venerdì 16 dicembre 2016

Quando si scontrano gli atei poco devoti e le Fedeli, muoiono sia la ragionevolezza sia i congiuntivi.

Eh, va be'! Perdoniamo pure la scivolata della neoministra Valeria Fedeli che ha corretto fuori tempo massimo il suo titolo da laureata in diplomata per adeguarsi alla realtà “de facto”.
La perdoniamo ancora di più perché gli attacchi alla Fedeli sono scatenati da uno dei personaggi più inquietanti del cattolicesimo italiano, quell'Adinolfi che ha fatto bere a molti stimabili cattolici ( ahimè, anche il Papa si è espresso dando consistenza corporea a un mero fantasma ideologico) fòle incredibili , ad esempio,  che nelle scuole si volesse introdurre il “gender”, pratica che , nell'immaginario un po' perverso di chi frequenta quel mondo, si concretizzava nel rossetto sparso a larghe falde sulle labbra dei pulzelli e in rosee mutandine di pizzo sui genitali dei maschietti dell'infanzia, per non parlare dei manuali di masturbazione e dell'armamentario da Sexy Shop a disposizione delle maestre disinibite, invece di qualche dispensa montessoriana di prammatica.


Ecco, sì , la perdoniamo, ma , per cortesia, Valeria Fedeli  mandi subito una letteruccia al Corriere della Sera che pubblica questo stralcio di quello che sembra essere una sua dichiarazione:

Tralasciamo il fatto che diploma di laurea e laurea sono pressoché la stessa cosa, almeno nel vecchio ordinamento, e che il ragionamento risulta dunque un po' zoppicante ( non c'è verso: diploma rimanda alle scuole superiori, laurea, sia nella versione di laurea da sola sia di diploma di laurea rimanda all'Università), vorremmo soffermarci sull'ardita protasi dell'ipotetica. 
Sappiamo che l'Accademia della Crusca non sta piangendo lacrime amare per la morte del congiuntivo, ma, pur pietosi nei confronti della decretata eutanasia di quel modo gentile e vagamente scettico, molti di noi, che non son puristi, non sopportano che la sua esecuzione avvenga ex abrupto con la ghigliottina sulla pubblica piazza, sulle pagine del più illustre giornale italiano, con copioso spargimento di sangue e cervelletto per ogni dove. 
Anche se non le richiederemo patenti di studio, pretendiamo dal neo Ministro dell' Istruzione e dell'Università almeno il rispetto della lingua del Sì, lingua che qualche volta, come si è visto recentemente, sa dire anche qualche sonoro NO, quando sente minacciata la sua eleganza o la sua storia. 
Ultimamente le direttive del MIUR erano abbondantemente inquinate da un inglese d'accatto, da costruzioni linguistiche volte spesso a nascondere il nulla sostanziale; Valeria Fedeli riporti almeno un po' d'ordine ( e si faccia consigliare da chi ne sa più di lei in merito) nello sfracello evidente della lingua di Dante operata dai suoi predecessori. 
E' un lavoraccio,ce ne rendiamo conto, ma , se provvedesse anche solo in parte a un minimo di ecologia della lingua, avrebbe fatto molto. Io, nonostante lo scetticismo generale, attendo fiducioso le sue prime mosse. Non le manca, data la sua formazione, né la concretezza, né la sintesi. Vedremo.
arz62  

mercoledì 14 dicembre 2016

Ministri con portafoglio, ma senza dignità ( in partenza). Sui Ministri non laureati.

Be', il tarlo mi rode. Come mai non si trova un umilissimo laureato disposto a metterci la faccia per vestire gli abiti tutt'altro che modesti di Ministro delle Repubblica? Lorenzin e Fedeli non sono state, prima della loro elezione, di certo delle Star, l'una nell'ambito della Sanità e l'altra per l'Istruzione e l'Università, o sbaglio?
Non c'è qualcosa di malato di uno Stato che non riesce ad attirare non dico le menti eccelse, ma funzionari di una certa esperienza per occuparsi di alcuni ambiti della vita sociale che rivestono un'importanza capitale per l'umile cittadino?
Passati alla brace un Berlinguer , un De Mauro e ultima la Giannini, è possibile che neanche un rettorino di una qualche sede universitaria disagiata si presenti, anche con uno striminzito titolo e quattro pubblicanzioncelle, per cercare di dipanare almeno un poco lo gliuommero della cosiddetta Buona scuola?
La mia ipotesi è semplice e forse ingenua: un paese in veloce decomposizione non è in grado di attrarre nessuno di autorevole, anche offrendo prebende, un lauto stipendio e il prestigio dell'incarico ministeriale. 
Si deve passare alla seconda fila ( magari gente cazzutissima, sia chiaro, ma...)

Chi si prestasse al gioco, dall'alto di una qualche posizione intellettuale conquistata a fatica,  sa che, dopo l'Apocalisse prossima ventura, ne avrebbe solo disdoro professionale e umano. 
Privato dell'incarico e della scorta, si troverebbe a tiro di sputo dall'ultimo degli ultimi. 
Teniamoci dunque una Lorenzin , diplomata al Liceo Classico, e una Fedeli,  un'assistente sociale diplomata (ora si laureano, però...)
Come vedete, sono ottimista più del solito ;-)
arz62


sabato 10 dicembre 2016

Vademecum semiserio per gli allievi delle Scuole Medie

Vademecum semiserio per gli allievi delle Scuole medie inferiori che si apprestano al grande salto nel Mondo dei Superi
redatto
da Arz , disegnatore e umorista , che , nel contempo, è docente “infero” , raffreddato (ma non in malattia) e, va detto, di pessimo umore.


Giovani gabbianelle e gabbianelli che vi appressate al grande salto, al volo nell'aria tersa degli Studi superiori, vi auguro ogni bene.

Respirare (o semplicemente, desiderare di respirare) a pieni polmoni l'ossigeno della Cultura, dopo aver sopportato l'olezzo del compagno che non solo non conosce l'uso del sapone e di prodotti consimili atti alla pulizia quotidiana, ma che, dopo un triennio di penosi esercizi di ortografia, incontra ancora qualche difficoltà nello stabilire l'esatta trascrizione della parola “igiene” , è, di fatto, un'esperienza paragonabile a quella del naufrago, che dopo vent'anni di solitudine su un'isola deserta, vede stagliarsi all'orizzonte , nella bruma mattutina, l'albero maestro del poderoso bastimento che lo riporterà alla Civiltà e al Mondo libero: i polmoni si riempiono all'inverosimile e l'ossigeno, insufflato fino agli imi bronchi, può dare alla testa.
Tutti pensano che le Scuole Medie costituiscano il momento più basso della Civiltà, del Buongusto e dell'Intelligenza, e che siano un triste Medioevo dell'età dell'Uomo, dopo la fulgente Età dell'Oro dell'infanzia e la corroborante e previrile Età del Ferro dell'adolescenza.
Da insegnante di lunga esperienza, vorrei disilludervi. Come il Medioevo vide brillare , ed è solo un esempio, la civiltà Comunale e assistette alla nascita di spiriti per nulla oscuri e privi di grandezza, la Scuola Media, tanto vituperata, vi ha formato più di quanto voi possiate pensare, pur nel caos delle relazioni con voi stessi, con il vostro corpo, con i compagnucci “machi”, esperti nel pugno a sorpresa e nello schiaffo sul collo, con le adorabili e, nel contempo, odiate compagnucce e, non da ultimo, con quelle figure destinate a diventare più frequentemente fantasmi ( “Come diavolo mai si chiamava il mio insegnante di ******* delle Medie?”) e, solo raramente, per vostra fortuna, incubi nei vostri pensieri e nei vostri sogni di adulti: i professori delle Medie.
La “cartina di tornasole” che mi permette di affermare tutto questo è la semplice e verificabilissima constatazione che ogni adulto rimuove (….e chi vuole approfondire il tema si ripassi Freud) l'esperienza delle scuole medie e ne ha un ricordo flebile e distorto.
Chiedete pure ai vostri genitori di come si comportassero alle scuole medie: ne avrete un quadro dadaista e irreale di giovani ubbidienti al comando di autorevoli docenti (in genere, aggiungono la formula: “ ...E non volava una mosca!”) , di comportamenti studenteschi oxfordiani e di un impegno indefesso nello studio e nel lavoro da piccoli Stachanov del Dovere (se non sapete chi sia Stachanov, andate a vedere su Wikipedia, ma so che non lo farete, perché sono un insegnante delle Medie che ben conosce i propri polli...).
Non ci vuole Freud per capire che hanno dimenticato tutto (e neanche Freud siete andati a vedere chi è, vero?). E ben volentieri. Sappiate che erano come voi: caotici, confusi, timidi, maneschi, terrorizzati dal voto e dalla matematica, illogici nell'analisi logica e logici nell'offesa sistematica del compagno, pessimi temperatori di matite durante l'assolvimento delle forche caudine delle tavole di Tecnologia, dispersori di vernici, tempere, guazze di ogni genere durante le ore di Arte, adusi al masticamento professionale delle cicche e allo scaccolamento compulsivo volontario e involontario, e chi più ne ha più ne metta.

