venerdì 26 aprile 2019

Lo "spin doctor" in saldo dà consigli a Capitan Findus


Ci provo ancora. Sono uno "spin doctor" fallito e il mio conto è ancora a zero (Paypal a fianco, please...)
Do consigli a Capitan Findus, sperando che prenda dal malloppo dei 49 milioni 2000 euro per locupletarmi e permettermi una vacanza a Cesenatico per un mesetto.
E se non sapesse veramente dove siano finiti, può sempre prelevare dal suo conto personale.
Mi butto senza peli sulla lingua (da umorista e non da politologo): mi sembra che il nostro Capitano in questi giorni non ne azzecchi una.
I sondaggi sono dalla sua, sia chiaro, ma notoriamente i sondaggi che contano sono quelli che sono vicini alle elezioni. E le elezioni europee (e anche quelle non europee...) sono ancora lontane.
Primo errore: appiattirsi sulle posizioni di Casapound e Forza Nuova. La polemicuzza sul 25 aprile, derby tra comunisti e fascisti, scontenta sia i primi (ed era questo l'obiettivo) sia i secondi. 
I secondi, infatti, amano lo scontro rude e metterla sulla competizione sportiva ne sminuisce il tasso testosteronico. Ovviamente creato il “plot” c'è poi chi ci si attacca come una sanguisuga. 
Ecco che anche “Fratelli d'Italia” si lancia contro la festa divisiva. Vero: il 25 aprile è divisivo per cinque, ma non dà resto. E se non c'è resto, datemi retta, non c'è trippa elettorale per gatti, perché,  anche se ci fosse un po' di trippa, o è per la Lega o è per Fratelli d'Italia o si mischia alla frattaglia indigeribile dei gruppuscoli dell'estrema destra.
Intelligenti pauca.
Secondo errore: attaccare la Caritas. Far passare la “Caritas” per un'organizzazione a scopo di lucro è una stupidaggine e porta quell'elettorato che un tempo era democristianissimo (e che è confluito senza colpo ferire nella Lega) a porsi qualche domanda, quando viveva nella beata ignoranza dei fatti.
L'elettorato leghista non è nel suo DNA privo di sensibilità nei confronti dei deboli.
In primis, il debole per eccellenza è il Leghista stesso: vessato dallo Stato, tartassato, privo di garanzie, spesso privo di prospettive (per la sua debole scolarizzazione, ma non è sempre così, o per la sua scarsa flessibilità in un mondo del lavoro sempre in continua evoluzione). In secundis, il debole è il proprio vicino: in difficoltà. Quando recentemente qualcuno della Lega ha affermato coram populo che il prossimo è “proximus” in quanto è colui che ci è più vicino (fisicamente), ha detto una bestialità in senso generale e dal punto di vista biblico, ma è evidente che non ha espresso un sentimento puramente egoistico. Poi dal dire al fare c'è di mezzo il mare (e nessuno di loro ospita a casa sua il pensionato al minimo, tranne ovviamente che sia un proprio parente “prossimo”), ma l'occhio è comunque, e cristianamente, lucido, quando vede quel pensionato (che gli è estraneo in quanto non parente) rovistare nei cassonetti. 
E la “Caritas”, e lo sanno anche loro, non vive nelle stanze dorate del Vaticano, ma aiuta de facto, condividendo il piscio, la merda (scusatemi l'immagine vivida e nel contempo maleodorante) e le sorti di chi rovista nei cassonetti. 
Et gratis et amore Dei.


Attendo gli euro sulla mia Paypal per ulteriori dritte, sennò do consigli ad altri, eh! 
Su, un piccolo storno dai 49 milioni...suvvia, una percentuale omeopatica! ;-)

martedì 23 aprile 2019

Easter magic trick tra i giornalisti.


