Premessa: non mi piace per nulla che,
per un errore di stile e di espressione, qualsiasi persona ( e tanto
più un lavoratore dell'informazione) sia impiccato al primo albero
maestro a disposizione.
La scivolata del direttore dell'inserto
sportivo de “Il Resto del Carlino” ( e di altre testate) è stata
grave: gli atleti si misurano rispetto le loro prestazioni, non per
il loro aspetto fisico ( che direbbe Tassi dei lottatori di Sumo? ) e
l'uscita sulle tiratrici di tiro con l'arco è stata improvvida.
E' stato punito dal suo editore che
l'ha rimosso dall'incarico di direttore e , a mio avviso, sta bene
così: non vorrei , comunque, che perdesse né il lavoro né la
pensione ( sembra che Tassi, tra l'altro, sia pensionando).
Gli errori fanno parte della nostra
vita ed è giusto che si paghi uno scotto, ma , sia chiaro,
proporzionato rispetto alla colpa, come Cesare Beccaria insegna.
Quello che non mi garba è la
sottovalutazione nel mondo dell'informazione della funzione che un
giornalista ha nella nostra società. La libertà di parola, di
opinione e di stampa è una gran conquista ed è importante che chi
di professione si occupa di diffondere le informazioni ne sia
consapevole. Un giornalista è un giornalista, come una rosa è una
rosa.
Di fatto, se guardiamo nel panorama del
giornalismo italiano c'è da spaventarsi: ci sono giornali che hanno
utilizzato dossier dei servizi segreti per sputtanare avversari del
finanziatore in solido del loro giornale, “giornalisti” che
programmaticamente diffondono paure e incertezza, basandosi su
notizie farlocche e poco attendibili, utilizzando tecniche
comprensibili nel mondo di Internet, non in quello della carta
stampata.
Un giornalista, insomma, non può ( non
dovrebbe) scherzare, fare lo spiritoso, alludere senza utilizzare
abbondantemente gli emoticon ( tecnica ancora non entrata nell'uso
dei titolisti dei giornali).
Lascino questo compito alla satira che,
nella sua arbitrarietà, non può creare grandi danni: al massimo non
farà ridere.
Lo stesso discorso vale per chi si
occupa di politica: augurarsi che il proprio avversario politico sia
eliminato fisicamente, come recentemente è successo, non è un
esercizio della libertà di parola, anzi, è, stricto sensu, apologia
di reato.
Il lassismo di giornalisti e uomini
politici in merito e lo sconfinamento del concetto di libertà di
parola in libertà di dire tutto quello che si vuole porteranno, e
c'è qualche avvisaglia che ciò stia avvenendo senza bisogno della
sfera di cristallo, a restrizioni della libertà di espressione.
La Turchia, ahimè, è vicina.
arz
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