Vivendo ancora di sostanza reale e non di solo spirito, sotto la potente azione dei medicinali atti a debellare il raffreddore e la raucedine che mi ha colpito questa settimana, mi sento di fornirvi qualche modesto consiglio nel passaggio periglioso tra gli ordini di scuola, che, come ben sappiamo, costituisce ormai l'unico pallido rito di iniziazione nel passaggio dall'infanzia all'adolescenza che incute qualche leggero brivido nelle vostre anime.

1- La precisione non è un “optional”.
Scrivere “1639” invece di “1936” non è la stessa cosa. I professori delle Superiori si irritano: conoscono bene o benino la Storia del Novecento, ma il Seicento è un buco nero della loro preparazione culturale. A malapena sanno che in quel periodo c'è stata la Guerra dei Trent'anni (che si suddivide in fasi di difficile memorizzazione, chi dice quattro, chi dice cinque...). Ecco , se scrivete 1936 li farete felici: è la data della proclamazione dell'Impero dell'Africa Orientale. Vittorio Emanuele III diventa “Imperatore di Etiopia”. Poi , il professore vi attaccherà la solita solfa delle sanzioni che la Società delle Nazioni imporrà all'Italia.
Ovviamente l'unica notizia storica per voi dotata di qualche interesse e che vi rimarrà appiccicata in testa in merito al 1936 sarà la presentazione della Fiat 500, ma poco importa. Invertire i numeri è divertente, ma se lo fate sul vostro cellulare non vi porta da nessuna parte...Vero?

2-Rispettate i margini e andate a capo dividendo le parole in sillabe.
I professori delle superiori partono dal presupposto che voi non sappiate dividere le parole in sillabe. E voi sapete che hanno ragione. Alla Primaria solo qualche maestra talebana insiste nella divisione in sillabe e poi voi, non è vero?, siete convinti che la divisione in sillabe sia un compito del programma di videoscrittura, non vostro! La scuola, però, vive tra tradizione e innovazione, ma , come scoprirete presto, gli insegnanti “tradizionali” e quelli “ innovativi” sono sparsi nella scuola come i capperi : un po' qui e un po' là. ( La battuta sui capperi la riprenderò più in là: memorizzatela. Non lo farete, lo so, perché sono un insegnante della Scuola media che ben conosce i propri polli...)
Nelle Scuole Superiori, vi potrà capitare un insegnante maniaco dei margini, della divisione delle sillabe e che si permetterà, maledetto!, di criticare il fatto che voi scriviate ancora in stampato maiuscolo. E' inutile protestare: scaverà con la penna rossa tutti i vostri errori e vi locupleterà di voti bassissimi per le vostre manchevolezze formali. Non mancherà di farvi il tedioso discorsetto che la forma è il vestito con cui vi presentate al prossimo. E che le patacche di pomodoro sulla camicia bianca saranno sì pittoresche, ma mal si adattano alle cerimonie: battesimi, sposalizi e, exemplum maximum et ultimum, ai colloqui di lavoro.

3- Prestate maggiore attenzione alla punteggiatura.
Abbiamo appena parlato di capperi, vi ricordate? Ecco la punteggiatura da molti viene utilizzata come la guarnitura della pizza: dopo aver amorevolmente steso il velo di pomodoro e cosparso il sale, l'olio e la mozzarella in modo omogeneo sulla pasta ben distesa sulla teglia (...altrimenti la sorellina incomincerà a piangere per non aver avuto l'esatta percentuale di mozzarella sulla sua fetta), per chi li ama, c'è il rito dell'aspersione del cappero. Il pizzaiolo della domenica prende in mano un quantitativo congruo di capperi e li sparge giocoforza in modo iniquo sulla superficie ormai marezzata della pasta della pizza. Solo qualche paziente psichiatrico li disporrebbe a “quinconze” come una piantagione di betulle (non sapete che cosa significa “quinconze”? Se non andrete a vedere sulla Treccani on line meritate di rimanere alle Scuole Medie!)
Purtroppo, la punteggiatura ha molte regole, ma non tutte sono ferree. E il professore delle Superiori vi dimostrerà che le vostre regole non solo non sono ferree , sono di burro e vi impiccherà (metaforicamente, naturalmente) davanti alla classe per una virgola fuori posto. Lo odierete, ma ricordatevi che lui è il pizzaiolo e voi siete solo gli addetti alla lievitatura della pasta delle pizza.

4- Memorizzate le informazioni.
Gli occhi indulgenti delle maestre e dei professori delle Medie (questi ultimi sono meno indulgenti, ma ci vedono sicuramente meno, hanno in media più di 50 anni!) vi hanno spesso perdonato qualche buco nero che è apparso qua e là nella vostra memoria. In Storia, come ben sapete, ci sono una marea di nomi strani, e molti personaggi storici, ohibò, oltre ai nomi hanno anche degli orribili cognomi. Se sono francesi, c'è la questione degli accenti, se sono tedeschi non sapete dove ficcare le “kappa” e le “acca”, non parliamo dei russi perché c'è da perdere la testa.
Nel mondo degli Inferi molto vi viene perdonato, avendo voi peccato molto. Ma ricordatevi che scrivere che l'inventore del telefono è Antonio o Alexander è un po' troppo generico anche per il più compassionevole dei docenti! Insomma, nelle scuole dei Superi dovrete memorizzare sia il nome sia il cognome, e, uscendo dal campo delle materie umanistiche, saper che il DNA si può definire anche acido desossiribonucleico o deossiribonucleico non è un aspetto indifferente per valutare la vostra preparazione, anche se vi si attrociglia la lingua se lo pronunciate o si contorce la “Bic” mentre lo scrivete.
Non c'è niente da fare: lo dovete ricordare! E niente trucchi! (leggi il consiglio successivo).

