sabato 27 ottobre 2018

Armi a casetta. Il supermarket dei malintenzionati.

La notizia è qui : Corriere della Sera .

So di darmi la zappa sui piedi, perché rischio di prestare il fianco a chi ce l'ha con gli stranieri a prescindere.
Sto facendo una comodissima battaglia (inutile e per pochi intimi) contro l'estensione del diritto di avere un'arma, ma sapete come sono gli intellettuali radical chic?
Fumano comodamente il loro sigaro Avana sul divano, sorseggiando un vino d'annata, e straparlano sul loro yacht. Lasciatemi straparlare.
(Chi mi conosce sa che, in realtà, mi posso permettere solo Tavernello e un divano sfondato dell'IKEA, E non mi lamento, eh! ;-))

L'assassino in questione non aveva nessuna autorizzazione dallo Stato e deteneva quindi un'arma illegalmente.
Non c'entrerebbe quindi con l'improvviso amore per la legittima difesa a mano armata del nostro attuale governo.
Peccato che un intervento legislativo già in vigore da questa estate permetta a chi ha un porto d'armi di detenerne in numero più consistente a casetta. Comprese le armi automatiche.
Ecco: se io fossi stato prima dell'intervento legislativo un malintenzionato desideroso di avere un'arma per i miei turpi motivi, avrei dovuto disarmare una guardia giurata o introdurmi nottetempo nella casa di un Poliziotto o un Carabiniere.
Insomma, qualche rischio lo avrei corso, no?
Orbene, ordunque.
Quando il cheto pensionato terrorizzato dalle rapine si riempirà la casa d'armi, secondo voi, i veri malintenzionati di qualsiasi nazionalità dove andranno a recuperare gli strumenti per ammazzare il loro prossimo? 
Dal Poliziotto o dall'anzianuccio delle villette? 
Pin pin salamìn (o cavalin o pirulìn), pan mol pan fresch...  (è una conta orobica).

domenica 21 ottobre 2018

Piccola (e inutile) battaglia contro la diffusione delle armi ad uso e consumo della cittadinanza in nome della cosiddetta legittima difesa.

So di essere minoritario e, probabilmente, lo sarò fino alla fine della mia esistenza.
So che la gente "comune" (e le virgolette non vogliono essere offensive), e non solo,  ha una certa propensione per la giustizia rapida e istantanea. Senza processo.
So anche che alcuni dei cosiddetti garantisti del tempo che fu cavalcano questa onda, a mio avviso,  ben poco garantista, perché sanno ben discriminare, dolosamente, i reati che colpiscono maggiormente l'immaginario collettivo da quelli che sfuggono ai più.
Chi ruba miliardi con operazioni finanziarie che impoversicono gran parte della popolazione è un simpatico furbacchione, che viaggia in Mercedes e veste bene, lo scippatore di vecchiette va, al contrario, impiccato al primo palo. Subito. Perché è sporco, brutto e cattivo e, spesso, non veste alla moda.
La gente "comune" sogna di prendere la pistola per sparare allo scippatore, non c'è storia: di chi gli sfracella stipendio e risparmi non se ne occupa e, se se ne occupa, non li identifica in persone, ma in istituzioni, in "poteri forti" impersonali e evanescenti.
Canalizzare la rabbia su fantasmi plutodemogiudaicomassonici è solo un  modo astuto, e abusato, per aizzare le masse verso i più deboli.
Perché i fantasmi non hanno consistenza, ma i poveracci sì, e sono costituiti di ciccia e carne.
Date a chi si sente indifeso una pistola in mano, e sparerà a chiunque gli stia sonoramente sugli zebedei. Sparerà ad altezza d'uomo, perché sparare in aria non ha alcun effetto, lo sanno tutti.
Ecco il motivo della mia forte, fortissima, perplessità nel delegare al cittadino l'esercizio della Forza.
Mi fa specie che questo semplice ragionamento non appartenga più alla Destra, ma tant'è: ci sarà qualcuno che dirà che io sono il conservatore e loro i rivoluzionari.
Mi fa ancor più specie che le forze di Polizia non si rendano conto del pericolo che corrono nel favorire la giustizia "fai da te" dei cittadini.
Il primo colpo, se lo ricordino, verrà rivolto a loro. E dovranno rinchiuderesi nelle caserme. L'ho già detto e non spreco ulteriore fiato. Intelligenti pauca.

