire un’altra questione: voglio parlare dei nuovi insegnanti.

Il sottoscritto ad inizio carriera (ed ero tra i fortunati) per raggiungere il suo posto di lavoro doveva percorrere una quarantina di chilometri al giorno.

Non erano sedi comode e servite dai mezzi pubblici e doveva utilizzare giocoforza la macchina.

Fino ai cinquant’anni non mi sono potuto permettere un’automobile nuova: ho utilizzato automobili scassatissime che spesso mi hanno lasciato in mezzo alla strada.

La benzina costava anche allora, ma non come oggi.

Ora ho rinunciato ad una macchina perché posso raggiungere la mia sede di lavoro in autobus o a piedi. Una macchina nuova ce l’ho, lo ammetto: è quella di mia moglie.

Fino a tre anni fa non avevo una casa di proprietà.

Grazie ai miei pochi risparmi, indebitandomi fino al collo e con la speranza che il TFR non fosse decurtato in qualche modo, mi sono arrischiato a comprare casa.

Mia moglie lavora e per mia fortuna non è una dipendente statale.

Paga un fottìo di tasse, ma ha un reddito superiore e non di poco al mio.

Altrimenti ciccia.

Non ho figli. 

Direi, scusate la sincerità, per fortuna.

Ora si parla di rinnovo dei contratti e si parla di un aumento a tre cifre. 

Uno pensa a 999 euro. In realtà, sarà, se andrà bene a 105 euro (lorde). Settanta euro ad andar bene.

I giovani insegnanti che non hanno uno stipendio iniziale esaltante dovranno sobbarcarsi le spese della benzina e, se fuori sede, di affitti che dalle mie parti, ad andar bene, sono di circa 400/500 euro.

Comprare casa sarà oggettivamente al di fuori delle loro possibilità.

Non parliamo dei costi del gas e dell’elettricità.

Ovviamente (ho esperienza) qualcuno dirà che altri lavoratori hanno stipendi inferiori e carichi lavorativi superiori. 

Lo so, ma mica sono contenti, eh! 

Ed alimentare la lotta tra poveracci è il grandissimo risultato ottenuto dal neoliberismo imperante.

Qui stiamo parlando di laureati che potrebbero ambire a ben altre gratifiche nel privato e, in specie all’estero, come sta succedendo.

La fuga dei cervelli è nota a tutti.

Arrivo al punto: la proletarizzazione degli insegnanti, la loro colpevolizzazione che li condanna all’ irrilevanza sociale, alimentata da una stampa ormai del tutto succube dai preconcetti confindustriali e leghisti (in nuce: chi si occupa di formazione, educazione e cultura è un mangiapane ad ufo) porterà a breve a una totale incapacità del sistema di provvedere alla formazione delle nuove generazioni.

Di insegnanti non ne troverete più, neanche col lanternino.

Come sta succedendo, nella sanità, per medici e infermieri.

Va be’, ora c’è una guerra in corso.

Magari nucleare.

Sono effettivamente pinzillacchere.

Se non ci estingueremo in un modo, siamo pronti per estinguerci in un altro.


mercoledì 2 marzo 2022

Le derive del nazionalismo: lo specchio riflesso.

 Qualsiasi cosa si pensi della guerra in Ucraina e qualsiasi giudizio si dia all’iniziativa di Putin, non c’è nulla di più pericoloso che chiedere ad artisti, intellettuali, sportivi russi una presa di posizione e niente di più stupido di chiedere l’interruzione di corsi universitari su Dostoevskij o proporre l’abbattimento della sua statua.

Il nazionalismo è portatore, oltra che di tanti aspetti deleteri, di una brutta malattia, quella che identifica lo Stato con la Nazione e il Popolo.

Non c’è nazionalista che non abbia in bocca il secondo più odioso pronome personale, il “noi” (il primo, come insegna Gadda, è l’“io”).

Quando un nazionalista dice “noi” vuole trasmettere il messaggio che il popolo sia compatto, un monolite, mentre i popoli sono notoriamente la composizione di frattaglie per niente compatte e unitarie, perché un popolo che sia popolo (maturo e consapevole) sa che i plebisciti funzionano nelle dittature, mentre nelle democrazie bisogna sempre tenere in conto che qualcuno dissenta, si opponga e non si riconosca nella maggioranza. Eppur, nella diversità, un popolo rimane popolo.

Pretendere di calpestare le individualità e richiedere l’autodafé da parte dei russi all’estero è un’idiozia bella e buona. Già lo sappiamo che molti in Russia non la pensano come Putin e chi la pensa come lui si sta facendo facilmente guidare dal nazionalismo più becero: quello che vede in chi dissente il “traditore della patria”, il rinnegato.