5- Non copiate.
Da quando c'è la scuola, c'è l'allievo che cerca la via più breve. E copiare è certamente la via più breve per prendere 10 o per prendere 3. E' una via pericolosissima, perché vi dovrete spesso confrontare con quella categoria di docenti che sono stati anche loro maghi della copiatura prima di scoprire che non copiare è assai meno stressante e pericoloso. Se costoro vi colgono con le mani nella marmellata, sarete perduti (...e non scherzo).
C'è un motivo: non hanno mai perdonato loro stessi di aver barato e si vendicheranno su di voi in modo inflessibile. E' il loro modo di lavarsi le mani dal loro passato inconfessabile.
Copiare significa, poi, vivere nella costante paura che il docente vi scopra: sapete benissimo di farla sporca nei vostri confronti (...rimarrete asinelli) , nei confronti dei vostri genitori ( ….che credono nelle vostre possibilità di ragazzi svegli e non di diligenti amanuensi) e, ma questo vi importa meno, nei confronti dei vostri professori (che in cuor loro vagheggiano un mondo dove ancora domini il “fair play”, la correttezza e simili fòle che ormai si bevono solo i poveri illusi che non hanno ancora capito il senso di questo atomo oscuro del male che è il Mondo!)
Qualche volta la farete franca, ma, prima o poi , è una certezza, incorrerete nel più temibile dei docenti “anticopiatura” : il professore filologo. Il professore filologo è un esperto degli errori nei codici manoscritti: per risalire al codice capostipite, egli riesce a ricostruire attraverso la comparazione dei codici come l'errore si è diffuso, disegnando così l'albero genealogico del testo oggetto del suo studio.
Ricordatevi che, spesso, quando copiate da un compagno, state copiando un'informazione sbagliata (anche se il compagno di riferimento è fidedegno) .
Due informazioni, tre informazioni sbagliate che si diffondono nei compiti in classe metteranno in allerta il professore filologo che, con la bava alla bocca, riuscirà a trovare non solo chi ha introdotto l'errore, ma anche coloro che lo hanno riprodotto (vulgo: copiato) più o meno fedelmente nei propri elaborati.
Non parlo, infine, di quelli di voi che copiano le ricerche da Internet. Potranno cavarsela solo se si troveranno davanti ad un docente analfabeta informatico. Ce ne sono ancora, sia chiaro, ma sono in via di estinzione e vivono in riserve protette dove le LIM sono bandite e utilizzate come bersagli per le freccette e i computer funzionano a manovella.

6-Curate il linguaggio.
So di andare controcorrente (e di contravvenire io stesso al consiglio dato in questo mio decalogo, che è scritto un po' alla garibaldina....): la lingua con cui vi presentate è importante. Per spiegarvi meglio il concetto parto da una situazione verosimile: vedete da lontano in un locale una ragazza bellissima (per le ragazze: un ragazzo bellissimo) che ha un corpo slanciato e un sorriso impeccabile. Vi avvicinate e vi accorgete che sta parlando con un vostro amico, il che rende l'occasione di fare amicizia con lei più facile.
Siete un po' titubanti: è troppo bella per voi, ha un incarnato incantevole e labbra sensuali (Basta! Sto scrivendo per i ragazzi delle Medie!).
Vi presentate, impostando la voce come un agente dei Servizi Segreti e mostrando una dentatura da pubblicità: “Sono X, frequento l'ultimo anno della Scuola Media Y. L'anno prossimo vorrei iscrivermi al ******. Forse l'anno prossimo potremmo essere nella stessa classe!”.
E la ragazza, con voce da basso tuba, vi si rivolge prima con una mezza bestemmia, poi con un “praticamente”, poi con tre o quattro menzioni di parti anatomiche del corpo intermedio, e così via in un crescendo di volgarità e noncuranza linguistica.
Il vostro sorriso si smorza, poi dopo il “Ciao, ci sentiamo!” di circostanza, vedrete quel corpo perfettissimo della ormai ex ragazza dei vostri sogni decomporsi lentamente e prendere le sembianze della mummia peggio conservata del Museo Egizio di Torino.
Ecco: la vostra lingua siete voi, parla di voi e per voi. Se la vostra lingua sarà sciatta, sembrerete sciatti, se la vostra lingua sarà elegante e ricca, anche se avete le pezze, e non per moda, sui vostri jeans, sembrerete eleganti come uno studente di Oxford o di Cambridge.

7-Siate voi.
Da un ventennio a questa parte siete stati bombardati da film e telefilm che parlano di rospetti senz'arte né parte, che grazie alla propria volontà e al consolidarsi della consapevolezza delle proprie forze, sono in grado, malgrado l'opposizione ostile della natura matrigna, di superare ogni ostacolo, ogni difficoltà.
Sapete, da questo bombardamento mediatico, quanto sia importante la cosiddetta “autostima”.
Stimatevi, ragazzi, va bene, ma non sovrastimatevi. Ci sarà sempre qualcuno migliore di voi ed inutile che lo chiamiate “secchione” o “lecchino”.
Lo sapete: ci sa fare, ha più conoscenze di voi, ottiene con il minimo sforzo quello che a voi costa un'enorme fatica.
E' fastidioso avere qualcuno che ci batte regolarmente. La tendenza (tutta italiana, ahimè, e particolarmente riscontrabile nelle scuole medie) è quella di considerare chi è bravo o un cretino o un rompiscatole.
Peccato che nel mondo del lavoro chi è migliore abitualmente sia pagato meglio di noi, abbia incarichi più prestigiosi e, onta tra le onte, appartenga a quella categoria di persone che danno gli ordini agli altri, ossia a quelli che a scuola erano, se non i peggiori, i mediocri.
Nessuno vi deve chiedere di essere per forza dei geni: siete quello che siete. Riconoscere, però, che gli altri possano far meglio di voi è uno dei segni più evidenti del raggiungimento della maturità (ma sappiate che anche gli adulti, in merito a questa spinosissima questione, si trovano spesso in enorme difficoltà).
Fuor di metafora: nella Scuola superiore, battetevi con tutte le forze per ottenere il sei in tutte le discipline. Poi , se avete qualche capacità in più, lavorate per avere voti più alti dove sapete di eccellere. E' poi sempre meglio confrontarsi con i migliori: è più difficile, frustrante, ma dà in media risultati migliori. Vincere “facile” con i peggiori non ci rende per nulla più bravi, ma solo mediocri e qualche volta pessimi, anche se illusoriamente l' “autostima” cresce. E' un' “autostima” farlocca e destinata a sbriciolarsi velocemente. E' come picchiare una persona palesemente più debole: al momento vi fa sentire forti, ma nella realtà capite subito di essere solo dei vigliacchi e di gran lunga più deboli di chi avete aggredito.

8-Osservate i vostri errori.
E' un po' il corollario del consiglio precedente. Se si pensa di essere perfetti, difficilmente ci si accorge dei propri errori.
La scuola dovrebbe insegnarci che sbagliamo e che l'errore dovrebbe servire per migliorare.
A scuola si deve sbagliare e l'errore non è un'onta da nascondere col “bianchetto”.
A forza di “autostima”, indotta a forza (e, sia chiaro, in buona fede) da nonni e genitori, è abbastanza penoso ammettere un errore.
Vedo sempre più frequentemente che per molti di voi l'errore non deve proprio esistere: se scrivete “Roma” per “Toma”, non è dovuto semplicemente al fatto che non avete letto bene la consegna: la colpa è del tempo e della fretta.
Se scrivo “scentifico” senza la “i” , la colpa è della distrazione, entità astratta che non vive nel vostro corpo e che interviene dall'alto come una mosca fastidiosa solo per farci sbagliare. Se sbagliate a svolgere l'esercizio, spesso è l'esempio che è stato fornito che è poco chiaro, altrimenti, e sareste disposti a giurarlo sulla testa di mamma, avreste svolto il tutto in modo encomiabile.
Siamo sinceri: pochissimi di voi , dopo aver ricevuto dal docente la verifica corretta, guardano gli errori commessi! ( Il voto sì, il punteggio altrettanto, ma gli errori?)
La prima vostra reazione “naturale” è quella di confrontarli con le verifiche dei compagni.
Per voi è “naturale”, ma, a me, quello che conosce bene i propri polli, appare un po' “patologica”: dovete verificare SUBITO che l'errore che vi è stato segnato sia stato indicato anche agli altri, altrimenti il vostro NON sarà un errore.
La colpa sarà, dunque, del docente distratto ( e, ammettiamolo pure, qualche volta succede, ma non è questo il punto...) o peggio del docente che ha delle evidenti preferenze: vi martirizza con il suo odioso frego rosso, mentre grazia il vostro compagno non si sa perché.
E' evidente che il professore fa parte del Grande Complotto contro gli Studenti Intelligenti, ma distratti: non potendo conquistare il Mondo si accontenta di vessarli.
Alla rincorsa di un'autostima a tutti i costi, ci siamo dimenticati dei piccoli fallimenti che tutti noi, ragazzo o adulto che sia, dovremmo sperimentare.
Si sta pericolosamente perdendo la percezione dell'esistenza di un confine tra il funesto delirio di onnipotenza e la legittima autostima, temperata, però, da una realistica valutazione delle possibilità di ogni individuo. Ma forse mi sbaglio ;-)