La storiella è divertente. Obama, condannando gli attentati nelle chiese e negli alberghi nello Sri Lanka, utilizza l’espressione “Easter worshippers” che significa (non lo dico io che parlo inglese peggio di Renzi) “fedeli che partecipano alle celebrazioni della Pasqua”.
Un italofono, che sa l’inglese sicuramente meglio di me, ma sicuramente peggio di Obama, si indigna: chiamateli “Cristiani”, che diamine! Abbasso il “politically correct”!
Ovviamente il giornalista, che è poi per inciso il direttore del TG2, ha sbagliato di grosso. 
Il “politically correct” non c’entra un bel nulla.  E la presunta polemica contro Obama è scoppiata solo tra coloro che conoscono l’inglese come me (ossia male) tra il Piave e il Brembo.
Ovviamente gli sono subito andati dietro i giornalisti del copia e incolla. E la figura di cacca di uno è diventata quella di molti. 
E nessuno, dico nessuno, dopo che sono intervenuti fior di esperti per dire che l’espressione è più che legittima, anzi, viste le circostanze, la più adeguata, si è premurato di fare marcia indietro.
 Ecco, ho trovato una definizione perfetta di idiota: idiota è colui che afferma cose sbagliate e/o compie azioni sbagliate e, pur venendo a conoscenza dell'errore, persevera, perché è meglio passare per idiota tra altri idioti che ti dan manforte che per ignorante (orsù, un lampo di ignoranza capita a tutti!) tra coloro che se ne intendono. 
Non si offendano gli arcinemici del "politically correct", eh! Pane al pane, vino al vino! ;-)


Post Scriptum. Sembra che la polemica sia sorta negli USA da un giornale "The Washington Tiemes" e non tra Piave e Brembo. Peccato che lo stesso giornale accusatore abbia usato la stessa espressione pochi giorni prima. Senza alcuno scandalo. Ecco lo spazio dedicato sull'edizione online del giornale conservatore alla questione: The Washington Times In Italia il giorno dopo c'è ancora chi dedica alla questioncella linguistica la prima pagina... La Verità

Riciclo consigli: la Lega e la malavita.

In fase di riciclo (non di riciclaggio, eh!) per pigrizia, riposto un consiglio alla Lega del 13 giugno 2018.
Non mi hanno dato retta, naturalmente, ma ora incominciano a venire i nodi al pettine...

"Insomma, se è, dunque, naturale (non ho detto giusto, eh?) che la Lega approfitti di un nemico esterno farlocco, gli extracomunitari, e di quello interno debolissimo, i cosiddetti “buonisti” (ora ribattezzati persino dai pentastellati “falsi buonisti”, un tempo nel linguaggio berlusconiano “Comunisti” o, in quello del neofascismo, “zecche rosse”, ma son sempre loro), sottovalutandone o sopravvalutandone la forza, eviti, però, di fare errori marchiani: se ci terrà proprio a mantenere il potere a lungo, ma non dovrei darle consigli, nevvero?, dovrà ben guardarsi dai tradizionali nemici interni e non fantasmatici della politica italiana: la corruzione e l'infiltrazione mafiosa.
Altrimenti, poiché le masse possono essere ingannate a lungo, ma non per sempre, saranno monetine. Non in tasca, però! ;-) "

arz62

lunedì 22 aprile 2019

Pum! Pum!...Capitan Findus e il culto delle armi.


