sabato 29 febbraio 2020

Virus alla conquista del Mondo vs politici alla conquista dell'elettorato fragile.


I Virus sono più intelligenti di Zaia. Infatti, quando vedono una potenziale vittima, le saltano addosso senza considerare se sia bianca, gialla, nera o a pois, mentre Zaia se la prende solo con i gialli. Zaia pensa di eliminare i Cinesi (e prima di loro i Meridionali, gli Albanesi, i Rom, i Rumeni and so on), facendo fuori l'Umanità (con la u maiuscola), mentre i virus, che vogliono conquistare il Mondo, vogliono far fuori l'umanità (con la u minuscola) e colpiscono tutti senza guardare in faccia a nessuno.
Zaia fa bene, comunque, a parlare di igiene. Sta di fatto che , pur essendo igienicamente ineccepibili, rischiamo tutti lo stesso, tant'è che in Italia il 10% dei contagiati dal Coronavirus sono medici e infermieri, persone aduse ad utilizzare i guanti e a disinfettarsi ben bene.
Tirar fuori le abitudini alimentari bislacche equivale a mettersi allo stesso livello dei bimbi delle scuole elementari la cui offesa più frequente ai loro compagnucci Cinesi è quella di mangiare i cani, anche quando i loro coetanei ormai da anni pasteggiano a pizza e spaghetti. 
Il passaggio al Cinese che puzza, e non di mandarino, è vicino.
Insomma, per farla corta, giocare su queste questioncelle è infantile, ma fa il gioco di una politica scaltrissima che conta su un elettorato che non vede l'ora di avere conferma dei propri stereotipi: perché i virus degli altri, a loro avviso, sono sempre più virulenti dei loro come l'erba del vicino è sempre più verde.
Cominciano a pensarlo anche altri Paesi civili come i Francesi e gli Statunitensi, quando ora vedono un italiano:” Guardatevi da quell'italico! E' un portatore di virus! E, ovvove!, puzza d'aglio da qui a un chilometro!”, quando ormai, da anni, nella nostra cucina, l'aglio viene usato in modo parsimonioso per evitare spiacevoli inconvenienti sociali a pulzelle e pulzelli.

mercoledì 26 febbraio 2020

Il Bel Paese ai tempi del Coronavirus attraverso l'occhio di Don Lisander. (Terza puntata)


Arrivati il 14 di novembre, dato ragguaglio, a voce e
di nuovo in iscritto, al tribunale, ebbero da questo com-
missione di presentarsi al governatore, e d'esporgli lo
stato delle cose. V'andarono, e riportarono: aver lui di
tali nuove provato molto dispiacere, mostratone un gran
sentimento; ma i pensieri della guerra esser più pressan-
ti: sed belli graviores esse curas. […]

Due o tre giorni dopo, il 18 di novem-
bre, emanò il governatore una grida, in cui ordinava
pubbliche feste, per la nascita del principe Carlo, primo-
genito del re Filippo IV, senza sospettare o senza curare
il pericolo d'un gran concorso, in tali circostanze: tutto
come in tempi ordinari, come se non gli fosse stato par-
lato di nulla”.

La macchina burocratica si muove. Lentamente, ma si muove: relazione orale, relazione scritta, timbro e controtimbro.
Poi, dopo che i tecnici si sono decisi a scomodare i vertici, si va col cappello in mano dal potere politico che, cosa non nuova, non capisce una mazza.
Nella logica del benaltrismo il Governatore sbotta: “Perdinci! C'è una guerra in atto! Mi devo preoccupare di ben altro che di un'infezione misteriosa” e, per sovrammercato, dopo aver messo sul piatto le “curae belli”, organizza, visto che non ha tempo da perdere in pinzillacchere, una bella festicciola per le nozze dell'erede, mentre la peste, intanto, dilaga.
Così come oggi, c'è qualcuno che, dopo le ordinanze che vietano o sconsigliano assembramenti , facendo orecchie da mercante o da asino , se si vuole, organizza una bella convention di Partito con 1400 invitati “senza sospettare” e qui c'è l'ignoranza “o senza curare” e qui c'è la leggerezza “il pericolo d'un gran concorso”.