9- Siate vicini a chi è in difficoltà. La meritocrazia è una bella cosa: i migliori è giusto che siano premiati. Ci si dimentica, però, che i vincenti sono pochi e coloro che non ce la fanno sono molti. E tra questi molti , e capita, potremmo esserci noi.
Non ridete, come avete fatto spesso alle Medie, dunque, di chi annaspa, di chi sbaglia a ripetizione, di chi ha cinque cartucce e le ha consumate tutte sparando ai barattoli, mentre si avvicinano dei Gringos che vogliono fargli la pelle e ora possono solo fare “Bum” con la bocca.
Per aiutare chi è in difficoltà dovrete essere preparati e aver fatto quello che vi spetta. Non aiuterete il vostro compagno passandogli il compito via Whatsapp: è come fornire pesce marcio agli affamati e non è un'opera di carità, ve lo assicuro, se non per il gastroenterologo che si occuperà del caso quando chiederà la parcella.
Lo aiuterete solo spiegandogli in modo chiaro e preciso l'argomento che voi avete assimilato benissimo in modo che a fronte di un' equazione difficilotta il meschino non sia colto da una crisi di panico.
Svolgete i compiti insieme, badando di non sporcare di Nutella il foglio a quadretti.

10- Non date retta ai decaloghi. Non ve lo sareste aspettato, vero? Come? Il vostro professore stila col moccio al naso (ho il raffreddore!) un lungo decalogo e poi vi consiglia di buttarlo nel cestino della carta straccia?
Di decaloghi ne troverete millanta su Internet: come dimagrire di 20 chili in una settimana, come diventare attraenti in 10 semplici passi, come sviluppare il vostro flaccido bicipite in un marmoreo muscolo in 10 lezioni e come memorizzare la Divina Commedia in 10 notti et similia.
I decaloghi sono scritti dai vecchi col moccio al naso da rinite cronica, da quelli che, pensano di trovare una soluzione a tutto dall'alto di un'esperienza che, spesso, è di seconda, se non di terza mano. I decaloghi sono come le autobiografie: si scrivono quando alle spalle compare minacciosa la grande livellatrice.
Ho detto di non dar retta ai decaloghi, non di non leggerli.
Leggeteli, però, come leggete gli Oroscopi: ben sapete che sono mille sciocchezze che non hanno nessuna attinenza con la realtà. Passerete cinque minuti in allegria e vi comporterete come vi sentirete di comportarvi, alla faccia delle rosee o funeree previsioni delle Stelle.
Dovete passare l'adolescenza e l'unico comandamento valido è quello di uscirne vivi (...e magari allegri ). Ecco, se con questo decalogo monco sarò riuscito a donarvi un sorriso, avrò assolto al mio compito, forse l'unico che valga veramente la pena di svolgere a questo mondo.

Arz62©




domenica 27 novembre 2016

Gufi, rosiconi e Costituzione

Un mio piccolo contributo per illustrare la nostra Costituzione. Mi sono occupato dell'articolo 18. Un grazie a Luisa Marchini che si è sobbarcata un lavoro mastodontico per raccogliere a coorte schiere di disegnatori di ogni sorte e risma.
Potete scaricare gratuitamente l'ebook a questo indirizzo:
Gufi, rosiconi e Costituzione

Decalogo dell'imbecille in Rete (repost)



Ripubblico il Decalogo che ho pubblicato l'anno scorso in merito agli imbecilli in Rete. Per non dimenticare.


Decalogo dell'imbecille in Rete
di Arz

1- L'imbecille non sa di essere un imbecille. Anche se discuterà con cento persone che gli danno dell'imbecille, egli avrà sempre la ferma convinzione che gli imbecilli siano gli altri.

2- L'imbecille ha granitiche certezze. La prima delle certezze inscalfibili dell'imbecille è quella di non essere un imbecille.

3-L'imbecille è particolarmente aggressivo. Il suo stile è assertivo e il discorso dell'imbecille rifugge l'argomentazione, anche se ha la parvenza di un discorso argomentato.
Messo in difficoltà, egli risponde alzando il tono della provocazione e accusando il suo interlocutore di essere un imbecille.

4- L'imbecille non ha mai torto, non conosce né il “forse”, né il modo condizionale; ha una certa predisposizione per l'imperativo alla fine di ogni discussione, invitando chi lo controbatte con le armi della razionalità a recarsi in un paese che non è segnato in nessuna cartina geografica ( "Vaffanculo”).

5- Raramente l'imbecille , come gli animali, perdente sul piano della discussione intellettuale e chiuso in un angolo, si fingerà morto, sparendo dalla discussione. Mai si darà alla fuga. La capacità di chiedere scusa per la violenza verbale riversata sui loro poveri interlocutori non rientra nelle caratteristiche di base del vero imbecille.

5- L'imbecille in Rete è più verboso dell'imbecille nella realtà quotidiana e, esercitando la sua imbecillità quasi quotidianamente attraverso la parola , farà sempre meno errori di grammatica e di ortografia tanto da non distinguersi, dal punto di vista formale, da una persona intelligente che scrive in Rete. La natura camaleontica dell'imbecille è nota e pericolosissima, perché qualche volta si rischia di confondere la persona intelligente con un imbecille e un imbecille con una persona intelligente.

6-L'imbecille rifugge la mitezza e la moderazione; ha una visione virile della discussione. La misura della sua virilità è data dal restar fermo sulle proprie posizioni, anche quando sono palesemente insostenibili, dal tono sempre sopra le righe e, per i meno astuti tra gli imbecilli, dalla volgarità del linguaggio.
Il “forte sentire”, accompagnato dal “forte urlare” ( che in Rete si rende con l'utilizzo delle maiuscole e con la proliferazione incontrollata dei punti di esclamazione), rafforza nell'imbecille l'idea che quello che sta dicendo è vero e sacrosanto.

7- L'imbecille non riconosce altra autorità che se stesso. L'idea che qualcun altro sia più competente di lui non lo sfiora.
L'etimologia della parola “imbecille” indica colui che è debole e avrebbe bisogno di un bastone.
Se l'imbecille utilizzasse il bastone dell'intelligenza potrebbe anche essere convincente.
Il bastone preferisce, però, darlo sulla testa dei suoi interlocutori, mentre dovrebbe utilizzarlo, come logica vorrebbe, nella migliore delle ipotesi, per sostenersi nel difficile cammino della vita intellettuale e , nella peggiore, per darselo in testa per punirsi per la propria pocaggine.

8- Discutere con un imbecille è inutile. Gli aforismi a riguardo si sprecano.

9- L'imbecille e lo stupido possono confondersi, ma secondo la definizione di C.M. Cipolla lo stupido reca, nel contempo, un danno a sé e agli altri. L'imbecille, a mio modestissimo avviso, è più simile al bandito. Egli crea sì un danno agli altri, ma riesce ad ottenere un vantaggio personale: quello di rafforzare l' idea di essere intelligente, insufflando linfa velenosa nella pianta sana del ragionamento altrui.
L'imbecille è un avvelenatore di pozzi ed è fiero di sé come le Arpie dopo aver insozzato con le loro feci le mense imbandite dove si serve il pan degli angeli .

10- L'autore del seguente decalogo è un imbecille, in primo luogo perché non sa di essere un imbecille come afferma la prima legge del decalogo, in secondo luogo perché ingenuamente pensa che un imbecille, leggendo il decalogo, riconosca se stesso.
In realtà, questi confermerà una sua certezza: gli imbecilli sono gli altri e riderà di loro, di gusto.
Va anche detto che, forse, anche alcune persone intelligenti apprezzeranno il decalogo, perché, consapevoli che lampi di imbecillità appaiono anche nel cielo sereno di chi usa correttamente la propria testa, rideranno un poco di se stesse.