Be', prima o poi sarebbe successo. C'è un post di Luca Morisi che ritrae Capitan Findus con un mitragliatore in mano. Il commento è questo: “Vi siete accorti che fanno di tutto per gettare fango sulla Lega? […] Ma noi siamo armati e dotati di elmetto! Avanti tutta, Buona Pasqua!”
Lasciamo perdere la delicatezza di pubblicare immagini con delle armi nella giornata di Pasqua e di prospettare di togliere del fango con un mitra (che equivale a mangiare il brodo con la forchetta...non ci fai mica una bella figura!), quel che conta è lo sdoganamento di un'immagine di guerra e di un linguaggio che la rappresenti.
Il linguaggio della politica, non è una novità, talvolta attinge dal linguaggio della guerra. Lo fa anche il linquaggio amoroso senza scandalo (“Ti conquisterò, mia bella!”).
Capitan Findus e il suo spin doctor sanno che il linguaggio della guerra e il culto delle armi hanno molti estimatori. Perlopiù ora a destra (ma storicamente anche la Sinistra degli anni Settanta aveva una certa venerazione per la P-38, do you remember?), tra le fasce del neofascismo machista e forzuto e tra gli appasionati di armi, cacciatori e sportivi, che non sono etichettabili politicamente.
Il culto delle armi va bene, comunque, a tredici anni, quando si diventa più grandi, però, per un verso o per l'altro, dovrebbe indurre, perlomeno, a qualche analisi del profondo.
Perché un'arma mi fa star meglio? Perché un'arma completa la mia personalità? Perché un'arma mi rappresenta?
Ma al di là della questione armi, perché devo evocare, anche solo attraverso il linguaggio, una guerra che non c'è?
Sappiamo che Morisi non è uno sprovveduto. Sa che ogni affermazione di tal fatta non solo fa arrabbiare l'elettorato avverso (e più si incazza e più fa da cassa di risonanza, tutto grasso che cola), ma apre anche una breccia tra gli indecisi.
E la zona grigia, da che mondo e mondo, anche se appartiene alla schiera degli ignavi, ha una certa predisposizione per le soluzione spicce, per gli uomini risoluti e per chiuderla lì nel minor tempo possibile. E le armi servono a questo, a chiudere le questioni prima che i nodi vengano al pettine. Bisogna, infatti, fare presto prima che il PIL crolli, prima che la politica economica dei gialloverdi naufraghi contro l'iceberg dell'IVA che cresce e dell'impoverimento di gran parte degli Italiani. Chiudiamola lì. Pum! Pum! Siamo in guerra.
Non parliamo di politica, eh? 
Il nemico ci ascolta.
Figuriamoci se possiamo permetterci di parlare di economia! Roba da radical chic e da fighetti!


sabato 20 aprile 2019

Il Porro rifiutato ovvero il narcisismo ferito.


La questioncella è stupidina. Quindi, non aspettatevi alati voli del pensiero. 
I fatti sono semplici: alcuni giornalisti di una trasmissione di Nicola Porro, giornalista cresciuto a pane e Berlusconi, tentano di intervistare Michela Murgia che si è resa protagonista di un battibecco con Capitan Findus.
Non appena la scrittrice e opinionista viene a sapere a chi dovrà concedere l’intervista, imbarazzata, si nega. Poi si giustificherà su Instagram: non mi faccio intervistare perché c’è chi pregiudizialmente mi vuole rappresentare in un certo modo. 
Non si fa attendere la risposta di Porro che le dà dell’ignorante (nella variante eufemistica di “colui/colei che ignora”) e di essere al soldo di Berlusconi, nonostante sia fieramente antiberlusconiana (la Murgia scrive per l’Einaudi).
Chi lo desidera può andare direttamente a vedersi in Internet siparietti e controsiparietti.

Orbene, ordunque: perché ne parlo?
Semplice, perché nell’atteggiamento di Porro vedo un esempio adamantino di una delle caratteristiche dei tempi: il narcisismo ferito.
Porro è un giornalista, è stimato nel suo ambiente, sicuramente ha gratificazioni che molti suoi colleghi si sognano. Eppure, gli rode, oh, come gli rode!
Sa che c’è una parte dell’umanità che non lo apprezza.
Magari le accuse nei suoi confronti non sono del tutto vere: non è un pupazzo nelle mani della proprietà, non è il megafono delle idee altrui.
Forse non è stupido né ignorante come lo disegnano i suoi nemici.
Ma c’è una cosa che proprio non gli va giù: che ci sia qualcuno che non desideri ad avere a che fare con lui. 
Se la Murgia è una sporca comunista, ignorante e pregiudizialmente antiberlusconiana, perché intervistarla? Se è la nuova Boldrini (come entusiasti i commentatori di Porro la stanno indicando), che senso ha pretendere (dico: pretendere) che ti dia ascolto?
L’unica motivazione dell’ira del giornalista è che il narcisista non può accettare che qualcuno non lo apprezzi.
Come? Sono un giornalista importante, ho una trasmissione televisiva tutta mia, e tu, piccola stronza comunista, non vuoi farti intervistare?
Porro ricorda quei ricchi epuloni che organizzano cenette volgari a base di champagne e donnine e che si meravigliano che qualcuno non voglia partecipare all’evento mondano. Il retropensiero dedicato e delicato a chi si nega sarà: “Non sarà mica frocio?”
Al narcisista non passerà mai per l’anticamera del cervello che qualcuno non sia affascinato dalla sua popolarità e dal suo denaro che sono i fari della sua esistenza. 
Come può qualcuno rifiutare la popolarità derivante dall’apparire in una trasmissione televisiva, come può disprezzare la richiesta di un famoso giornalista, il cui valore è evidente, visto che viene pagato molto?
Ecco: se volete far incazzare un narcisista dei media, sapete come fare.
Quando si avvicinerà un giornalista di Libero, del Giornale et similia e vi si rivolgerà col petto gonfio: “Sono di ***, potrei farle una domanda?”, prendetelo in disparte e bisbigliategli all’orecchio: “No, non rispondo alla sue domande. E poi abbassi la voce: vuole che tutti sappiano che lavora lì?”