martedì 25 febbraio 2020

Il Bel Paese ai tempi del Coronavirus attraverso l'occhio di Don Lisander. (Seconda puntata)


Scoppiato il bubbone che rivela che di peste si tratta (ops!), ecco che succede:

"et ci parevano, – dice il Tadino, – tante creature seluatiche, portando in mano chi l'herba menta, chi la ruta, chi il rosmarino et chi una ampolla d'aceto". S'informarono del numero de' morti: era spaventevole; visitarono infermi e cadaveri, e per tutto trovarono le brutte e terribili marche della pestilenza. Diedero subito, per lettere, quelle sinistre nuove al tribunale della sanità, il quale, al riceverle, che fu il 30 d'ottobre, "si dispose", dice il medesimo Tadino, a prescriver le bullette, per chiuder fuori dalla Città le persone provenienti da' paesi dove il contagio s'era manifestato; "et mentre si compilaua la grida", ne diede anticipatamente qualche ordine sommario a' gabellieri. Intanto i delegati presero in fretta e in furia quelle misure che parver loro migliori; e se ne tornarono, con la trista persuasione che non sarebbero bastate a rimediare e a fermare un male già tanto avanzato e diffuso”.

Il quadretto che Manzoni ci offre dei primi uomini che sono venuti a contatto della peste è chiarissimo. Si affidano al prontuario della nonna, essendo uomini incivili e selvatici: qual miglior rimedio contro una malattia infettiva della menta e della ruta? Be', anche se muori perlomeno non ti puzza l'alito. La menta e la ruta stanno bene con la grappa (ottimo rimedio di tutti i mali), il rosmarino e l''aceto con il coniglio e l'insalata. Insomma, la farmacopea popolare non funziona, ma consola. Chiedere il parere ai medici (che erano scarsini allora, ma oggi no) è costoso , superfluo e poi bisogna far la fila: meglio affidarsi alla portinaia o alla Pepetua di turno, sempre disponibili a fornire consigli inutili e mortali, ma semplici e alla portata di tutti.
Il Tadino e l'auditore del tribunale fanno, però, il loro mestiere: abbiam visto, c'è un macello, su, si intervenga! Ma tra il dire e il fare c'è di mezzo la solita burocrazia. Si sente il rumore dei timbri e la lentezza della macchina dello Stato quando non vuole funzionare. Insomma, mentre con calma “si dispone”, si dà qualche indicazione poco chiara in modo che ogni grado inferiore del meccanismo scelga a sua discrezione, in una forma di feudalesimo delle mezzemaniche dove vassalli, valvassini e valvassori decidono a capocchia. Con la triste consapevolezza che le stalle sono state chiuse quando i buoi se ne stanno allegramente scorrazzando per le campagne, liberi come virus.
Piccola notazione: mentre oggi si isolano le comunità dove si è manifestato il male, allora si pensava più efficace chiudere le porte della Città in modo da isolare la Città perché non ci entrassero i villici infetti: che muoiano pure, ma lontano dalla Città.
Insomma, l'idea di confini che escludano o includano è correlato alle grandi paure da infezione. E c'è chi con le paure ci sguazza.

lunedì 24 febbraio 2020

Il Bel Paese ai tempi del Coronavirus attraverso l'occhio di Don Lisander. (Prima puntata)


Mi sono ripromesso di rileggere alcuni brani dei capitoli dei Promessi Sposi relativi alla peste e di commentarli. Non sono uno studioso del Manzoni (insegno alle Medie inferiori e la sopportazione degli allievi di quell'età alle raffinatezze manzoniane è scarsissima; le dosi manzoniane somministrate sono inevitabilmente omeopatiche, a dosi maggiori risulterebbero letali ai più), ma mi sembra opportuno oggi rileggere, in chiave ironica, nonostante i tempi cupi, i comportamenti dei personaggi di allora perché ritengo che possano insegnarci qualcosa ancor oggi. 
Mi scuso anticipatamente per gli errori in cui incorrerò, ma l'intento è ricreativo, mio e, spero, altrui. E scrivo coll'anulare della mano sinistra.


