La vignetta di Antonio Cabras ripresa e commentata sul sito del leader della Lega:
Intendiamoci. Il Capitano non è
obbligato a farsi grasse risate davanti a una vignetta satirica
sgradita: può non condividerne lo spirito, trovarla di cattivo gusto
e persino trovarla ingiusta e esteticamente brutta.
Da quando esiste, però, la Satira ha
connaturato il gusto della provocazione: il piattone da cui deriva il
termine “satira” indica un piatto pieno, ricco di primizie,
destinato agli dei più che agli uomini.
E in un piatto misto c'è di tutto: la
dorata cipolla, la croccante mela cotogna, il puzzolente cavolo nero
e l'odiosa carotina. Difficile accontentare tutti.
Per questo motivo, non intendo spiegare
la vignetta di Antonio Cabras che ha tanto indignato Salvini.
Le vignette non si spiegano: o si
capiscono o non si capiscono.
Se non si capiscono, si passa ad altro,
magari incolpando l'autore per la sua oscurità e la sua incapacità
comunicativa, se si capiscono e si approvano, si ride più o meno di
gusto, attivando un po' le sinapsi, se si capiscono e non si
approvano, si sopporta stoicamente l'umiliazione, la punzecchiatura e
il fastidio, confidando sul fatto che la puntura di un tafano fa male, ma
difficilmente è mortale.
Ricordiamoci sempre che chi si occupa
di satira è armato solo di una matita, l'uomo politico ha potere e
può smuovere mari e monti.
Insomma, la lotta, e dovrebbe essere
evidente per tutti, è impari e, pur godendo di notevole libertà
d'espressione, il disegnatore satirico combatte da solo (e spesso
senza nessun vantaggio economico) contro i propri personalissimi
mulini a vento che spesso hanno la consistenza della carta velina.
Scatenare i propri sostenitori e fan
contro un disegnatore satirico è un eccesso di difesa (per nulla
legittima) che non promette bene da parte di chi detiene anche una dracma di
potere: gli uomini politici che utilizzano la propria influenza
contro i disegnatori sgraditi non sono mancati e non mancano, ma sono
nella migliore delle ipotesi degli autocrati, nella peggiore dei
dittatori a tutti gli effetti.
In una democrazia, anche imperfetta,
chi si occupa di satira dovrebbe godere della sacrosantitas
attribuita ai tribuni della plebe dell'antica Roma. Violarla comporta
qualche rischio: i plebei che sono le membra dello Stato potrebbero
ritirarsi su qualche Aventino e la classe politica, il vorace
stomaco perennemente affamato, sarebbe costretto a sopportare le rane nella pancia e, quel
che è peggio, a guardarsi le spalle perché per magia , come ci insegna la Storia recente, capita spesso
che l'innocuo e morbido lapis si trasformi in resistente travertino o
in ramata monetina ammonitrice.
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