La Boldrini, il Webetismo e il Fascioleghismo.

Come sapete, Laura Boldrini non piace a molti. E' stata oggetto di critica per il suo impegno per i Rifugiati , non è un mostro di simpatia ( durante un suo intervento alla TV, tempo fa mi è sembrato che un collaboratore le avesse consigliato a bassa voce di sorridere...evidentemente non le viene naturale!) ed è un bersaglio esplicito del fascioleghismo nostrano (il cui punto più basso è stata la tristissima sceneggiata della bambola gonfiabile di Salvini).
Su Facebook la Presidente della camera dei Deputati è inondata da messaggi non solo sessisti, ma da insulti a ruota libera e da minacce esplicite.
Intendiamoci: la Boldrini può essere criticata da chiunque e a nessuno si può negare la possibilità di non condividere le sue posizioni politiche e/o istituzionali.
Qui, però, si parla d'altro. I Webeti scrivono con nome e cognome, si macchiano di una serie di reati non da poco ( calunnia, oltraggio , apologia di reato et similia) che non hanno nulla a che fare con la libertà di opinione ( credo che in cuor loro pensino che sia una libertà illimitata e “absoluta”).
Il responsabile morale di questa deriva , sia chiaro, è un europarlamentare ( gonfiandosi il petto e protendendo la mascella, credo persino che se ne vanti), ma la responsabilità penale è individuale.
Bene ha fatto la Boldrini a pubblicare un sunto delle offese al suo indirizzo e, se volete farvi un'idea della tipologia delle persone che si dedicano a questi esercizi di rutto libero, non avete che da recarvi nei loro profili Facebook.
Molti sono stati cancellati, altri sono ancora attivi, purgati dai post incriminati.
Male farebbe la Boldrini a non denunciarli e a non chiedere risarcimenti milionari.
Temo che non lo farà, pur godendo della condizione di privilegio di non doversi preoccupare più di tanto delle spese legali.
La via legale, quella che punisce i signoli abusi, è, a mio modesto avviso, l'unico modo corretto per far rispettare le regole di convivenza su Internet (anche se ho la sgradevolissima sensazione che prima o poi si sceglierà una via normativa che restringerà la libertà di espressione su Internet, così come sta avvenendo nelle grandi autocrazie mondiali,v. Putin e Erdogan su tutti).
Le leggi ci sono, basterebbe solo applicarle ( anche se non “sufficit”, viste le caratteristiche dell'Italiano medio; ci vorrebbe più scuola e più cultura, ma, in merito, abbiamo calato le braghe da un bel trentennio).
Insomma, tanto per metterla sul piano generale e magari buttarla in caciara in vista del Referendum: è inutile ritoccare Costituzioni e Leggi, quando quest'ultime non vengono applicate o per l'estensione del fenomeno o per le difficoltà di controllo.
Le riforme di legge o costituzionali che nascono dalla mancata applicazione di leggi e della Costituzione vigenti costituiranno solo il classico tappetino che tenta di nascondere pietosamente la polvere: quella di uno Stato deboluccio e del peggiore dei popolacci che purtroppo non riesce, anche a fronte di una legislazione punitiva , a modificare e a vergognarsi dei propri pessimi costumi ( cito solo Leopardi...non sparate sul pianista! Rileggetevi in calce gli stralci de “Il discorso sopra lo stato presente dei costumi degl'Italiani”, e mi capirete meglio).
arz62


Il vincolo e il freno delle leggi e della forza pubblica, che sembra ora essere l’unico che rimanga alla società, è cosa da gran tempo riconosciuta per insufficientissima a ritenere dal male e molto più a stimolare al bene. Tutti sanno con Orazio, che le leggi senza i costumi non bastano, e da altra parte che i costumi dipendono e sono determinati e fondati principalmente e garantiti dalle opinioni” […] “Primieramente dell’opinione pubblica gl’italiani in generale, e parlando massimamente a proporzione degli altri popoli, non ne fanno alcun conto. Corrono e si ripetono tutto giorno cento proverbi in Italia che affermano che non s’ha da por mente a quello che il mondo dice o dirà di te, che s’ha da procedere a modo suo non curandosi del giudizio degli altri, e cose tali”. […] “Le classi superiori d’Italia sono le più ciniche di tutte le loro pari nelle altre nazioni. Il popolaccio italiano è il più cinico di tutti i popolacci. Quelli che credono superiore a tutte per cinismo la nazione francese, s’ingannano. Niuna vince né uguaglia in ciò l’italiana. Essa unisce la vivacità naturale (maggiore assai di quella de’ francesi) all’indifferenza acquisita verso ogni cosa e al poco riguardo verso gli altri cagionato dalla mancanza di società, che non li fa curar gran fatto della stima e de’ riguardi altrui ...”

domenica 13 novembre 2016

Renzi ovvero della persuasione debole. Fletto i muscoli...e sono nel vuoto!

Come al solito, parto dalla fonte della mia irritazione: c'è una foto in cui Renzi, mentre parla da Palazzo Chigi, ha alle sue spalle una sfilza di bandiere italiane. La bandiera europea, che lo aveva accompagnato nei suoi discorsi precedenti dalla sede del Governo, è scomparsa.
Il diavolo si nasconde nei dettagli, lo sappiamo, basta saperlo scovare.
Abbiamo assistito negli ultimi tempi al tentativo del buon Matteo di smarcarsi ( direi fuori tempo massimo) dall'Europa dell'austerità e Renzi, che deve molto all'Europa, prova ora a risalire la china, sentendo puzza di bruciato sugli esiti del Referendum.
Nulla di male: oggi prevale il pensiero binario con la casta/establishment o contro la casta ( da leggersi con attenzione l'intervento di Gilioli a riguardo:Schema binario).
Matteo, che ha un buon olfatto per l'aria che tira, flette i muscoli e intima all'Europa:”Fuori dal patto di stabilità! Terremoto e emergenza dell'edilizia scolastica si affrontano senza il vostro bollino blu!”. 
( "Abbasso la Chiquita! Viva la Libera Repubblica delle Banane!" ;-))
Bene. Benissimo. E' sua facoltà farlo.
Qualche spin doctor e qualche esperto della comunicazione ben prezzolato ( forse troppo ben prezzolato rispetto alle ideuzze offerte) devono avergli fatto capire che alle parole minacciose devono seguire i fatti.
E i fatti, in effetti, scusate il bisticcio, gli unici evidenti, ci sono: sono scomparse le bandiere europee a Palazzo Chigi.
Ecco, credere che l'elettorato sia così ingenuo da non cogliere questi espedienti da quattro soldi, questa forma ingenua di persuasione subliminale, è, a mio modesto avviso, un errore fatale.
Insomma, quando un espediente persuasivo è nuovo, tutti ci cascano ( tranne i pochi che lo conoscono o che l'hanno ideato), ma quando l'espediente è abusato o troppo evidente, non solo perdi di credibilità e nessuno ti fila, ma crei disastrosi effetti controproducenti a catena.
Negli anni Settanta , se non sbaglio, qualche adepto degli Hare Krishna utilizzava un trucchetto ingenuo, ma efficacissimo: ti metteva in mano un oggettino accompagnando il gesto con un affabile sorriso a trentadue denti: “E' un regalo!”.
Tu, imbambolato, te ne restavi lì un po' perplesso ( quando mai qualcuno ti regala qualcosa?) e poi l'abile intortatore ti estorceva senza troppa fatica un po' di denaro. Come avresti potuto deludere una persona che ti regala qualcosa?
Ora a più di quarant'anni di distanza, per strada, capita di assistere a scenette piuttosto divertenti: sedicenti rappresentanti di ogni categoria svantaggiata (e,spesso, sono truffatori della peggior specie, perché minano nel profondo ogni rapporto di solidarietà...) cercano di piazzare nelle mani dei passanti un qualche amenicolo, ma , essendo la tecnica nota ai più, molti di loro si contorcono qual serpenti nelle Malebolge pur di evitare il contatto. Solo i più inesperti (i più giovani) cascano di nuovo nella trappola arrugginita.
Gli ottanta o i cinquecento euro piazzati nelle mani degli italiani sicuramente non cadranno per terra, ma qualche spin doctor o qualche esperto nella comunicazione dovrebbe avvertire Matteo che il giochino è logoro. Togliere la bandiera europea per raffigurarsi come difensore dell'italianità dura e pura gli porterà molti più guai di quanto pensi. 
Perché il popolo, e il nostro in particolare, ama farsi sedurre, è vero, ma quando capisce di essere stato ingannato, abitualmente reagisce in malo modo. 
E non ci sarà nessuna Celere a poter difendere Matteo, anche perché, diciamocela tutti, alla Celere il Renzino, nonostante il pietoso tentativo di rappresentarsi come il Mascelluto del Ventennio contro le demoplutocrazie europee, sta particolarmente sugli zebedei. 
E flettere i muscoli, come Ratman ci insegna, in ispecie quando il muscolo è flaccidino, è il primo passo per cadere nel vuoto.
arz62


lunedì 7 novembre 2016

Il Berlusconismo, malattia infantile (e mortale) del Renzismo.