Il protofisico Lodovico Settala, chè, non solo aveva veduta quella peste, ma n'era stato uno de' più attivi e intrepidi, e, quantunque allor giovinissimo, de' più riputati curatori; e che ora, in gran sospetto di questa, stava all'erta e sull'informazioni, riferì, il 20 d'ottobre, nel tribunale della sanità, come, nella terra di Chiuso (l'ultima del territorio di Lecco, e confinante col bergamasco), era scoppiato indubitabilmente il contagio. Non fu per questo presa veruna risoluzione, come si ha dal Ragguaglio del Tadino. Ed ecco sopraggiungere avvisi somiglianti da Lecco e da Bellano. Il tribunale allora si risolvette e si contentò di spedire un commissario che, strada facendo, prendesse un medico a Como, e si portasse con lui a visitare i luoghi indicati. Tutt'e due, "o per ignoranza o per altro, si lasciorno persuadere da un vecchio et ignorante barbiero di Bellano, che quella sorte de mali non era Peste "; ma, in alcuni luoghi, effetto consueto dell'emanazioni autunnali delle paludi, e negli altri, effetto de' disagi e degli strapazzi sofferti, nel passaggio degli alemanni. Una tale assicurazione fu riportata al tribunale, il quale pare che ne mettesse il cuore in pace”.



Orbene, un medicone, di quelli con esperienza, ha subodorato qualcosa. Anzi, se il Manzoni scrive “indubitabilmente” vuol dire che il nostro protofisico ci aveva visto giusto. Ma perché mai credere agli esperti, prendendo da subito risoluzioni impopolari?
Non è meglio credere al primo barbiere che allora si occupava di bassa chirurgia e di estrazione dei denti?
Il commissario inviato ovviamente, accompagnato da un medico, crede alle parole del vil meccanico praticone. Il Manzoni non si spiega il loro comportamento: per ignoranza o per altro?
Eccovi il Don Lisander sibillino e mago del non detto.
E, dopo essersi bevuto un buon vinello col medico locale (nel testo non c'è questo quadretto, ma me li vedo davanti al calice: “Perché ficcarci nei guai? Se è ordinaria amministrazione, ci vediamo il prossimo fine settimana e andiamo in trattoria, eh?”), riportano il tutto al Tribunale della Sanità.
Già, perché, quando incombe un'emergenza, credere a una spiacevole verità quando c'è a disposizione un'ottima bugia confortante?

domenica 23 febbraio 2020

Decalogo per l'emergenza Coronavirus


Dovrei lavorare ( ho tre pacchi di compiti da correggere), ma, visto che si prospetta un periodo di pausa forzata per la prossima, ma non ancora emanata, ordinanza che bloccherà l'attività didattica in Lombardia per un po' di tempo, mi permetto, nella logica dell'Educazione civica dal Basso e del mio ruolo di Umorista in saldo, di dedicare un po' del mio tempo per alcune semplici considerazioni, ordinate in un Decalogo, sperando di essere utile e di strapparvi, qua e là e in una circostanza non divertente, un sorriso:

1- La misura di chiusura delle Università e nelle Scuole ha solo una funzione preventiva: si sta cercando di isolare il focolaio di infezione e di evitare di propagare il virus più del dovuto, anche perché i bimbi sono potenziali mine vaganti, meno controllabili degli studenti universitari.
Si lavano meno e puzzano di più.

2- Le misure proposte sono sicuramente antieconomiche, lo sanno tutti, ma il panico lo è ancora di più. Calma e gesso. L'economia non deve prevalere sulla salute, tranne che desideriate essere i più ricchi del cimitero.

3- Attenersi alle indicazioni degli enti preposti in modo scrupoloso è un dovere civile.
Ascoltare i medici che si occupano di malattie infettive e non le portinaie esperte di virologia fa parte di una branca del sapere poco frequentata ultimamente: la logica.

4-L'anarchia dettata dal panico porta a situazione parossistiche e deleterie: intasare il 112 perché non si è in grado di controllare le proprie pulsioni e le proprie paure danneggia, e pesantemente, chi ha bisogno di un intervento immediato.
Non vi serve il 112, ma il Lexotan o l' En, prescritto dal medico, ovviamente!

5-La mascherina serve per non contagiare gli altri. Se volete chiudervi in un bunker, non avete bisogno di incettare mascherine nelle Farmacie.
Se pensate di restare chiusi nel bunker per tre mesi, non fate incetta di carta igienica: se avete un bagno, è meglio usare il bidet.