Se non vogliamo cadere nella trappola degli opposti nazionalismi, lasciamo in pace ballerini, sportivi e artisti, lasciando che il loro libero arbitrio li guidi nelle loro esternazioni o nei loro silenzi.

Gli atti di abiura sono stati richiesti solo dal Tribunale dell’Inquisizione che non è stato un esempio brillante di rispetto delle altrui opinioni.

Non cadiamo nel tranello dei nazionalismi l'un conro l'altro armati che si autoalimentano quali specchi di barberia contrapposti, riflettendo un’immagine all’infinito, fino all’inconsistenza.

(Ah, l’aspetto veramente divertente è che la destra becera che si è scagliata veementemente conto il “politically correct” e la “cancel culture”, nel nome della libertà di pensiero e di parola, se ne stia ora zitta zitta o, al più, timidamente preoccupata).

domenica 23 gennaio 2022

Le fiabe attualizzate con testo a fronte: "La volpe e l'uva".

 

«Fame coacta vulpes alta in vinea

uvam adpetebat, summis saliens viribus.

Quam tangere ut non potuit, discedens ait:


"Nondum matura est; nolo acerbam sumere."


Qui, facere quae non possunt, verbis elevant,


adscribere hoc debebunt exemplum sibi.» (Fedro)

 

Una vecchia volpe, spinta dalla fame di potere,

aspirava alla più alta carica del bosco,

saltando qua e là tra i gruppi parlamentari in cerca di consenso.

Poiché né le tangenti né le promesse né le lusinghe

avevano effetto, come era successo nei tempi belli,

ritornandosene mesto nella sua tana disse:

“Ah, i tempi non sono maturi! Oh, qual Presidente muore con me!”

La favoletta è stata scritta a mo’ di esempio

per chi non ottiene quel che vuole e si lamenta

dell’incomprensione del prossimo,  

aspettando solo il momento opportuno

per mettergliela in saccoccia.

 

domenica 9 gennaio 2022

La Scuola, ultima Thule.

 Francamente sono un po’ scocciato. Capisco l’urgenza di sostenere una tesi, una linea che si è scelta e che si intende seguire, ma francamente non comprendo alcune argomentazioni che ormai non hanno nulla a che fare col buon senso. Dire, come si sta dicendo, che la scuola è un luogo sicuro per evitare la diffusione del virus è una sciocchezza.

Un luogo sicuro è la propria cameretta. Un luogo sicuro è un alpeggio alpino dove la distanziazione è di almeno un paio di chilometri. 

La scuola è un luogo di potenziale contagio. Punto.

Non ci vengano a prendere per i fondelli. Sia che le auctoritates siano Figliuolo, Speranza o Remuzzi.

Che possa essere un luogo meno pericoloso di una discoteca o di un pub non c’è bisogno di dirlo; è certamente più sicuro di un autobus o di un treno affollato, ma è evidentemente meno sicuro di un cinema o di uno stadio.

Al cinema, però, dove si sta inchiodati al proprio posto, ora si impone la FFp2 e allo stadio, all'aria aperta, si riduce la capienza e si evita che le squadre ospiti siano sostenute dai loro tifosi.

Insomma, in luoghi frequentati da adulti (e in linea teorica più rispettosi delle regole) si prevedono stringenti misure obbligatorie di prevenzione, nella scuola no: le mascherine FFp2 non ci saranno di default (se non in situazioni di emergenza) e il distanziamento non sarà garantito per il sovraffollamento delle aule e per la naturalissima tendenza dei preadolescenti e adolescenti ad avvicinarsi, a sottovalutare le misure di prevenzione per appiccicarsi al compagnuccio per svariati motivi (affettivi, ormonali, glicemici etc…).

Si dice: se i ragazzi non andranno a scuola, si ritroveranno in contesti informali e saremmo punto e a capo, se non peggio. Sembrerebbe, dal ragionamento, che le regole che la scuola impone al suo interno  (con fatica, ma è così) siano nettamente più efficaci di quelle stabilite dalla famiglia. 

Probabilmente è vero, ma, mi si scusi se proseguo per li rami, se fosse così, sarebbe la certificazione coram populo del fallimento della famiglia come fondamento della nostra società.

Insomma, procedendo oltre, l’educazione spartana (fa ridere pensando alla scuola italiana, vero?) a brodetto nero e corsa sulle rive dell’Eurota sarebbe il non plus ultra per la risoluzione di un problema spinoso come il Covid.

Orbene, ordunque, c’è qualcosa che non torna.

La scuola pubblica non è stata (ed è ancora) sotto lo schiaffo dei detrattori della sua utilità da un trentennio a questa parte e di coloro che ne hanno prosciugato autorità, fondi e sostegno sociale?

Solo ora, quando ci si trova alla canna del gas, diventa l’ultima Thule lontana dal dramma del Covid-19? 

Non ho qualche ragione per sentirmi preso per i fondelli?

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