Leggo spesso tra gli scritti di coloro che plaudono all'era Renzi, e parlano sul serio, che Renzi costituisce nei fatti una discontinuità rispetto al berlusconismo.
Mi intristisco un poco perché da un po' di anni sto raccogliendo gli indizi, direi le prove, che il berlusconismo non è morto affatto e sopravvive, come Alien nei corpi dei poco avveduti astronauti, nella lingua, nelle movenze e, ahimè, nei pensieri di chi dovrebbe rappresentare il “nuovo” e l'inedito, rispetto al tristissimo ventennio berlusconiano.
Parto, more solito, dall'ambito linguistico.
Alla Leopolda Renzi dice ( la sintesi è giornalistica, ma il filmato lo potete reperire facilmente in Rete): "Con il referendum costituzionale, siamo ad un bivio : è il derby tra passato e futuro, tra cinismo e speranza, tra rabbia e proposta, tra nostalgia e domani" .
Non ci vuole un linguista di professione per capire che il campo semantico in cui si muove Renzi è lo stesso di Berlusconi, quello calcistico marezzato qua e là da qualche pennellata gramsciana e vagamente di sinistra. Si parte dallo "scendere il campo” e si arriva al “derby” dicotomico tra “odio”dell'universo mondo verso l'”amore” renziano ( qui siamo nel berlusconismo distillato), tra il cinismo della ragione e la speranza della volontà , tra la rabbia e la speranza del sol dell'avvenir ( solo qui effettivamente, nell'accenno al sol, non alla rabbia, sia chiaro, si respira aria un po' gramsciana e vagamente di sinistra), sino alla chiusura tra la nostalgia del passato e la promessa del domani che non diverge di molto dalle nostalgie mussoliniane di “Giovinezza giovinezza, primavera di bellezza”.
Ma il berlusconismo prevale nella chiusa del discorso:
"In un mondo nel quale si vive la dimensione della contestazione che diventa odio ( ripetuto tre volte e la triplice replicatio è , ahinoi, uno stilema mussoliniano, mentre la contrapposizione tra due termini opposti, di cui uno già connotato negativamente, è più vicino all'armamentario retorico berlusconiano) abbiamo un'unica opportunità: recuperare la politica andando casa per casa, andando incontro alla gente. L'italia è a un bivio: deve scegliere se essere la patria del gattopardo o dell'innovazione. Dell'ennesima occasione perduta o laboratorio del futuro".
Il nuovo contro il vecchio, Guelfi versus Ghibellini, è un vero peccato che sia un “nuovo” che puzza tremendamente di vecchio.
Faccio il mio solito vaticinio ( ne ho azzeccati alcuni, purtroppo!)
Sento puzza di forza e di vecchie mutande” ( Ricky Gianco), sento puzza di “grande coalizione” con Berlusconi dopo gli esiti del Referendum. 
Scommettiamo? ;-)

arz62

domenica 23 ottobre 2016

La Buona scuola: voce del verbo "Demansionare"

La parola “demansionamento” fa un po' paura. Significa che tu, lavoratore, prima hai un ruolo e poi, improvvisamente, ti ritrovi a ricoprirne un altro, dequalificato rispetto ai tuoi titoli e rispetto alla tua mansione precedente.
Sono convinto che il demansionamento che si basa su quel prefisso “de” ( per chi non sa il latino significa che il movimento è dall'alto verso il basso) sia un imbroglio bello e buono quando si traveste con nomi che hanno invece connotazione positiva. Il più noto è “flessibilità”.
Da vent'anni ( da trenta, forse?) alla parola “flessibilità” si sono inchinati tutti ;-) ( il termine implica i termini “dinamismo” , “adattamento”, che , da Darwin in poi, fanno sempre pensare bene: chi si adatta, come ben si sa, sopravvive. Il corollario che gli altri, i debolucci, possano soccombere, invece, viene ben nascosto).
Nel mio piccolo, lavoro nel campo dell'educazione, vedo che persone che si occupavano un tempo all'educazione si occupano sempre più frequentemente di aspetti burocratici.
Si vuole formare un “middle management” che si occupi degli aspetti organizzativi e dei finanziamenti  
(prevalentemente europei, perché il Ministero dell'Istruzione è sempre più avaro) per far funzionare la baracca “scuola”.
Ecco, costoro, quelli che verranno premiati ( per pochi, pochissimi, spiccioli, sia chiaro) per il loro impegno extrascolastico, sottratto, more solito, a quello scolastico, quelli che si occuperanno di interpretare i vari PON che stanno cadendo qual pioggia battente sulla scuola, gli uomini di buona volontà che provvederanno per via telematica al corretto funzionamento della nuova/buona scuola, i sempreconnessi che saranno reattivi agli input continui che provengono dal Ministero, non hanno colto il nocciolo della questione: prima insegnavano, e avevano un ruolo "prestigioso" , e forse per questo sono stati scelti come persone fidedegne per il nuovo che avanza, ora sono di fatto demansionati al ruolo di applicati di segreteria ( di cui, sia chiaro, ho il massimo rispetto, ma che si occupano di un lavoro che non ha nulla a che fare con l'insegnamento), di operatori e esecutori acritici di ciò che viene proposto gerarchicamente dall'alto.
Guadagneranno pochi denari in più, è vero, ma il loro petto non potrà gonfiarsi più di tanto, temo, pur riconoscendo in loro le competenze, l'entusiasmo e il desiderio di migliorare il mondo in cui lavorano e operano. Quando i migliori raggiungono il loro livello di incompetenza , secondo la nota legge di Murphy, il sistema comincia a scricchiolare, ma evidentemente la cosa non interessa a nessuno. O meglio: la cosa interessa tantissimo, ma è meglio non parlarne troppo in giro.
arz62


venerdì 2 settembre 2016

Riflessione di un badilante della Satira sulla vignetta di Charlie Hebdo


So di mettermi in un ginepraio e di graffiarmi coi rovi, fino al dissanguamento, ma il tema mi interessa, e molto, anche se il tacere, in questi casi, sarebbe, in situazioni diverse, un'opzione preferibile.
Mi espongo perché sento forte una puzza di bruciato, un desiderio di censura e di limitazione della libertà di espressione. Partiamo dai dati concreti: ecco la vignetta di Charlie Hebdo che ha creato il caso.




