L’anomalia deve colpire qualche aspetto della società,
magari collegato a qualche tabu ancestrale: sesso, religione, famiglia, sangue o morte…
La “cosa” deve colpire per il linguaggio, per la lunghezza
dello stesso, per l’uso anomalo degli stilemi comunicativi, per la distorsione per
iperbole per eccesso o per difetto.
Non deve mancare, per dare pepe, qualche aspetto provocatorio
e divisivo.
Si butta la “cosa” nell’etere nei canali più adeguati.
Si shakera, magari la
si insaporisce un po’ con qualche commento farlocco ad arte.
Si aspetta che il pubblico si senta provocato e intervenga
per dire la sua.
Si eccita il Guelfo e il Ghibellino perché prenda posizione.
Anche se il Ghibellino se ne starebbe calmo e tranquillo, al
primo attacco del Guelfo, indosserà l’usbergo e impugnerà il ferro.
La “cosa” si gonfia come la panna e viene rimbalzata dalla
Rete ai giornali, dai giornali alla pubblica opinione e dalla pubblica opinione
alla Rete con l’effetto dello specchio di barberia che moltiplica le immagini e
le sensazioni di piacere e di disgusto.
Ed ecco che la mela (o il fico) di Eva che viene divorato
avidamente da tutti, volenti o nolenti, perché tutti si sentano “come Dio”,
padroni del bene e del male.
Ah, può essere una mela o una pesca, eh!
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