Cari colleghi, sappiamo di vivere un
dramma. Io sono di Bergamo che è stata ed è, di fatto, l'epicentro
con Codogno del contagio da Coronavirus in Italia e ne so qualcosa.
Posso ben capire, dunque, che i
problemi e le rogne esistenti siano molto, ma molto più grandi delle
questionzuncole relative alla scuola.
Primum (soprav)vivere, deinde
philosophari.
Sono qui, però,come molti di voi,
seduto sul divano, non inoperoso, comunque, come pensano i più; anzi
abbastanza stremato da queste settimane convulse nel tentativo di
mettere in piedi una scuola virtuale, che sappiamo benissimo non essere quella "vera" (perché la Scuola è in praesentia, non ci sono
storie), ma che potrebbe averne la parvenza.
La DAD (Didattica a Distanza) forse non
è stata chiamata DOL (Didattica on Line) solo perché l'acronimo
richiama il verbo latino “doleo” ossia “soffro” e“mi dolgo”
(faccina dell'Uomo ammiccante)
Be', di riffa e di raffa, nel giro di
un mese abbondante la scuola è stata ribaltata: non funziona come un
orologio svizzero, ma, se devo essere sincero, sta funzionando meglio
delle mie aspettative.
Un contatto è stato riallacciato e i
ragazzi stanno partecipando, pur con l'umore sotto le scarpe, ma si
sono prestati al gioco. Hanno, come è giustissimo, manifestato
qualche fragilità (per imparare ci vorrebbe un po' di serenità e
non c'è: ogni famiglia ha una qualche fatica da affronatere:
affettiva, se è mancato qualche caro, psicologica, se vi è qualche
parente in difficoltà, e non ultimo economica, perché i soldi non
crescono sugli alberi e sono forieri di cali d'umore consistenti in
una popolazione non molto propensa a farsi aiutare), e, vabbe',
hanno approfittato dell'occasione per dormire qualche ora in più e
fare qualche compito in meno.
Però hanno tenuto. Ora, dopo che gli
insegnanti hanno cercato le pecorelle smarrite, volontariamente e
involontariamente, e averle radunate nel recinto della classe
restituita, profondendo in questo notevoli energie in termini pratici,
arriva la notizia (che notizia non è, il che è peggio) che il
Ministero si sta orientando verso la promozione generalizzata.
Siamo tra insegnanti: lo sapevamo già.
I DS già si stavano mettendo le mani
nei capelli pernsando agli aspetti normativi e ai ricorsi per le
eventuali bocciature. Nemmeno i docenti più severi sarebbero
intervenuti di machete.
Però, però, c'è qualcosa che non
convince. O forse non convince me.
Innanzi tutto i tempi. Perché ad
aprile a due mesi dalla fine della scuola, quella ufficiale, già si
comunica che tutto andrà in cavalleria? I Lucignolo che magari a
telecamere spente e musica a palla fingono di assistere alle lezioni
che cosa faranno ora? I ragazzi che per ragioni economiche non
avevano un computer e, collegati con i cellulari, dovevano
sfracassare gli zebedei ai genitori per avere più Giga se la
sentiranno ancora di persistere e togliere credito a qualche
videogioco succiabanda?
Sarebbe il meno, mi vien da dire.
Quel che mi preoccupa è l'arietta che
si sta respirando di smantellamento della Scuola Pubblica, di
dematerializzazione dei rapporti docenti-allievi che tanto costa alle
casse pubbliche.
Mentre ora, drammaticamente, si scopre
l'utilità della Sanità pubblica e dei presìdi che sono stati erosi
da anni di politica scellerata, al contrario, ora si fa avanti
l'ideuzza di una Scuola leggera, magari senz'aule da pulire e
manutenzione da fare.
Magari privatizzata.
Ed ecco, provvida come un avvoltoio in
presenza di molte carogne, la solita Aprea propone il punto b1 del
Piano di Rinascita di Licio Gelli (punto che piace assai a Forza
Italia, Lega e a vasti settori dei M5S): l'abolizione del valore
legale del titolo di studio.
Non solo: molti docenti, come tutti i neofiti di una nuova tecnologia, vedono nelle modalità di
insegnamento della DAD aspetti positivi. Non sbagliano, eh!, ma si dimenticano,
e scusate la grevità dell'Umorista che è in me, che la DAD sta
all'insegnamento come il porno telematico al sesso.
Si può fare in assenza, ma non è la
stessa cosa.
Ci sono professioni che per statuto non
possono essere dematerializzate perché nascono dal rapporto diretto
tra esseri umani: l'insegnamento, la psicologia e, come possiamo
vedere anche oggi, la medicina.
E poi nessuno considera con un minimo
di profondità l'aspetto discriminatorio della DAD, fenomeno che tutti i docenti possono osservare in queste prime fasi.
In questo modo di interpretare la
scuola, rimangono inevitabilmente indietro i più fragili e i più
deboli delegando alle loro famiglie un compito di sostegno che
spetta allo Stato.
Perché, da docente e da animatore
digitale, ohibò, ad euro zero perché così inquino meno, diffido
di questa improvvisa passione per queste modalità di insegnamento?
Perché temo che prevalga, com'è
successo criminosamente in ambito sanitario, un ulteriore
disinvestimento (anche economico) non solo sulle strutture , ma anche
su quegli insegnanti magari meno attrezzati tecnologicamente, ma più
validi nella relazione umana e nell'aiuto ai più deboli,
nelll'ottica di una scuola efficientista che privilegerà i già
privilegiati, in salute e in economia.
Curare i sani è facile e
costa poco (e permette di smantellare gli Ospedali), curare i malati
è difficile e costa tanto.
Intelligenti pauca.
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