venerdì 19 aprile 2019

La manipolazione dell'informazione e la canalizzazione dell'odio al tempo di Facciabucco


Lo facciamo tutti. Lo faccio anch'io. Mi arriva un'immagine, vedo qualcosa che mi colpisce, colgo che c'è del giusto da qualche parte e in vago e lo condivido.
Purtroppo, però, i manipolatori ci sanno fare.
Per veicolare messaggi di un certo tipo, bisogna essere un po' astuti, un po' subdoli.
Ecco, l'immagine in questione che mi ha mosso le budella è questa.


Che pensate? Non vi fanno pena dei bambini in evidente stato di denutrizione.
Il bianco e nero non è a caso. Sopra svetta Notre Dame. A colori e prima dell'incendio (N.B. Non dopo).
Il verme, scusate l'associazione spiacevole, sono i bambini, l'amo è Notre Dame.
Per chi non lo sapesse, dopo il devastante incendio della Cattedrale, si sono raccolti molti soldi.
In poco tempo e tanti.
Il messaggio sotteso è questo: come si possano raggranellare tanti soldi per una chiesa e non si riesca a far fronte alla fame del Mondo è un vero mistero.
Ecco il mio piccolo esperimento mediatico.
Ecco una manipolazione della stessa fotografia.

Se si volesse fare la guerra allo Champagne, si dovrebbe fare così per convertire tutti al Prosecco.
Non ho scelto altre fotografie (perché protette da Copyright) che sarebbero state sicuramente più efficaci: giovani russi neocapitalisti che pasteggiano a champagne con ragazze in costume e senza, ricchi signori in frack che addentano sugnosi cibi di lusso, tavolate pantagrueliche di cibo, con caviale e aragoste a gogò e così via.

Fuor di metafora: un tempo, la contrapposizione era tra un mondo ricco e sprecone e un mondo povero e affamato, ora, come si evince dalla fotografia originale, la canalizzazione della riprovazione (e dell'odio sociale) si ha nei confronti di chi “spreca” il denaro non per gli affaracci propri, ma per la difesa delle opere d'arte.
Con chi se la deve prendere il popoluccio secondo l'intento degli astutissimi manipolatori? 
Con gli intellettuali fighetti e radical chic che hanno a cuore Notre Dame o con i ricchi epuloni che si chiudono nei loro recinti per evitare che le masse dei poveracci rovinino loro la festa? 
Con le ONG che salvano i poverazzi dall'annegamento o con i Capitani coraggiosi che chiudono festosi i porti quando c'è la pace e li aprono solo quando c'è la guerra?
Secondo voi? 
arz62

giovedì 18 aprile 2019

Se questo è un giornale...