Veniamo al fatto:
Repubblica

Allora: c'è un commesso. Perché vuole un'arma? La risposta, presumo, sarà banale: gli piace sparare al tirassegno.
Orbene, ordunque. I vicini segnalano ai Carabinieri che il commesso li ha minacciati con la pistola. E' un tipo solitario e recentemente ha perso i genitori. Non ha compiuto nessun delitto sia chiaro per questo. Lo ha, però, commesso il commesso (scusate il gioco di parole), minacciando i vicini con l'arma. Non c'è nessuna denuncia, però. Solo una segnalazione alle autorità.
E che fanno le Autorità? Il buon senso direbbe: be', utilizzi le armi come pratica sportiva. Non sei gioiellere, non sei un addetto al trasporto valori, non vivi isolato e non sei stato già oggetto di tentativi di rapina e non sei un giornalista che sta mettendo nei guai qualche camorrista. 
In modo cautelativo, ti ritiro l'arma?
Nix.
Gli hanno lasciato la Beretta in mano, e, probabilmente, a norma di regolamento burocratico, non potevano fare altro.
E il commesso spara a due Cristiani (ma anche fossero Musulmani fa lo stesso).
Ecco, chi ha autorizzato il tutto, pur attenendosi alla Norma, non dorma per un po' di notti.
Poi gli passerà, ma sappia, fino al giorno del Giudizio Universale, che è stato un volenteroso carnefice dei due poveretti. 
Perché anche i peccati di omissione sono peccati: non si lascia in mano a chicchessia uno strumento di morte quando non vi sia una stringente necessità. E la necessità, un'arma data in mano a un commesso disoccupato e orfano, non c'era. 
Allargare le maglie delle concessioni o anche solo ventilare la possibilità di accedere con più facilità alle armi è già un'operazione non solo rischiosa, ma anche criminogena.
Ma nell'era dell'irresponsabilità delle proprie azioni, non vedo una volontà politica per gestire simili emergenze. Anzi. Si soffia sul fuoco. Bacioni! Sceglietevi bene i vostri vicini di pianerottolo!
arz62

Il sottile filo della discriminazione diventa in Italia gomena: il caso di Lodi e non solo.


Ricordo la trafila che, in base alle evidenze storiche, porta al genocidio.
Non dico che si debba ripetere, ma è bene che tutti sappiano che la via che conduce alla barbarie è abbastanza larga.
Il primo passo è DENIGRARE una minoranza e preparare il terreno per il resto attraverso stereotipie e generalizzazioni.
Si prosegue col non concedere PARI OPPORTUNITÀ al gruppo colpito, in nome della sicurezza e dell'ordine.
Poi si pensa a qualche forma di APARTHEID per passare a qualche forma di DEPORTAZIONE.
La conclusione del percorso prevede lo STERMINIO e il GENOCIDIO.

Impedire l'apertura ad una certa ora di negozi solo su considerazioni di carattere etnico è un'evidente mancanza di pari opportunità. Il carattere pretestuoso della chiusura forzata è evidente in questo breve articolo del 1935. Eh, ci saranno pure dei nazisti a Berlino! ;-)



Si avanzano motivazioni di ordine pubblico, ma il vero timore, ed è chiaro, è la concorrenza economica.
Un altro modo per discriminare è rendere impossibile la vita ad un gruppo etnico: un esempio lampante è la richiesta di certificazione di beni posseduti nei paesi di origine che è alla base dell'esclusione dei bambini extracomunitari nelle mense di Lodi dalle tariffe agevolate.
Sempre che sia possibile ottenerla, il costo per poter raggiungere l'obiettivo per qualcuno ( e non per altri), ossia un pezzo di carta, è sicuramente superiore allo sconto per poter usufruire a prezzo convenzionato alla mensa scolastica.

Scusate il paragone irrispettoso (ovviamente umoristico, anche se si tratta di cose serie), ma è per chiarire le idee: richieste come quelle di cui sopra equivalgono a chiedere improvvisamente, in un giorno a caso, magari di venerdì, come prerequisito per poter entrare il giorno successivo in aula agli insegnanti stagionati come me di certificare le vaccinazioni fatte non con un fogliettino di autocertificazione, ma con un documento ufficiale delle Mutue del tempo che furono.
Se riuscissi a sapere dell'esistenza del cartellino verde, se riuscissi ipoteticamente attraverso qualche barbatrucco a convincere, più probabilmente non a parole, ma in solido, qualche impiegato a sfidare strati di polvere da film horror di qualche archivio, maledirei in cuor mio l'ottusità di tale richiesta, giusta in termini di principio (un insegnante untorello? Giammai!), irragionevole nei fatti. 
So probabilmente anche quale sarebbe la mia reazione se qualcuno della Segreteria, vedendo nei miei occhi la remota possibilità di raggiungere l'obiettivo, avesse il coraggio di chiosare con il sorrisino tra le labbra: “Professore, il documento lo vogliamo qui per domani, mi raccomando! Sennò, nisba: lei sarà espulso dalle Scuole del Regno!”
Probabilmente, partirei, come mi vien facile, sì dalla denigrazione, dilettandomi a parlare del mononeurone della burocrazia italiana, ma passerei direttamente al tentativo di sterminio ipso facto del personale della Segreteria, saltando a pié pari i passaggi intermedi!
Con le miei mani, ovviamente, ché aborro le armi!;-)
arz62

sabato 20 ottobre 2018

Gli insegnanti? Meglio pazzi che sani di mente...