6-Godete di questo periodo di inattività per leggere e rilassarvi.
Riprenderete la vostra attività, quando l'emergenza sarà terminata, con più vigore e più passione.

7- Dedicate il vostro tempo a tranquillizzare voi stessi e poi i più deboli e i più fragili, raccontando loro novelle divertenti e dilettevoli, così come insegna il Boccaccio e, nel suo piccolo, il sottoscritto.

8-Se state male sul serio, non sottovalutate la questione, ma chiedete aiuto. C'è anche chi, pur malato, vuol fare il di più. Chi ne saprà di più di voi vi potrà consigliare le tre elle (lana, letto, latte) o un antibiotico e un po' di riposo o, nella peggiore delle ipotesi, un ricovero.
Accettate il tutto con lo spirito giusto senza mettervi a litigare con la persona a cui avete chiesto una diagnosi e una prognosi. Se sapete già riparare la vostra macchina, è inutile che vi rivolgiate al meccanico. Altrimenti, affidatevi.

9- Le influenze in genere e il coronavirus comportano delle vittime. Pensare che non ci siano dei morti è stupido. Accusare qualcuno che si dedica ai malati di decessi che sono inevitabili in simili emergenze sanitarie è stupido. Nessuno desidera perdere i propri pazienti e i medici e gli infermieri sono i primi a soffrire per non essere riusciti a strapparli alla morte.

10- I decaloghi sono scritti per non essere letti. I consigli sono dati per non essere ascoltati. Il cervello, però, serve per trovare soluzioni logiche, razionali ed efficaci. Poi c'è chi pensa di non usarlo e di affidarsi all'istinto. E i virus allora hanno la meglio.

A margine del panico suscitato dal Coronavirus



Molti chiedono responsabilità nell'emergenza e poi “Libero” se ne esce con un titolo del genere.
Ovviamente scatta l'indignazione di rito.
C'è chi pensa che i giornalisti di questo giornale e di altri della stessa area o siano pazzi o ubriachi.
Ho già scritto che la foglia di fico della follia e, nel caso di Feltri, dell'Alzheimer e della tendenza al bicchierino di troppo, è deleteria.
Feltri, Senaldi, Belpietro e altri della cricca escono tutti dalla stessa pentola: sono giornalisti cresciuti a pane e Mediaset, il cui Padre e Padrone ancor oggi presumibilmente regge il peso finanziario delle querele e dei risarcimenti per le diffamazioni e calunnie a mezzo stampa per quelli che si definiscono“fuori dal coro”.
L'Uomo di plastica è stato un piduista, ha cercato in tutti i modi di smantellare la Costituzione, ha tenuto rapporti ambigui con la Mafia, è ancora il burattinaio della nostra malatissima Democrazia ed è, in pectore, ahinoi, il nuovo Presidente della Repubblica delle Banane italiane per la nostra Destra.
L'Innominabile, inoltre, tiene per le palle Capitan Findus, anche se il peso politico di FI sembra in fase calante, e sappiamo che opinione abbia della cavallina esoftalma che potrebbe sostituire il cavallo di razza padana, quando si spomperà e diventerà un Ronzinante qualsiasi: 'na zoccoletta (relata refero).
Se ci fosse una Sinistra seria, quest'ultima farebbe un gran casino, con tanto di picchetti, davanti alla redazione dei giornalacci suddetti. 
Ovviamente i summenzionati giornalisti fuori dal coro, ma non fuori di testa, si atteggeranno a vittime: si appelleranno, starnazzando come oche del Campidoglio, al rispetto di quella Costituzione di cui, se avessero pieno poteri i loro manutengoli, farebbero strame. 
Sicuramente non ci dovrebbero essere dubbi sul fatto che il finanziamento pubblico per giornali che si caratterizzano quotidianamente per il disprezzo nei confronti della deontologia professionale dovrebbe essere immediatamente sospeso.
Se poi la Sinistra volesse veramente vincere, ma qui parlo da umorista che tira la corda al massimo,  dovrebbe adottare questo semplice barbatrucco: promettere una patrimoniale ad personam che preveda che tutti i beni di Berlusconi e dei suoi accoliti (solo a loro il privilegio dell'esproprio, eh! Gli altri possono pure continuare a pasteggiare a champagne!) siano ridistribuiti equamente ai pensionati al minimo e ai disoccupati.
Insomma, la Rivoluzione partirebbe da una nuova distribuzione delle terre e delle ricchezze. 
Si sa, però, che, quando i contadini si sono messi a fare sul serio a brani i figli dei baroni e dei campieri, il Generale Garibaldi a Bronte ha chiamato Nino Bixio per mettere fine alla carneficina. Ma cosa fatta capo ha . ;-)

