sabato 23 novembre 2019

Licenziare chi sbrocca? No. Ci sia il Secondo grado, se non il Terzo, in nome della Costituzione.


So di tirarmela addosso e confido che il cerchio delle mie amicizie sia sufficientemente piccolo per garantirmi che le botte siano limitate al minimo sindacale.
D'altronde, un post su Internet è un granello di sabbia del Sahara e la memoria da pesce rosso della Rete mi salverà.
Orbene, ordunque, ora lo dico, pur temendo il giudizio di molti che, nonostante l'infermità mentale che galoppa, mi danno ancora ascolto (per ora fingono benissimo e annuiscono per compiacermi): spero che l'improvvido docente di Piacenza che ha minacciato gli allievi che avessero partecipato alle manifestazione delle Sardine di voti (disciplinari) insufficienti non sia licenziato.
L'ho detto. 
Non ho affermato che non debba passare qualche brutto quarto d'ora.
Spero solo che non sia licenziato. Ora argomento, anche se so che non vi convincerò.
Il primo articolo della Costituzione dice che la nostra Repubblica si basa sul Lavoro. Non sulla libertà di pensiero o di opinione. Sul lavoro.
Privare qualcuno di un lavoro, in nome della giustizia sommaria, significa privarlo della sua dignità e non permettergli l'esercizio effettivo della sua cittadinanza.
Insomma, sulla bilancia precaria della nostra Democrazia, costituzionalmente, prima viene il Lavoro e poi la Libertà di pensiero. Il primo dovrebbe pesare di più.
Privare qualcuno del Lavoro per aver mal esercitato la Libertà di pensiero è un eccesso.
E si pensi alla precarietà del lavoro di molti che è sottoposto da tempo a questo vecchissimo ricatto: non protestare altrimenti ti licenzio.
Il docente ha detto e scritto una marea di fesserie e sicuramente ha tradito il dettato costituzionale.
Si inginocchi sui ceci degli articoli costituzionali che non ha rispettato e, solo se si incaponisse a dirsi fieramente razzista e fascista, sia licenziato.
Gli si lasci la possibilità di cedere o procombere lui solo, perché giurar su un testo che si ritiene falso è lecito, pur che se ne paghino le conseguenze.

Non si usa più per i pubblici dipendenti giurare sulla Costituzione. Male, malissimo.
So che la cerimonia del giuramento a molti potrà sembrare oggidì ridicola, ma , per quanto mi riguarda, non lo è affatto.
E quel che sta succedendo è una prova di come questa prassi un tempo in uso, che ad  alcuni sa di vecchio, debba essere ripristinata.
E poi se qualcuno invece di dire: “Lo giuro!”, urlerà: “L'ho duro!” , per ingannare il Dirigente, non solo tradirà la Costituzione, l'Antifascismo che ne costituisce la base, ma ancor di più l'importanza del Lavoro. Del suo e di tutti.
E farà la figura del fesso che non sa che cosa significhi vivere in una Democrazia che tutela la libertà di espressione e non in una Dittatura che di quella libertà se n'è fatta e se ne farà sempre un baffo.




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