"Un insegnante di scuola pubblica primaria o secondaria inferiore guadagnerà sempre un po’ meno di un coetaneo che lavora nel settore privato, o meglio, avrà sempre la sensazione di guadagnare poco, rispetto alla fatica che accumula e all’importanza di quello che fa (credere che quel che fa è importante gli è del resto necessario, sennò non sopravviverebbe). A chi davvero nella vita preme il successo, non verrà mai in mente di fare l’insegnante. Non possiamo offrire a tutti uno stipendio da favola: qualche istituto di élite lo può fare, ma noi non educhiamo le élite, non siamo il ristorante stellato. Siamo la mensa. Forse possiamo offrirti altre cose: più benessere, la stima di chi vive nel tuo quartiere, persino qualche soldo in più che probabilmente ti meriti. Ma non puoi aspettarti di guadagnare come in uno studio privato. Se scegli di lavorare per la scuola pubblica, è perché ci credi, perché hai deciso che quello è il tuo campo di battaglia, perché è qualcosa che ti realizza o per lo meno non ti fa sentire inutile. E poi certo, è un lavoro che ti lascia a disposizione qualche mezza giornata in più (molte meno di quanto creda la gente, ma è meglio non dirlo troppo in giro, se vogliamo che resti un mestiere appetibile).
Insomma l’identikit dell’insegnante di sesso maschile – meglio scriverlo di nascosto, in fondo al pezzo – è quello di un romantico cavaliere di ventura. La buona notizia è che ce ne sono ancora di uomini così: bisogna solo perfezionare il reclutamento. È gente un po’ matta, senz’altro, ma se gli dai la battaglia giusta possono funzionare. Non puoi comprarli con due spicci in più (anche se non guastano). Devi far loro balenare l’idea che ci sia una crociata da vincere, un drago da sconfiggere, anche solo qualche mulino a vento da rimettere al suo posto. E devi controllare che si vestano in modo decente: altrimenti i genitori continueranno a scambiarli per i bidelli".

L'articolo parla della penuria di maschi nella scuola. Chiariamo: io vivo benissimo la condizione di maschietto in mezzo alle femminucce, ma francamente odio gli ambienti solo maschili o solo femminili.
La parte più difficile da digerire è quella tra parentesi: stiamo facendo di tutto per convincere i docenti che quello che stanno facendo NON è importante. Sopravviveranno a lungo, maschi e femmine?
Ah, la società, che sembra aver completamente disinvestito nell'istruzione, dovrebbe chiedere ai docenti di essere un po' pazzi?
Paranoici e allucinati, direi, novelli Don Chisciotte, ubriacati dalle troppe letture, con la lancia in resta per una battaglia che non esiste ;-)

P.S. Venenum in cauda: la notazione sui bidelli finale non mi è piaciuta per niente. Non è offensiva nei confronti dei docenti, ma nei confronti dei bidelli.




mercoledì 17 ottobre 2018

Contrordine, Camerati: l'Università sia aperta!


Per anni berlusconiani, leghisti e pentastellati se la sono presa con i professori, professoroni, professorini, insomma quelli che, sulla pedana della cattedra, li guardavano dall'alto verso il basso.
E, nell'era berluscoleghista, fioccavano tagli all'Istruzione. Non tagli: sfregi. 
E tutti a magnificare il valore del fare sullo studiare. Che cosa vale un titolo di studio quando tu sei bravo a fare qualcosa? Non c'è bisogno dei libri e della carta. La pratica val più della grammatica.
La cultura non dà pane, nevvero?
E giù picconate (da destra e da manca sia chiaro) all'Università di massa, guerra aperta agli studenti lavoratori con tasse universitarie che schizzavano verso l'alto, mortificando chi magari qualche desiderio di elevazione sociale legittimamente l'aveva coltivato.
Dall'Europa s'udì il grido d'allarme: “Avete pochi laureati! Attenti!” e, siccome a non dar retta all'Europa fa fico, ecco l'ideona di rendere il percorso universitario un percorso ad ostacoli: numero chiuso, in primis (ma ci sarebbere molto da discutere sulla riforma di Berlinguer, che nel tentativo di attirare i pesci, li ha fatti agonizzare nelle reti).
Perché la logica del numero chiuso non è quella che ci hanno sempre raccontato (e che è stata smentita dai fatti): non c'erano troppi medici.
La logica, l'unica logica bipartisan, è stata quella del taglio alla spesa (ovviamente solo all'Istruzione; in altri settori i soldi sempre a disposizione, v. aerei militari, condoni, prebende, soldi a pioggia ai singoli e alle banche et similia): tagliamo il numero dei docenti , aumentiamo a dismisura il numero dei precari a vita dell'Università (con retribuzioni vergognose e umilianti) per sopperire alla mancanza di docenti di ruolo (costano e poi hanno la puzza sotto il naso).
Per evitare che si facessero le lezioni nei cinema, nei teatri e negli stadi, dato il numero esiguo dei docenti e numero consistente di studenti, giocoforza bisognava introdurre un correttivo. 
Et voilà: ecco il numero chiuso.
Non solo in ingresso che sa di selezione naturale delle tartarughe appena uscite dall'uovo alla ricerca del mare, ma anche in uscita, con ingressi alle Specialità stretti come la porta del Paradiso.
E ora, improvvisamente, illuminati sulla strada di Damasco, l'ideona di coloro che hanno sempre detto il contrario: togliamo il numero chiuso nelle facoltà scientifiche* e la selezione la farà l'Università con gli esami. Che, detta così e da loro, refrattari da sempre agli studi universitari, ricorda tanto l'“Uccideteli tutti! Dio riconoscerà i suoi!” del legato pontificio davanti alle mura di Béziers...