venerdì 21 febbraio 2020

A margine della strage di Hanau


La categoria della follia è una bellissima foglia di fico: non perché non ci siano i folli, ma perché, quando le circostanze lo richiedano, può essere sbandierata come giustificazione di ogni furore ideologico.
Folle era Hitler. Può darsi che non fosse tutto a bolla, e la Storia ha certificato che sicuramente un po' perverso era, ma non sufficientemente folle da non risultare credibile agli occhi dei Tedeschi che lo hanno votato alla grande e lo hanno seguito nel suo percorso di odio e di morte. Fino alla fine.
Ecco, il folle di Hanau, prima di diventare folle agli occhi dei fiancheggiatori di ogni razzismo e di ogni deriva estremista di Destra, non lo era: lavorava in banca, dopo essersi laureato, e frequentava regolarmente il Poligono di tiro e i circoli dei cacciatori.
Nessuno, prima della strage, avrebbe detto che fosse un folle paranoico.
La Polizia gli aveva concesso il porto d'armi.
Un cittadino esemplare, insomma.
Poi, DOPO la strage di Turchi e di Curdi, ci si accorge che l'azzimato bravo cittadino in giacca e cravatta postava in Internet messaggi in cui si augurava di annientare africani, asiatici e mediorientali. Prima della strage, però, era un semplice cittadino che scriveva cose che è facile trovare nelle bacheche di molti primatisti di ogni luogo.
Tutti folli i primatisti? No, non sia mai: prima di fare qualche cazzata, sono cittadini che esprimono la loro opinione e guai a toccare la libertà di parola, dopo le stragi che, tra l'altro, “cazzate” non sono, diventano folli, magari dopo essersi piantati in testa un colpo per metter ordine alle loro sconclusionate idee. Il modello hitleriano vedo che continua a funzionare.
La notizia, per altri azzimati cittadini, è da relegare in fondo alla pagina dei quotidiani, anche quando il tipino ha fatto fuori poco meno il numero di uomini della strage terrorista di matrice islamica di Charlie Hebdò. 
E qualcuno che si fregia del titolo di giornalista, nei soliti giornalacci italiani di area destrorsa, non la inserisce neanche in un boxettino in basso a Destra.
Come si chiamano quelli che distorcono la realtà perché non gli fa comodo? Folli paranoici? E chi crede alle loro fregnacce distorsive?

lunedì 17 febbraio 2020

Nuove armi di distrazioni di massa: donna e aborto.


Capitan Findus sente odore di gattabuia o meglio di freezer. 
Ecco allora il barbatrucco dell'idiozia sull'aborto prêt-à-porter delle extracomunitarie. 
E' l'ennesima supercazzola per distrarre il pubblico. Purtroppo per lui, lo stratagemma è stato utilizzato già da qualcun altro che è stato smascherato.
Cito dall'ottimo libro di Ece Temelkuran “Come sfasciare un paese in sette mosse” ( a pag.90 del libro edito in Italia da Bollati Boringhieri):
“Il tema dell'aborto è sicuramente più immediato di certe complesse questioni finanziarie [in questo caso giudiziarie], e molto più utile quando si tratta di destabilizzare il dibattito per disperdere le energie politiche dell'avversario. E' un trucco che sembra uscito dal manuale di magia di Erdogan: dici ciclicamente qualcosa di oltraggioso sulla questione femminile; lasci che il pubblico ne sia sbigottito, e tieni accesa la controversia finché qualunque altra cosa tu stia facendo, e che intendi occultare, non sia giunta a compimento”.
Traduco: della donna, in generale, al Capitano non frega un tubo.
Sconcertare tutti con affermazioni sempre più estreme sulle donne serve solo ad eccitare il proprio elettorato reazionario e misogino e a sollevare un polverone nel campo avversario per nascondere i problemi che prima o poi dovrà affrontare: i 49 milioni di problemi relativi all'ammanco di soldi pubblici per il finanziamento del suo partito, i soldini che avrebbero dovuto arrivare da oltre Cortina tra petrolio, gas e biogas puzzolente e un processo, imminente, per sequestro di persona.
Scaldare gli animi serve a decongelare il freezer.