Non c'è nulla da fare: sappiamo da tempo che Libero non è un giornale, se non per il fatto che esce ogni giorno, ma non ci siamo ancora abituati.
E, checché ne dica Mentana, facendo un distinguo  gesuitico che non ha molto senso (riassumendo: ci sono buoni giornalisti che scrivono su Libero, ma chi pensa i titoli è uno stronzo), un pezzo di carta non fa un quotidiano; e i giornalisti che si prestano a questo giochetto sporco, se non sporchissimo, non si meritano granché la tessera dell'Ordine.
Libero è un ventilatore spargimerda, un inquinatore di pozzi e di anime. 
E in questa operazione fa un ottimo servizio a chi vuol spargere malcontento ed è un perfetto fiancheggiatore di ogni opera manipolatoria dell'opinione pubblica più malleabile.
Non ho detto la più ignorante, ma la più disposta a costruirsi una realtà fittizia, a proprio uso e consumo (anche a Sinistra, c'è chi si presta, lo so; la tendenza psicotica è bipartisan). 
Libero è un cementificatore del pregiudizio ed ha una funzione consolatoria per chi, in cuor suo, ha inconfessabili pensieri: nullificazione dei comunisti e in genere degli avversari politici, sterminio dei Rom, vendetta rapida e immediata attraverso ogni arma, e robuccia del genere, ideuzze che albergano da sempre nella borghesia sotto la cenere del perbenismo e che in genere cozzano con i progressi del pensiero e della civiltà in Italia e spesso col cristianesimo (non voglio stare sul vago: abolizione della pena di morte, inutilità della tortura, proporzionalità della pena, timore che la vox populi diventi vox dei and so on, insomma quel pensiero che attinge alla fonte di Cesare Beccaria e del suo nipotino Alessandro Manzoni).
Prendersela poi con una ragazzina e definirla cretina, pensando di essere spiritosi, dà l'idea della levatura delle persone. Purtroppo, non è cosa nuova. 
Poiché non è la prima volta che i direttori responsabili di Libero sono costretti a pagare le conseguenze di titolazioni di tal fatta, la domanda che mi pongo, visto che il giornale ha una tiratura per pochi infimi ;-), è chi sia il finanziatore occulto disposto a pagare le penali in Tribunale. 
Io un'idea ce l'ho, ma non ve la dico. Non sono un giornalista di Libero, io! ;-)
arz62

mercoledì 17 aprile 2019

Non dolersi per l'incendio di Notre Dame ossia come mettere confini alla bellezza e lasciar scorrazzare senza blocco doganale la stupidità


Notre Dame brucia e c'è qualcuno che, invece di sudare freddo, rimane del tutto indifferente.
Quando i talebani distrussero il Buddha di Bamiyan, tutti, tranne ovviamente i talebani, piansero la distruzione di un'opera che oltre che religiosa era un'opera d'arte. E chi piangeva non era Buddista.
Perché le opere d'arte, scusate la banalità, ma evidentemente banalità non è, visto che molti non capiscono il concetto, non appartengono a un popolo, ma all'interà umanità.
E ora c'è chi vuole porre dei confini al bello, come se la bellezza accettasse confini.
Il Sovranismo politico può anche avere un senso, anche se , a mio modestissimo parere, non ha mai portato fino ad oggi molto di buono, ma il Sovranismo in campo artistico, fatto di steccati e di orgogli nazionali, no.
Ci saranno due categorie di persone che non saranno d'accordo con quanto ho scritto: chi non apprezza la bellezza e i talebani di ogni parte del Mondo, i primi guidati dall'ignoranza dei canoni estetici e i secondi dal fanatismo religioso o politico.
In qualsiasi caso, gli ignoranti non fanatici non accetteranno facilmente di essere etichettati come fanatici, né i fanatici non ignoranti, e ce ne sono parecchi, non gradiranno essere messi nell'angolino con il cappellino del somaro.

Il vuoto, che era pieno, del Buddha distrutto a Baymian, però, è lì ad ammonirci della follia di un Uomo che è in grado di produrre bellezza, ma nel contempo anche di distruggerla per incuria, per dabbenaggine, per puntiglio o per semplice stupidità, qualità che il Buon Dio (qualunque nome abbia preso sulla Terra) ha sparso equamente, non si sa per quale colpa degli esseri umani, come capperi salatissimi sulla pizza, in tutto il Mondo.



sabato 13 aprile 2019

Malaltrismo vaticano. Quando la Teologia vola troppo alto e l'Uomo è perduto.