* (Sappiano, ma è inutile dirglielo perché non ascoltano, che anche i laureati nelle Facoltà Umanistiche sono pochini e tra poco dovremo cercare i docenti di Lettere per le nostre scuole con la lanterna, come Diogene).

giovedì 11 ottobre 2018

L'esercizio della Forza e il caso Cucchi. La Destra a un bivio per non essere triviale.


Piace molto negli ambienti di Destra l'intervento di un avvocato che dice che bisogna ribaltare il concetto di semplificazione negli adempimenti burocratici: la semplificazione deve favorire il cittadino e non la burocrazia.
Sono d'accordo: il principio che si debba rispettare il più debole, sempre che lo sia, è un principio sacrosanto.
Lo stesso atteggiamento non vale, però, nello stesso ambiente politico, per quanto riguarda la gestione della forza in uno Stato democratico. A mio avviso, l'uso della forza deve essere sempre rivolto alla difesa del cittadino più debole.
Cucchi era nelle mani del più forte. Non era un santo, e nessuno lo ha mai negato, ma non meritava di essere massacrato di botte fino ad ucciderlo. So che fioccheranno i “se” e i “ma”.
Fiocchi anche il mio “ma”: ho più rispetto per chi ha assistito da pubblico ufficiale a qualcosa che non andava fatto, ma ha avuto il coraggio di parlare, rispetto a chi ha taciuto, si badi bene, non per amor corporativo, come molti ritengono, ma per i propri non sempre limpidi interessi, visto che si trattava di omicidio, anche se preterintenzionale. 
Il processo è in corso e tutto può cambiare, ma il principio dovrebbe essere saldo: chi detiene il potere di esercitare la forza è investito di una responsabilità più alta di quella dell'inerme cittadino. 
Ah, non lo dico io che sono un umorista chiacchierone. Lo dice la Costituzione!

venerdì 5 ottobre 2018

Volete cannoni o burro e marmellata? Il reddito di cittadinanza spiegato ai piccoli.


Stato totalitario
Ti impongo di spendere per quello che ti dico io. Non ti do denaro in contante perché non mi fido. Se sgarri, non ti do nulla e muori di fame. O vai all'estero o ti iscrivi al Partito dominante.
Soluzione perché tutto funzioni: tessera annonaria. 

Welfare State
Accerto attraverso severi controlli che tu abbia necessità. Ti offro aiuto in modo che tu possa uscire dalla tua condizione. Se compri altro, sei un coglione perché starai peggio e per sovrammercato ti dimostrerai un pessimo cittadino. Ti ho dato una possibilità e tu non l'hai sfruttata.
Soluzione perché tutto funzioni: controlli severi sul diritto di avere un aiuto di Stato.

Banana State
Do denaro a chi dice di essere in difficoltà. Non ho possibilità di controllare efficacemente che chi afferma di essere povero lo sia sul serio. Minaccio pene severe per chi sarà inadempiente senza avere il coraggio di andare fino in fondo perché sei anni di prigione non si danno neppure per rapina a mano armata.
Ti impongo di comprare il pane, perché il pane è un bene di prima necessità.
Se vuoi la marmellata, sei un povero immorale e col diabete.
Non ti impedisco di vendere il tuo pane per comprare la marmellata perché non ho organi di controllo (costano!) che possano arginare il fenomeno.
Soluzione perché tutto funzioni: nessuna.

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