Va di moda in Internet inviare un video o
un botta e risposta su Facebook o Twitter in cui il personaggio X,
magari momentaneamente in stato di grazia, ha la meglio dal punto di
vista argomentativo sul personaggio Y.
Non sono un semiologo, per questo c'è
Stefano Bartezzaghi che è più bravo di me, ma il concetto di
“cotesto” e “contesto” dovrebbe aiutare a capire meglio la
questione. Ciò che diciamo ha sempre relazione con quello che
abbiamo detto prima (e che diremo dopo) e con la situazione
linguistica in cui avviene la comunicazione.
Insomma, ciò che sta intorno, quando
si estrapola un frammento di un discorso, è importante.
Per definire la vittoria (momentanea,
ma folgorante) di chi estrapola un'espressione infelice e la fa a
pezzettini si utilizzano oggi nella Rete questi termini: “blastare” (che hai i
suoi addentellati nel linguaggio dei videogiochi), distruggere,
“asfaltare” et similia.
Sono tutte espressioni che rimandano
all'annichilimento dell'avversario e alla sua umiliazione.
E' anche, scusate il tono retrò, un
richiamo alla forza muscolare, ai gonfiamenti di petto per nascondere
la pancia o, per dirla tutta, al “manganello che rischiara ogni
cervello”.
Perché non perdiate il contesto e il
cotesto, farò riferimento esplicito alle due sciocchezze proferite
da due parlamentari questa settimana e alle reazioni alle stesse:
Renzi che fa parlare i morti di Bergamo e Brescia e la Meloni che ,
rivolgendosi all'aula, in un outing mica male, dice: “Se vi devo
insegnare io la democrazia, siete messi male”.
Ecco, se mi avete seguito, forse avete
capito quello che voglio dire.
Estrapolare un'espressione infelice e
condannarla non è blastare, asfaltare e distruggere: è far notare
una sciocchezza.
Non significa che ciò che è stato
detto prima e quello che è stato detto dopo è melma. Né che chi ha proferito l'idiozia debba essere messo nell'umido, nella migliore delle ipotesi, nell'indifferenziata, nella peggiore.
I politici, però, lavorano con le parole
e quindi dovrebbero stare più attenti.
Se sbagliano (e capita), c'è una via
di uscita semplice semplice: dire “Ho fatto un errore”.
Prevale, però, in loro e nei fedeli degli Uomini
e delle Donne della Provvidenza, la tendenza a dire: “Avete capito
male”, il che induce l'interlocutore che ha alzato il ditino a ricorrere all'immagine della ruspa, della falce messoria e di altri attrezzi livellatori.
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