Va be', sono un vecchiaccio e ripeto le stesse cose, ma magari qualcuno si è perso la spiegazione: era assente giustificato. Lo ripeto anche per i più zucconi, non si sa mai.
Prima si pensa qualcosa (“Sei uno
sporco ne*ro”, “Vorrei che tu, ne*ro, galleggiassi in mezzo al
mar”, “Vorrei che i comuni*ti fossero fucilati. Viva il Cile e
Bolsonaro!”).
Si sa di pensare male, ma, se vediamo
che il nostro prossimo, appena proferiamo tali parole, anche edulcorate, ci
guarda come guano sotto le scarpe, ci asteniamo.
Facciamo silenzio, anche se mastichiamo amaro.
Facciamo silenzio, anche se mastichiamo amaro.
Poi arriva qualcuno che nel nome
dell'odio del “politically correct” dice: “Perché non dovrei
chiamare ne*ro il ne*ro e fro*io il fro*io?”
Inizialmente c'è qualche perplessità.
Il buon senso si oppone. Non sta bene.
Se chi giustifica queste espressioni è
un giornalista o un uomo di governo o persino un partito politico, le
cose cambiano.
Ovviamente su tu apostrofi simili
personaggi con le espressioni che si meritano: “Emeriti stron*i, fec*ia dell'umanità,
razzi*ti di me*da”, si offendono.
Perché il “politically correct”
non vale, quando si dice la verità, specialmente su di loro.
Non sia mai! Noi non siamo stron*i,
sono i ne*ri che lo sono. Non siamo razzisti, ma... Non siamo
intolleranti, ma...
Poi le avversative, lemme lemme, non servono più.
E Ballottelli è un ne*ro (l'asterisco non c'è, ma se lo scrivo mi
bloccano giustamente su Facebook) che italiano non è e mai lo sarà,
i comuni*ti sono peggio dei nazisti perché ne hanno ammazzati di più
e quindi anche i paralitici col braccio alzato e un danno cerebrale evidente hanno diritto di fare quello che vogliono.
E ci sono “giornalisti” e
“intellettuali” (sì, con le virgolette) che avallano queste
posizioni che il popolo bue si beve come acqua fresca.
E, alla fine, si bruciano i locali dei
comuni*ti, dei fro*i, degli intelletua*i e di chiunque ami leggere un
li*ro.
Le "Pecore elettriche" vanno improvvisamente e dolosamente in cortocircuito.
Le "Pecore elettriche" vanno improvvisamente e dolosamente in cortocircuito.
Ci siamo arrivati. Piano piano.
Ed è l'ora di fare di un'erba un
fascio, e mi si scusi il facile gioco di parole: chiunque strizzi l' occhio a questo orrore, si ammanti del
nome di Leghista, di Forza italico o di Fratello d'Italia, con tutti i “ma” che
vuole, è complice.
E personalmente, se non esprime
esplicitamente la propria disapprovazione per la degenerazione in
atto, non merita il mio rispetto.
Neanche in dosi omeopatiche.
(“Ecchissenefotte!” diranno. Perfetto, ma lo sappiano, eh, quando mi incontrano: per cortesia, non
mi salutino).
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