lunedì 16 dicembre 2013

O che sorpresa! Ritorna Pinocchio nel Gran Teatro dei Burattini!

Intenso scambio di complimenti tra Grillo e Renzi ossia il nuovo che avanza.
Renzi a Grillo dà del “buffone”, Grillo a Renzi dà della “scoreggina”.
Sembra di assistere al litigio tra Mastro Ciliegia e Geppetto:

[...]– Bravo Polendina! – gridò la solita vocina, che non si
capiva di dove uscisse.
A sentirsi chiamar Polendina, compar Geppetto diventò rosso come un peperone dalla bizza, e voltandosi verso il falegname, gli disse imbestialito:
– Perché mi offendete?
– Chi vi offende?
– Mi avete detto Polendina!...
– Non sono stato io.
– Sta’ un po’ a vedere che sarò stato io! Io dico che siete stato voi.
– No!
– Si!
– No!
– Si!
E riscaldandosi sempre più, vennero dalle parole ai fatti, e acciuffatisi fra di loro, si graffiarono, si morsero e si sbertucciarono.

La vocina ovviamente è del solito Pinocchio che se la ride di tutti. Persino delle sentenze passate in giudicato.
E il nuovo che avanza non perde l'occasione per caratterizzarsi per il solito infantilismo coprolalico di bossiana memoria, mentre il popolo bue acclamerà a breve il ritorno di Pinocchio nel Gran Teatro dei burattini :
[...]– È Pinocchio! è Pinocchio! – urlano in coro tutti i burattini, uscendo a salti fuori delle quinte.
  • È Pinocchio! è il nostro fratello Pinocchio! Evviva Pinocchio...Il fratello di legno di un paese con le teste di legno.

venerdì 13 dicembre 2013

Il grande monocolore (nero)

Ho una sensazione. Una brutta sensazione. Forse è solo l'età che mi permette di percepire quello che sta succedendo, godendo di una visione diacronica della politica italiana ( qualcuno la chiamerà saggezza, altri rincoglionimento, vabbe'...) oppure è solo una mia cattiva percezione per eccesso di vicinanza con la cronaca. Forse è solo cattiva digestione. Bah!

Un tempo i partiti conservatori ci tenevano ad essere tali: grigi, involuti nel linguaggio, distanti anni luce dalla lingua della gente comune. Vincevano lo stesso perché rassicuravano, perché la Triade Dio, Patria e Famiglia era uno slogan efficace senza la necessità di essere urlato. La Democrazia Cristiana era il monolite, l'ombelico dell'asse politico, il Centro del Centro, il Fulcro di un popolo pigro che nel grigiore dei riti democristiani trovava la propria pax augustea e la sicurezza.
Mani pulite , nel lontano '92, spariglia le carte ( inutilmente). Il ceto medio non può più identificarsi con un partito dove i Vizi Privati convivono con le Pubbliche Virtù in modo così chiaro, in modo così netto e palese. Per un po' Craxi toppa la falla, poi la Lega e Berlusconi, che lo sostituiscono quando cade in disgrazia. I toni moderati della DC scompaiono: la sguaiatezza degli slogan è evidente, la falsità delle affermazioni lo è ancora di più ( Un milione di posti di lavoro! Sconfiggeremo il cancro! Meno tasse! ) , ma il Ceto Medio del peggiore dei popolacci, che è opportunista, ma non stupido, non ha bisogno di persone credibili. Vuole continuare nella prassi di sempre: fottere lo Stato, non pagando le tasse, e piangere miseria e, nei momenti di magra, chiedere ad alta voce aiuti e sussidi ( i liberisti della Domenica immancabilmente corrono a richiedere un intervento “forte” dello Stato solo quando la crisi morde loro le chiappe; altrimenti, quando le vacche sono grasse, l'assioma è sempre quello: Stato leggero, tagli agli sprechi, abbasso lo Stato assistenziale, meno Stato e più privato).
Ora i Forconi, i Grillo, ma sono sempre loro: gli antistatalisti che non reggerebbero un secondo senza lo Stato.
La base “ideologica” è sempre quella: non pagare le tasse per farle pagare ai soliti noti, fottere lo Stato, liberarsi dai “lacci e laccioli”. Più Patria, più Famiglia, più Religione.
E' una nuova Democrazia Cristiana imbastardita, tinteggiata di nero, meno succube dei sensi di colpa di non ottemperare al messaggio cristiano che dice ( dovrebbe dire e , forse, timidamente, a fasi alterne, dice) l'esatto opposto di ciò che gridano nelle piazze : tolleranza, rispetto del prossimo e del suo ruolo, vicinanza al più debole.
Forcaioli che si credono cristianissimi, razzisti , strictu sensu, che non si vergognano di auspicare nuovi Olocausti. Eccola la vecchia maggioranza che un tempo era silenziosa e che ora urla , e senza il minimo senso di colpa e di vergogna, brandendo ora i forconi con gli stessi logori slogan di sempre: Dio, Patria e Famiglia.

E con gli stessi nemici di allora: lo Stato, le Tasse, le regole e la stramaledettissima Tolleranza, la vera nemica di ogni fascismo, il tarlo che erode ogni spirito identitario, scuotendone le fondamenta.  

martedì 10 dicembre 2013

Caschi male...