Come ogni cattocomunista che si rispetti, non parlo volentieri male della Chiesa. Ma questa volta mi prendono per i capelli. 
Sappiate che il Papa Emerito ha lasciato qualche suo appunto sulla pedofilia su un giornale tedesco.
La vulgata di ciò che ha scritto l'avete letta sui giornali: a parere di Benedetto XVI, la libertà sessuale del '68 ha dato il via al diffondersi della pedofilia nella Chiesa.
E' una semplificazione giornalistica, vero, ma rileggendo l'articolo, ahimé, c'è qualcosa di peggio che addossare a un movimento culturale e politico “esterno” le colpe “interne” di una parte del clero indegno del proprio nome.
Riporto parte dell'articolo papale papale ;-) :
 “Tra le libertà che la Rivoluzione del 1968 voleva conquistare c’era anche la completa libertà sessuale, che non tollerava più alcuna norma. La propensione alla violenza che caratterizzò quegli anni è strettamente legata a questo collasso spirituale. In effetti negli aerei non fu più consentita la proiezione di film a sfondo sessuale, giacché nella piccola comunità di passeggeri scoppiava la violenza”.
Sembra che il Papa Emerito faccia una bella confusione tra pulsione sessuale e aggressività; lo dice anche Freud che dalla pulsione sessuale repressa e insoddisfatta può nascere l'aggressività, ma l'aggressività è una costola della pulsione sessuale non ne è la sua manifestazione principale. 
Dalla pulsione sessuale nasce il bisogno relazionale a scapito delle pulsioni egoistiche.
E a sentire l'altro Papa la sessualità non è più uno strumento del Demonio. Anzi.
Tralascio altri passaggi, ma vi invito a leggere senza commento questa parte: “ Mi sia consentito a questo punto un breve excursus. Di fronte all’estensione delle colpe di pedofilia, viene in mente una parola di Gesù che dice: «Chi scandalizza uno di questi piccoli che credono, è meglio per lui che gli si metta una macina da asino al collo e venga gettato nel mare» (Mc 9,42). Nel suo significato originario questa parola non parla dell’adescamento di bambini a scopo sessuale. Il termine «i piccoli» nel linguaggio di Gesù designa i credenti semplici, che potrebbero essere scossi nella loro fede dalla superbia intellettuale di quelli che si credono intelligenti. Gesù qui allora protegge il bene della fede con una perentoria minaccia di pena per coloro che le recano offesa. Il moderno utilizzo di quelle parole in sé non è sbagliato, ma non deve occultare il loro senso originario. In esso, contro ogni garantismo, viene chiaramente in luce che è importante e abbisogna di garanzia non solo il diritto dell’accusato. Sono altrettanto importanti beni preziosi come la fede."
Quel che importa al Papa Emerito, oltre al garantismo nei confronti degli accusati, è l'attentato nei confronti della Fede. Sembrerebbe a prima vista di una presa di posizione antigarantista, ma ci si dimentica che si sta parlando di corpi abusati e di psiche devastate.
E qui, scusate la banalizzazione, ci si preoccupa che i piccoli perdano la loro fede. Preoccupazione legittima sia chiaro dal punto di vista pastorale, ma del tutto impropria rispetto a quello che può succedere a livello psichico nella sua esperienza di vita concreta ad un bambino abusato.
Ecco l' esempio concreto poco dopo di quanto accennato prima:
Una giovane ragazza che serviva all’altare come chierichetta mi ha raccontato che il vicario parrocchiale, che era suo superiore visto che lei era chierichetta, introduceva l’abuso sessuale che compiva su di lei con queste parole: «Questo è il mio corpo che è dato per te». È evidente che quella ragazza non può più ascoltare le parole della consacrazione senza provare terribilmente su di sé tutta la sofferenza dell’abuso subìto. Sì, dobbiamo urgentemente implorare il perdono del Signore e soprattutto supplicarlo e pregarlo di insegnare a noi tutti a comprendere nuovamente la grandezza della sua passione, del suo sacrificio. E dobbiamo fare di tutto per proteggere dall’abuso il dono della Santa Eucaristia”.
Come se il problema più urgente, per una ragazzina abusata, siano le parole di un prete pedofilo (o pedofilo prete) che mettono confusione nella sua testa per quanto concerne il significato dell'Eucarestia o che l'atto in sé sia un danno al dono di questo sacramento. 
Non sono aduso alle letture teologiche e magari mi sfugge qualcosa, ma temo che questo tipo di Teologia, che vola troppo in alto, perda involontariamente i contatti con l'Umanità.
E nel caso specifico che sia un “malaltrismo” (una variante del benaltrismo) ad uso interno del Vaticano per evitare di fare i conti con le potenziali perversioni indotte da un celibato dei preti che è, di fatto, un atto contro natura.