L'associazione Italia-Pasta è banale, d'accordo, ma il disegnatore francese “parla” prevalentemente ad un pubblico francese. E' uno stereotipo. La Satira non ne è esente, anzi.
Per attirare l'attenzione del lettore, spesso e volentieri, lo stereotipo è la via più semplice, la più immediata. Volete richiamare l'Italia e state parlando ai francesi, che cosa fate? Richiamate uno stereotipo che tutti possano riconoscere subito.
D'altronde , sfido chiunque a disegnare un francese presentandolo a un pubblico italiano senza ricorrere a qualche vieto stereotipo ( non gli mettiamo forse spesso un basco e i baffetti e gli facciamo dire : “Oui, je suis un tìp particolarment estrose?” Un francese, insomma, nel disegno non ha alcuna caratteristica che lo distingua da un italiano, a meno che non si ricorre a qualche “marca” caratterizzante nel linguaggio o nell'abbigliamento).
I due primi personaggi sono presentati chiaramente per creare qualche moto di solidarietà: non hanno un'aria allegra, tutt'altro: stanno soffrendo e sono in difficoltà. Non lo vedete? Io sì. 
L'elemento disturbante è l'ultima immagine.
Diciamo subito che molte vignette satiriche, a ridosso di avvenimenti di questo tipo, colpiscono, pesantemente e al di là delle intenzioni, chi è stato colpito direttamente. Ovviamente, fossi un parente, anche alla lontana, di chi è morto per il terremoto, mi indignerei , e non poco, a fronte della similitudine terremoto-lasagna ( farebbe il paio con quella spaghetti-P38 di un settimanale tedesco per descrivere il terrorismo italiano degli anni Settanta).
Ma la satira non è rivolta ai terremotati e spesso si occupa di avvenimenti che o sono distanti geograficamente o politicamente o storicamente: e chi non lo capisce non ha capito non solo la vignetta in oggetto, ma la satira in generale.
Forse non l'ho capita anch'io a pieno ( e certa satira, sappiate, utilizza volontariamente l'effetto “blur” per non far distinguere in modo chiaro il messaggio che vuole lanciare), ma mi sembra ovvio che nelle intenzioni del disegnatore vi sia l'obiettivo di mettere sotto il riflettore l'inadeguatezza del nostro sistema di prevenzione, la faciloneria con cui si mettono in atto sul territorio gli adeguamenti atti per limitare l'impatto degli effetti dei terremoti. Non siete forse tutti d'accordo?
L' errore del disegnatore è un altro: è quello, avendo sottovalutato l'effetto sfumato della vignetta, di aver prestato eccessivamente il fianco a interpretazioni malevole, quelle che spingono, guarda caso, alla censura e alle limitazioni della libertà della satira, anche da parte di chi ha mirato senza ritegno alla provocazione pura non nel campicello della satira politica, ma della politica in senso stretto. 
Elimino l'effetto “blur”, per evitare equivoci: sto parlando di Calderoli...e ho detto tutto! ;-)
arz62

martedì 30 agosto 2016

Webete: per un'ecologia della Rete.



Il neologismo “webete” ( ma sembra che “neo” non sia del tutto) sta spopolando. E' un termine efficace, una bella “parola macedonia” e Mentana, l'onomaturgo, la sta usando in modo acuto per sbugiardare i cosiddetti “avvelenatori di pozzi”.
Mentana ha molto da farsi perdonare e verginello sulla correttezza dell'informazione non è; 
sta di fatto che la battaglia contro l'idiozia di coloro che diffondono le tossine delle informazioni farlocche va combattuta ed è sacrosanta.
Mentana, però, se la prende più coi singoli, coloro che si bevono qualsiasi informazione sul Web, meno con i siti acchiappaclick, molti dei quali diffondono idee razziste e populiste, che non sono altro che grandi collettori di pubblicità: parlano alla pancia del Paese per riempire la propria, tanto per essere chiari.
La censura non piace a nessuno e spesso non è facile districarsi tra siti politici, satirici che veicolano contenuti discutibili, ma pur sempre leciti; testate come “Imola Oggi”, “Piove governo ladro” , “Catena umana”e compagnia bella , però, sono note a tutti ( anche alla polizia postale) come veicolatrici di bufale a tonnellate. Eppur non si interviene, anche se gli estremi per la denuncia sono facilmente reperibili nel nostro codice civile e penale.
Insomma, il Webete è il proprietario ed è responsabile del proprio pozzo, ma la fonte o la falda freatica da cui spesso attinge andrebbe presidiata meglio. O no?

arz62

domenica 28 agosto 2016

W la Scuol!

Eccovi un maltusiano per l'inizio dell'anno scolastico, condito dal pessimismo di giornata corroborato dai fatti: un'altra ala della scuola di Amatrice è crollata, infatti!


Una scuola è quella cosa
che ci vanno tutti quanti;
educar tutte le menti
è la sua vera vocazion.

Una scuola è anche cosa
che di regole si pasce,
le inculca ai bimbi in fasce,
per la loro educazion.

Ma la scuola è quella cosa
che, dimentica degli anni,
mostra crepe e molti danni
a strutture e ai pilon.

Anche s' ha nome di scuola,
se il cemento e l'armatura
non son d'ottima fattura,
si disgrega poco a poc.

Il presente maltusiano
senza norme, materiali,
con error sesquipedali
ha la stessa qualità:

se gli manca una vocale,
appar tronco di una parte,
se non ha né fil né arte
vivaddio, non sta in piè!

arz62



Terremoto e corruzione: Repetita, heu, iuvant!

Lo so, lo so...prevale il pessimismo della ragione. Non si invecchia per nulla! ;-)
Per corroborare il pessimismo bastano pochi secondi di visione di "Porta a porta" ( sconsigliato alle persone sensibili): Porta a porta

venerdì 19 agosto 2016

Bevute e piccinerie olimpiche



La notizia potete trovarla ovunque. I nuotatori della nazionale USA, durante una notte brava in cui devono aver scolato parecchie bottiglie, forzano la porta di un bagno di un distributore di benzina e, dopo un battibecco col proprietario,  lasciano, come i ricchi viziati sanno fare benissimo, degli spiccioli per mettere a tacere il tutto.
Non contenti si inventano una rapina che vuole mettere in cattiva luce i loro ospiti brasiliani e che risulta utile per esercitare il vittimismo dei carnefici.
Perché ne parlo? Perché l'atteggiamento mentale dei nuotatori USA ha molto a che fare con i meccanismi mentali del leghismo nostrano: quando non si hanno notizie di giornata su una minoranza ( nell'ordine storico: meridionali, albanesi, Rom, Cinesi e ora profughi di ogni guerra), si inventano bufale incredibili solo per confermare un pregiudizio ( o, per essere più corretti, un giudizio incrollabile).
 E Internet è una cassa di risonanza fenomenale delle balle stratosferiche, come tutti sanno.
Affermare che in Brasile non ci sia una violenza diffusa è una sciocchezza, ma inventarsela di sana pianta per coprire le proprie magagne e piccolezze è un atto di viltà particolarmente odioso.
Traslato nel nostro campicello: incolpare gli sfigati di tutto il mondo del nostro oggettivo impoverimento ( che forse ha più a che fare con il nostro vittimismo e con la  nostra piccineria) non ci rende né più ricchi né più felici. Più stupidi, sicuramente.
arz62

martedì 9 agosto 2016

Le "cicciottelle" e la deriva del giornalismo italiano.



