Fontana
afferma di non averne saputo e di non essere intervenuto in nessun
modo. Intanto, cerca di far pervenire un bonifico di 250 mila euro al
cognato come risarcimento per il mancato affare.
Non
c'è logica? No: se non ne sai niente, non movimenti un euro dal conto in Svizzera cointestato con la mamma (tra parentesi stranamente pingue: 5,3 milioni di euro, mica
noccioline).
Titolo
di Libero, il giornale per pochi infimi: " Fontana nel
tritacarne”.
Sommario:”E' accusato di aver pilotato un appalto a
favore del cognato. Ma in realtà ha costretto il famigliare a
trasformare l'affare in una donazione alla Regione a costo di
smenarci 250 mia euro di tasca sua”.
Allora: se l'affare fosse
stato lecito, perché risarcire il cognato? Dobbiamo presupporre che
Fontana si sia sentito in colpa per aver malconsigliato il proprio
parente stretto? Come si concilia tutto questo con la versione di
Fontana di non essersi occupato della questione? Che c'entra il
gaslighting del titolo del post?
Vi
do la definizione della Treccani (pagina FB):
“Il
termine "gaslighting" indica una serie di comportamenti
manipolatori – come fornire false informazioni o negare ciò che si
è appena affermato – volontariamente attivati per minare la
fiducia di base della vittima, la cui memoria e giudizi di realtà
saranno sconvolti con grave pregiudizio per l’equilibrio mentale.“
Insomma, mi avete capito: nel tritacarne non c'è Fontana, ma il cervello dei lettori di
“Libero”.
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