Link all'articolo di Benedetto XVI: https://www.acistampa.com/story/la-chiesa-e-lo-scandalo-degli-abusi-sessuali-testo-integrale-11148

giovedì 11 aprile 2019

Capitan Findus non assiste al derby. Eppure è un tifoso sfegatato!


Il Ministro degli Interni comunica che non parteciperà alle manifestazioni del 25 aprile perché si dice disinteressato al “derby fascisti-comunisti”.
Ho già indicato nel linguaggio dei politici la tendenza all'infantilizzazione: per far arrivare il proprio messaggio è necessario renderlo semplice attraverso la premasticazione.
Il concetto di base è, Berlusconi docet, quello che l'uomo politico parla a bambini di 11 anni non particolarmente svegli e deve adeguare il proprio linguaggio al loro livello.
Nel caso specifico, c'è di peggio: c'è la banalizzazione.
La semplificazione può essere fastidiosa e manipolatoria, ma la banalizzazione è distorsiva e falsificatrice.
Anche i fascisti, a mio avviso, dovrebbero offendersi, e molto, per l'infelice espressione di Capitan Findus. 
Lo scontro, la guerra civile tra partigiani (di ogni colore, ricordiamocelo; non solo comunisti, ma monarchici, cattolici, liberali, socialisti etc...) e fascisti è stata una tragedia nazionale, non una partita di calcio da godersi con il pop corn in mano.
Smarcarsi dal 25 aprile non è, come sembra, una forma di equidistanza. 
Significa relegare il 25 aprile a manifestazione di parte e non come punto di partenza per la nuova democrazia, quella che permette, persino a chi sta palesemente calpestando la Costituzione su cui ha giurato, di essere nominato Ministro.
(E lasciamo perdere che cosa se ne faceva il nostro Capitano della bandiera nazionale fino a poco tempo fa, aggiungendo una nuova striscia al verde, bianco e rosso! Ricordo al Sovranista dell'ultima ora l'articolo 12 della Costituzione, eh!, quella scritta dai Comunisti!)

martedì 9 aprile 2019

Constatazioni.


Abitiamo entrambi in una città abbastanza piccola. 
Non ci conosciamo. 
Non so che ambienti frequenti, ma non è tra gli amici degli amici. 
Non è su Facebook. 
E' del '72, quindi ha dieci anni in meno del sottoscritto. 
Insomma, a ben vedere, probabilmente, non abbiamo molto in comune, nemmeno i gusti musicali.
Lavora a Milano e da un bel po' è sotto attacco di movimenti neonazisti che non gradiscono le sue inchieste; gli aderenti di questi gruppi lo minacciano e gli hanno fatto capire che possono fargli del male. 
E siamo in Italia, in una repubblica che è nata antifascista. 
L'articolo 21 è scritto a chiare lettere nella nostra Costituzione.
Ecco, quelli che dovrebbero temere qualcosa, forse molto, sono coloro che lo minacciano.
E non è così. 
Siamo in Italia ed è il 9 aprile del 2019.
Il nostro Ministro degli Interni si chiama Matteo Salvini.
Ed il giornalista si chiama Paolo Berizzi.

domenica 7 aprile 2019

Pissi pissi bao bao: severamente vietata la lettura a chi non vive nel mondo della scuola.