Premessa: non mi piace per nulla che, per un errore di stile e di espressione, qualsiasi persona ( e tanto più un lavoratore dell'informazione) sia impiccato al primo albero maestro a disposizione.
La scivolata del direttore dell'inserto sportivo de “Il Resto del Carlino” ( e di altre testate) è stata grave: gli atleti si misurano rispetto le loro prestazioni, non per il loro aspetto fisico ( che direbbe Tassi dei lottatori di Sumo? ) e l'uscita sulle tiratrici di tiro con l'arco è stata improvvida.
E' stato punito dal suo editore che l'ha rimosso dall'incarico di direttore e , a mio avviso, sta bene così: non vorrei , comunque, che perdesse né il lavoro né la pensione ( sembra che Tassi, tra l'altro, sia pensionando).
Gli errori fanno parte della nostra vita ed è giusto che si paghi uno scotto, ma , sia chiaro, proporzionato rispetto alla colpa, come Cesare Beccaria insegna.
Quello che non mi garba è la sottovalutazione nel mondo dell'informazione della funzione che un giornalista ha nella nostra società. La libertà di parola, di opinione e di stampa è una gran conquista ed è importante che chi di professione si occupa di diffondere le informazioni ne sia consapevole. Un giornalista è un giornalista, come una rosa è una rosa.
Di fatto, se guardiamo nel panorama del giornalismo italiano c'è da spaventarsi: ci sono giornali che hanno utilizzato dossier dei servizi segreti per sputtanare avversari del finanziatore in solido del loro giornale, “giornalisti” che programmaticamente diffondono paure e incertezza, basandosi su notizie farlocche e poco attendibili, utilizzando tecniche comprensibili nel mondo di Internet, non in quello della carta stampata.
Un giornalista, insomma, non può ( non dovrebbe) scherzare, fare lo spiritoso, alludere senza utilizzare abbondantemente gli emoticon ( tecnica ancora non entrata nell'uso dei titolisti dei giornali).
Lascino questo compito alla satira che, nella sua arbitrarietà, non può creare grandi danni: al massimo non farà ridere.
Lo stesso discorso vale per chi si occupa di politica: augurarsi che il proprio avversario politico sia eliminato fisicamente, come recentemente è successo, non è un esercizio della libertà di parola, anzi, è, stricto sensu, apologia di reato.
Il lassismo di giornalisti e uomini politici in merito e lo sconfinamento del concetto di libertà di parola in libertà di dire tutto quello che si vuole porteranno, e c'è qualche avvisaglia che ciò stia avvenendo senza bisogno della sfera di cristallo, a restrizioni della libertà di espressione.

La Turchia, ahimè, è vicina.
arz

domenica 7 agosto 2016

Rondolino e gli insegnanti, il paradigma di come il linguaggio della Destra abbia vinto alla grande.

...che la lingua ( e dunque il pensiero) del Berlusconismo e del Leghismo abbia contagiato non solo il linguaggio dei social, ma di gran parte dell' (ex?) elettorato di Sinistra, è un dato di fatto , ed è il segnale innegabile della loro vittoria postuma ( in senso politico, of course), nonostante l'appannamento dei loro leader ( diciamocela tutta, solo per questioni di età: fossero ancora in forma Berlusconi e Bossi farebbero ancora sfracelli).
Leggo commenti ad alcuni post di alcuni esponenti del PD e non è, a mio avviso, più distinguibile il linguaggio di quelli che presumo siano simpatizzanti del PD da quello dei più beceri leghisti. Qualcuno rivendica il diritto di stare a casa a Ferragosto con i propri cari? E giù improperi del genere: “Non hai letto il tuo contratto? Bene, se era previsto che tu lavorassi nei festivi, di che ti lamenti? Te l'ha ordinato il dottore di fare il commesso della Carrefour?”.
Gli insegnanti meridionali si lamentano per essere trasferiti in massa dal Sud al Nord? Sull'onda del commento di Rondolino “Imparate prima l'italiano e poi ne discutiamo” una lunga serie di offese all'indirizzo di una categoria privilegiata ( ...a 1300 euro al mese, accipicchia!)
Be', un po' di anni fa non avrei avuto dubbi sulla posizione politica dei commentatori: o erano di Forza Italia e si esprimevano così nel nome del sacro Golem del Liberismo assurto ad  idolo a cui religiosamente inchinarsi a 90°o della Lega, bercianti il mantra del “checazzovuoifannullonemeridionaleringraziailcielocheciaiil lavoro” ( da leggersi tutto unito e velocemente).
Orbene, ordunque, Dio è morto, d'accordo, ma che cosa è morto ora?
E' morto e stecchito il rispetto del lavoro altrui.
Partite IVA contro insegnanti, commessi della Carrefour contro impiegati, giovani contro vecchi, dipendenti contro liberi professionisti, l'un contro l'altro armati e con una rabbia incredibile in corpo da frustrazione repressa per lungo tempo.
Nessuno che si metta nei panni dell'altro, nessuno che provi un po' di comprensione per la sofferenza altrui (anche se ritenuta immotivata, sia chiaro).
La parola “solidarietà” non è più nel vocabolario di nessuno e l'empatia è bandita come una forma estrema di debolezza.
Tutti sono pronti a strologare sul contenuto del piatto degli altri ( e nel caso di Rondolino il suo è piuttosto ricco) e nessuno che si domandi ormai a quale tipo di umanità appartenga il mal seme d'Adamo chi si scaglia con violenza verbale (e senza un pizzico di ironia) su categorie sociali già di per sé sfigatissime.
Neppure il rimbotto genitoriale che ci tratteneva un tempo quando ci pungeva vaghezza di menare il più piccolo del gruppo ormai ha forza: le mamme e i babbi, come la cronaca ci insegna, ora , nei campetti di calcio delle nostre periferie, incitano  i loro pargoli a menare il più debole e a ingraziarsi il più forte.
Il Don Abbondio che è in noi non è mai morto, non trovate? ;-)

arz62

venerdì 29 luglio 2016

Sallusti ovvero il giornalista che non solo non conosce la Storia, ma che non sa neanche consultare Wikipedia.

Un articolo di opinione è un articolo di opinione come una rosa è una rosa , d'accordo, ma le opinioni per essere espresse in modo onesto ( anche quando sono divergenti dal nostro modo di vedere il mondo) dovrebbero essere corroborate dalla forza delle argomentazioni.
Sappiamo, e l'ho già scritto in più occasioni, che da un bel po' in Italia si confonde l'assertività ( accompagnata dai decibel dell'emissione vocale) con la verità. Traduco: puoi dire liberamente una cazzata, ma è importante urlarla in modo convincente per aver successo con un pubblico di undicenni non tanto svegli. Sapete bene chi ha utilizzato questo metodo da piazzista e Sallusti è il degno frutto di una stagione politica italiana che ancora avvelena i pozzi della ragione e della ragionevolezza.

Dopo la lunga premessa, vi invito l' esercizio un po' spiacevole di leggervi questo articolo di Sallusti:

( donerete un click al giornale, ma il mio intento è di levargliene almeno cento ;-))

Avete letto l'introduzione?Avete letto quello che scrive sul rispetto dei nazisti nei confronti delle chiese e dei preti? E' una cazzata sesquipedale.
Non c'è bisogno di essere di essere storici e scopavirgole patentati, basta utilizzare “Google search” o leggere “Wikipedia”:

Marzabotto:

Nella frazione di Casaglia di Monte Sole la popolazione atterrita si rifugiò nella chiesa di Santa Maria Assunta, raccogliendosi in preghiera. Irruppero i tedeschi, uccidendo con una raffica di mitragliatrice il sacerdote, don Ubaldo Marchioni, e tre anziani. Le altre persone, raccolte nel cimitero, furono mitragliate: 197 vittime, di 29 famiglie diverse tra le quali 52 bambini.

Eccidio di Boves:

A Boves molti sono fuggiti, in campagna, nelle ore e nei giorni precedenti, è rimasto principalmente chi non era in grado: anziani, invalidi, donne e bambini. Le SS incendiano il paese, circa 350 case la cifra ufficiale, e uccidono 25 persone compresi il parroco don Bernardi e Vassallo i quali, addirittura, vengono bruciati vivi.

Strage della Benedicta:

Il monastero della Benedicta, in cui si erano rifugiati gli uomini disarmati o meno esperti (secondo le testimonianze dei superstiti la grande maggioranza degli uomini delle due brigate era male armata o non armata) viene minato e fatto esplodere.

Mi fermo qui, perché l'elenco è lungo, ma evidentemente “invisibile” agli occhi del prode Sallusti.

Insomma la “premessa maior” del suo articolo non vale una cippa e di conseguenza il suo ragionamento ha lo stesso valore e forza dei numerosi sproloqui dei leoni da tastiera delle Rete.
In teoria dovrebbe essere pagato e ripagato come loro: tre/ quattro “mi piace” su facebook e il plauso di qualche analfabeta funzionale.
Mi risulta, però, misteri della Fede!, che qualcuno dia a Sallusti persino dei soldi e lo ritenga persino un ottimo giornalista! ;-)
arz62


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