Sapevo di gettare un sasso nello stagno.
"Un buon fine settimana" o "Una buona settimana"?
Dopo un po' di baruffa, mi son levato la maschera del provocatore.
"Ero consapevole di sollevare, da
umorista qual sono, una tempesta in un bicchiere e mi scuso con chi
ha partecipato inconsapevolmente a questo esperimento che suol dirsi
in questi tempi sociologico (ma non lo riporterò in un libro, al
massimo su una vignetta).
Dalla piccola e breve esperienza
traggo le seguenti considerazioni:
1- Il fervore nei confronti delle
questioni inerenti alla Lingua è alto, anche quando vi è un comune
e facilissimo “nemico”, nel caso specifico l'eccesso di
anglicismi nella lingua (non la presenza, sia chiaro: l'autarchia
linguistica puzza di vecchio).
2- La tendenza ad essere
autoreferenziali è altissima. Non si attinge, come verrebbe
naturale, a una fonte autorevole, ma si tende a dare ascolto alla
propria personalissima percezione del busillis linguistico, basata
sull'esperienza storica e personale dell'osservatore.
3-L'amor della polemica per le minuzie
non è morta. Me ne compiaccio, perché mi diverte e diverte, ma non
porta alla consapevolezza che ancor oggi, nelle questioni sulla
Lingua, siamo ancora divisi tra Guelfi e Ghibellini. Lasciatemi
semplificare: tra conservatori e progressisti.
Non solo: quando i Ghibellini sono
perdenti, ci si divide automaticamente in Guelfi Bianchi e in Guelfi
Neri.
4- Infine, per evitare di essere un
lamentoso e antipatico attaccabrighe, una nota che io trovo
estremamente positiva in questo gruppo: se persino una piccola
provocazione riesce a smuovere tanti neuroni, vuol dire che la
partita non è persa: discutere e confrontarsi, senza venir alle mani
e alle male parole e contendersi la ragione e il torto urbanamente,
sempre che ci sia tra l'una e l'altro una netta demarcazione, fa
bene.
Sempre. Grazie a tutti. Sul serio.
Risolviamo la quesione così:
Ah. Buon "week end", eh! ;-)
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