Notizie fresche di giornata: mancano per l'anno prossimo 70000 allievi all'appello. Dalle classi pollaio si passerà, sembra, alle classi dell'eco dove rimbomberà solo la voce degli insegnanti.
I dati numerici sono dati e ci sono mille ragioni per non ritenerli manipolati (si fa, si fa, non siate ingenui; in particolare, quando bisogna ingannare qualcuno): il calo della natalità e, non meno devastante dal punto di vista demografico e economico, la fuga dall'Italia di molti extracomunitari e delle loro famiglie in lidi più accoglienti sono dati difficilmente contestabili.
Non per niente la regione più in sofferenza è il Veneto che ha utilizzato la manodopera extracomunitaria à gogo, fino a che le sirene della globalizzazione hanno portato le produzioni oltre confine, svuotando le fabbriche e impoverendo il suo tessuto produttivo.
Non per nulla, in questi giorni, quelli che ora si lamentano di più sono gli industriali del Nord che, dopo aver carezzato sul coppino la Lega, si accorgono con leggero ritardo che la politica economica e non del Carroccio che è ideologicamente regressiva, conservatrice  e da Strapaese (protezionismo, scarso investimento nell'innovazione, disincentivo alla creazione delle eccellenze, attraverso la svalutazione del titolo universitario e del valore formativo della scuola an so on), ma anche, perché non chiamarla così?, a tratti, progressista, ossia a favore del pueblo dei pensionati colpiti dalla Legge Fornero e dei disoccupati cronici, fa a pugni, ovviamente nell'ottica confindustriale, con la produzione e l'esportazione dei prodotti Made in Italy.
Ed è questo il motivo dell'affannarsi da parte del governo a difendere il culatello in tutto il mondo e a spianare vie della seta.
Non ultimo fattore di crisi: l'immagine dell'Italia e degli Italiani all'estero (e i neosovranisti fingono di non accorgersene) sta perdendo in parte quel fascino che ha permesso per anni di rendere più accettabili alcuni aspetti spiacevoli che ci appartenevano e che ci appertengono in quanto comunità nazionale.
Due esempi del disastro in merito che non riguardano direttamente la compagine governativa (che, intendiamoci, non è per forza il parafulmine delle nostre pecche nazionali): la grezza di Dolce & Gabbana in Cina e la polemica di questi giorni Jim Carrey-Mussolini.
E mi fermo qui per non divagare troppo.
Riparto dall'inizio. Mancano allievi. Vero. Facendo una rapida e semplice equazione, si dirà che gli insegnanti sono in eccesso. Falso. Falsissimo: gli insegnanti abilitati e di ruolo stanno finendo (ci sono, e in eccesso, insegnanti tappabuchi e avventizi e docenti che potrebbero essere di ruolo, ma che vengono impiegati in estenuanti e demotivanti tirocini formativi: lavorano, ma sono tra coloro che sono sospesi, in attesa dell'ennesima riforma della scuola o del prossimo concorso).
Nella scuola tra breve nelle materie scientifiche si dovrà attingere agli studenti universitari di discipline scientifiche del primo anno. Per non parlare della carenza di insegnanti di sostegno specializzati. Sto parlando in particolare del Nord, ma la situazione, non ho dati precisi in merito, mi sembra un po' a macchia di leopardo nel resto d'Italia.
E allora perché mi allarmo? Perché se i giornali parlano così, vuol dire che si preparano tagli, e non solo di personale. L'ultimo contratto ha portato un aumento che va dai 4 ai 6 euro mensili ai docenti. Nel silenzio totale dell'opinione pubblica. Una vergogna nazionale e molto sovranista (un superlativo illecito, lo so) ;-)
Gli insegnanti incassano i pochi euro e fanno le solite battute a denti stretti:"Ora potrò finalmente permettermi le vacanze alle Hawaii!",  "Mi darò all'alcol di qualità, altro che Tavernello!","Uh! Chi mi frenerà nello shopping compulsivo?"
E la scuola muore. Per mancanza di personale specializzato e motivato. Per mancanza di soldi. Per garrotaggio. Piano piano. Cloppete cloppete! 
arz62

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