Molti si dichiarano soddisfatti per il fatto che alcuni poliziotti e carabinieri si sono tolti il casco in segno di solidarietà verso i manifestanti scesi in piazza contro il governo e le tasse ( nulla di nuovo sotto il sole, o sbaglio?)
Orbene , ordunque, ragioniamo. Se l'atteggiamento dei tutori dell'ordine fosse stato dettato da una strategia, come dire?, psicologica, non avrei nulla da dire e da scrivere: stemperare gli animi esacerbati è nei compiti istituzionali di una polizia seria e responsabile.
Qui , però, ma è una sensazione, si è trattato d'altro e la lettura dei manifestanti dei “forconi” francamente sembra darmi ragione. Levarsi il casco è stato letto non come un atto di legittimazione delle manifestazioni ( ogni manifestazione è lecita), ma dei contenuti della protesta.
Non ci vuole nessun esperto di diritto per capire che quando chi gestisce la forza in uno Stato solidarizza nei confronti di coloro che vi si oppongono compie un illecito. E non di poco conto: le forze dell'Ordine devono (dovrebbero) intervenire quando viene minacciato l'Ordine, non a capoccia rispetto a simpatie di alcun genere ( e qualcuno, evocando metafore calcistiche, ha paragonato la situazione all'arbitro che, per ragioni sue, parteggia per una delle due squadre in campo).
Tenere il casco avrebbe avuto un significato simbolico molto chiaro: potete manifestare liberamente, ma se intendete mettere a ferro e fuoco il Paese noi interverremo.
Manganellare i No-TAV a prescindere ( ovvero anche quando non commettono atti illeciti) e sorridere beati alle schiere che hanno tra i fomentatori del Disordine prossimo venturo Forza Nuova e le frange degli ultras non è proprio un bel vedere.
E gli incidenti di Torino e in altre città ci dicono che non si tratta sempre e comunque di famigliole in libera uscita che protestano legittimamente in difesa di qualche diritto. La Polizia sa bene come sia facile trasformare una manifestazione pacifica in un momento di tensione e di scontro.
Tranne che...

lunedì 2 dicembre 2013

"Facciamo la pace!" Guerre vere, di carta e di plastica.

Piccola divagazione sulle capacità dell'insegnamento di costruire una cultura della pace. L'immagine che ho liberamente scaricato in qualche recesso di Internet è bellissima, ma, per quanto mi riguarda, anche fonte di tanta tristezza.
Eserciti ( armati? disarmati?) di educatori, di insegnanti e di pedagoghi di ogni risma e credo hanno ritenuto opportuno richiamare le nuove generazioni alla cultura della pace, magari contrapponendola agli orrori della guerra ( che qualche generazione fa ha vissuto in prima persona).
Nonostante questo immane e lodevole sforzo congiunto, la cultura della guerra è sempre vittoriosa e l'aforisma che invita l'apertura delle scuole per chiudere le porte delle carceri lettera morta.
Insomma, la maestra che richiama i due bambini che si sono sbertucciati cinque minuti prime e che li invita a "fare la pace" non ha nulla da compiacersi: cinque minuti dopo, i due, forse, se le daranno di santa ragione e si odieranno più di prima.
E non oso pensare quale sia, nei loro piccoli cervelli, il pensiero dominante sull'intervento correttorio della loro volonterosa educatrice......                                                                                                 arz

Corollario meno amaro e ironico a quanto scritto in precedenza.

All'asilo si sta bene e si imparan tante cose, la maestra ci vuol bene....

 ( testo completo:
Addio mamma, papà addio
vado all’Asilo per tutto il dì.
Colletto bianco, cestello al fianco
minestra buona, gioia nel cuor.
Arrivederci a questa sera,
quel che imparo a voi dirò.
Arrivederci a questa sera,
quel che imparo a voi dirò.
All’Asilo si sta bene
e s’imparan tante cose,
la maestra ci vuol bene
è così che piace a noi!)

Francamente, ricordavo solo il ritornello  della canzoncina...
Se proponessi oggi questo testo ai miei alunni, dopo due ore di spiegazione ( sia chiaro dopo aver chiarito alcuni termini e contestualizzato il brano), probabilmente, otterei questa terrificante interpretazione:

" Un bambino sta partendo per un conflitto mondiale o comunque per una lunga prigionia in un luogo lontano dove concedono il diritto d'Asilo in una specie di CPT ( Centro di Permanenza Temporanea);  egli è triste di abbandonare mamma e papà, ma il dovere è dovere!
Il bambino è costretto a fare l'impiegato ( è un "colletto bianco") , a mandare una lavatrice ( deve riempire il cestello), a preparare una bibita calda maleodorante ("minestra") e a mostrare felicità nonostante la sua evidente condizione di prigioniero. Gli è concesso un colloquio al cellulare solo alla sera con i parenti e il piccolo carcerato promette solo allora di denunciare i suoi aguzzini senza alcuna reticenza.
Alla fine del testo, prima della telefonata serotina, si può esprimere, però, solo con l'ausilio dell'ironia: i genitori dovranno leggere tra le righe e ribaltare il significato di quello che dice poiché a scuola si può solo parlare in codice..."
Sto scherzando ovviamente.
 Io all'asilo stavo benissimo ( eccezion fatta per il vitto e l'immancabile "riposino" che ai miei tempi si faceva obbligatoriamente al banco con conseguenze facilmente immaginabili sulla mia colonna vertebrale) e anche lì , come in altri avamposti educativi, ho imparato a fare solo guerre di carta ( o al massimo di plastica), anche se intorno a me nel Mondo scoppiavano immancabilmente guerre vere ;-)                            arz

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