P.S. Si vede che sono incazzato perché non ha deciso di assumermi come "spin doctor" in saldo?

mercoledì 12 febbraio 2020

Il Nazismo in dosi non omeopatiche non ci mitridatizza. Ci avvelena.



Semplifico: chi scrive davanti a una scuola “Anna Frank brucia” non è un ignorante: chi lo fa sa chi è Anna Frank e ha frequentato le aule scolastiche abbastanza a lungo per sapere che cosa le è successo.
Chi parteggia per le SS e se la piglia con una quattordicenne lo fa consapevolmente ed è solo una cosa che non si può toccare senza utilizzare i guanti sia che abbia quindici anni e non sappia disegnare nel verso giusto la svastica sia che ne abbia trenta e, scoperto il giro orario e antiorario del simbolo, si rivoltoli nel fango della propria insipienza.
Crescendo, questi personaggini potranno solo diventare peggiori di quello che sono.
A voi le conclusioni su che cosa fare a questi mentecatti, ai mandanti degli stessi e ai volenterosi carnefici che danno loro corda spesso sulle pagine di giornali che si trovano nelle italiche edicole e con testate che richiamano valori sacri come la Libertà e la Verità.

lunedì 10 febbraio 2020

E le Foibe?


Slivovitz o Basovizza? Nessuno ormai nega l'esistenza delle Foibe, ma nessuno oggi, dotato del ben dell'intelletto, penserebbe di farsi un selfie del genere davanti all'ingresso di Auschwitz. Mi sono sbagliato. Scusate.

lunedì 3 febbraio 2020

Vittorio il Provocatore. Le astuzie dell'ottuagenario direttore di "Libero".


Ben sapendo che lo fa apposta (e fessi noi a cascarci), cerchiamo di capire come Vittorio Feltri costruisce i suoi giochetti provocatori; ovviamente provo a smontare e rimontare l'ingranaggio per evitare che qualcun altro cada nella rete che ci vuole tutti incazzati per quello che scrive.
Nel suo tweet (o meglio “cra cra”) rivolto alle tre ricercatrici il direttore di “Libero” finge di fare un complimento per denigrare e screditare le scienziate sia perché donne sia perché meridionali.

Ecco il boomerang dedicato a Vittorio che usa il suo stesso meccanismo mentale e stilistico:
“Un ottuagenario criptonazista, ma neanche tanto cripto, ogni tanto ne azzecca una: oggi, movvedi!, si è complimentato con delle scienziate che hanno isolato il Coronavirus. Come un orologio rotto il buon Vittorio azzecca l'ora due volte al giorno. Un vero miracolo. D'altronde si rivolge a delle analfacapre che non sanno leggere le ore sul quadrante e che gli danno credito.
Una lezione di giornalismo: dare del coglione all'interlocutore qualsiasi cosa faccia, anche se salva milioni di vite. Non solo: vantarsi di avere una tiratura da bollettino parrocchiale, autodefinendosi nel contempo giornalista controcorrente, non specificando che “controcorrente” significa “contro l'acqua corrente”, preferendo all' H2O di gran lunga (perché dargli torto?) del buon Brunello. Un applauso”.

Il Sovranismo è un'infezione da virus: non c'è vaccino e varca tutte le frontiere.


THIS ONCE GREAT ISLAND.



domenica 2 febbraio 2020

Paura, Ignoranza e Odio e le questioni di precedenza.



Tanto per non farvi dormire: la vignetta (bellissima) è nota, ma siamo proprio sicuri che sia la paura a riattivare molecolarmente l'ignoranza o, come io penso, non sia proprio l'ignoranza a far ribollire la paura? Sì, lo so: il quesito è simile a quello che riguarda l'uovo e la gallina, ma cambia la prospettiva. Conviene a chi desidera che le plebi vivano nell'odio alimentare prima la paura o prima l'ignoranza?
Sul fatto che l'odio sia il distillato degli altri due elementi, spero, siamo tutti d'accordo, tranne il vasto pubblico degli imbecilli.

