martedì 18 giugno 2019

Sui "cattivisti".


C'è una logica, perversa, ma consequenziale, nel “cattivismo”. 
Se vedi nel tuo prossimo un “competitor”, se vedi che la rete di chi potrebbe aiutarti risulta incapace di contenere le tue debolezze, se pensi che la tua forza, oltre a quella costituita dalle tue energie interiori, possa essere sostenuta non tanto dalla solidarietà del tuo prossimo e dei tuoi pari, ma solamente dall'aiuto dei tuoi vicini per sangue o per affinità elettiva (famiglia e cerchia di amici), è evidente che ti hanno già frullato per bene il cervello.
Il neoliberismo voleva e ha ottenuto proprio questo: sciogliere i nodi di solidarietà tra gli umani e far sì che il darwinismo sociale dei singoli o delle famiglie amorali avesse la meglio.
Peccato che tu, abitualmente, ti ritrovi nella parte inferiore della scala sociale: non sei un vincente, anche se pensi di esserlo,  ma sei un fottutissimo “loser”, uno che non nessuno inviterebbe al Circolo degli Eletti.
E allora, quando te ne accorgi, urli e te la prendi con chi è più debole di te come Rosso Malpelo, l'orfano della solfatara di Verga, con Ranocchio, lo storpio che saltella male di qui e di là. 
Sei, insomma, la parodia di una novella dell'Ottocento. Patetica e tristissima. 
Rileggi il racconto di Verga, tu che sei vittima dell'inganno, e nell'atteggiamento dell'ingegnere, il padrone della solfatara, scocciatissimo perché obbligato ad abbandonare il teatro per la morte di un meschino, vedrai la reazione delle classi dominanti, a cui consegni da incosciente il tuo destino, per le tue sofferenze. Fastidio, solo fastidio.

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