Il conto della Serva dice che l'UK non ci guadagnerà molto dalla Brexit.


Uno dei motivi di fascinazione del Sogno americano è il fatto che gli Stati Uniti si autorappresentavano come un Paese con le porte aperte: anche se partivi con le pezze al culo e con la valigia di cartone, dopo aver passato le Forche Caudine di Ellis Island, avresti avuto la possibilità (non sempre, sia chiaro) di uscire dalla tua condizione di marginalità in una società mobilissima.
Gli Stati Uniti da un bel po' hanno fatto un'altra scelta, lenta e inesorabile, di chiudersi a riccio e, dopo l'attentato delle Torri Gemelle, hanno convinto (o forse finanziato?) il Regno Unito a fare altrettanto.
Perderanno, a mio modestissimo avviso, in prestigio (ed è un dato di fatto), riuscendo a raggranellare forse qualche iniziale vantaggio economico e di sicurezza.
Non durerà a lungo, lo sanno anche loro.
Le civiltà durature, la Storia e Caracalla insegna, aggregano i popoli vinti , chiamiamoli alleati che è meglio, e non li umiliano, promettendo diritti uguali per tutti, pur con qualche percorso a ostacoli.
Ma, quando diventano irraggiungibili e gli steccati sono insormontabili, sono destinati a collassare su se stessi.
Il Regno Unito ha poco da festeggiare e, se fossi nazionalista, mi indignerebbe a pelle la scelta di essere un Paese gregario di un altro, per altro di un'ex colonia riottosa e con una cultura nettamente inferiore rispetto al Paese di origine. Ciao ciao.

sabato 1 febbraio 2020

Brexit. Piccole e oziosissime divagazioni linguistiche sul divano con la gatta sulla pancia, ma senza camino.

Ho pubblicato per amor di polemica questa "lavagnetta" dedicata alla Brexit sul sito degli "Amici dell'Accademia della Crusca".
Sapevo di gettare un sasso nello stagno.
"Un buon fine settimana" o "Una buona settimana"?
Dopo un po' di baruffa, mi son levato la maschera del provocatore.


"Ero consapevole di sollevare, da umorista qual sono, una tempesta in un bicchiere e mi scuso con chi ha partecipato inconsapevolmente a questo esperimento che suol dirsi in questi tempi sociologico (ma non lo riporterò in un libro, al massimo su una vignetta).
Dalla piccola e breve esperienza traggo le seguenti considerazioni:
1- Il fervore nei confronti delle questioni inerenti alla Lingua è alto, anche quando vi è un comune e facilissimo “nemico”, nel caso specifico l'eccesso di anglicismi nella lingua (non la presenza, sia chiaro: l'autarchia linguistica puzza di vecchio).
2- La tendenza ad essere autoreferenziali è altissima. Non si attinge, come verrebbe naturale, a una fonte autorevole, ma si tende a dare ascolto alla propria personalissima percezione del busillis linguistico, basata sull'esperienza storica e personale dell'osservatore.
3-L'amor della polemica per le minuzie non è morta. Me ne compiaccio, perché mi diverte e diverte, ma non porta alla consapevolezza che ancor oggi, nelle questioni sulla Lingua, siamo ancora divisi tra Guelfi e Ghibellini. Lasciatemi semplificare: tra conservatori e progressisti.
Non solo: quando i Ghibellini sono perdenti, ci si divide automaticamente in Guelfi Bianchi e in Guelfi Neri.
4- Infine, per evitare di essere un lamentoso e antipatico attaccabrighe, una nota che io trovo estremamente positiva in questo gruppo: se persino una piccola provocazione riesce a smuovere tanti neuroni, vuol dire che la partita non è persa: discutere e confrontarsi, senza venir alle mani e alle male parole e contendersi la ragione e il torto urbanamente, sempre che ci sia tra l'una e l'altro una netta demarcazione, fa bene.
Sempre. Grazie a tutti. Sul serio.
Risolviamo la quesione così:

Ah. Buon "week end", eh! ;-)

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