giovedì 17 maggio 2012

Sull'odio nei confronti dei maestri della Destra italiana



Che la Destra italiana sia in fondo sempre la stessa di sempre era intuibile. Non parlo della Destra Liberale, quella dell'etica del Lavoro e della difesa dei Diritti individuali; la Destra liberale , è inutile dirlo, è morta e sepolta. Mi riferisco alla Destra degli “homines novi” che ha trovato la sua perfetta sintesi, in passato, nel Fascismo ( in senso lato, quello che Eco chiama Ur-fascismo) e che, ahinoi, ora non perde i vizi di allora: uno di questi, ed è fastidiosissimo, è il disprezzo degli intellettuali, anche quelli piccini picciò.
Che Goebbels, fin dagli esordi, avesse in uggia la parola cultura passi, ma il Fascismo italiano, che ai suoi albori, ha spesso fatto l'occhiolino agli uomini di cultura . pur con alterna fortuna (basti citare D'Annunzio, Marinetti, Pirandello e Gentile, tutti firmatari, e l'ultimo promotore, del “Manifesto degli intellettuali fascisti”), non può che vergognarsi dei suoi eredi naturali: l'odierna Destra italiana ( ma non ci si inganni, anche una parte della Sinistra condivide lo stesso sentimento, pur per motivazioni diverse) ha un particolare livore nei confronti di chi insegna, siano essi umili maestri del Sud o pedemontani illustri professori o professoroni bocconiani.
“Professore” e “maestro” o nella sua variante diminutivo-dispregiativa “maestrino” sono offese indelebili, rivolte a chi non ha condiviso la sguaiata sfilata di ignoranti con laurea comprata, di mezze tacche, anche se danarose, che hanno costellato il plumbeo cielo dell'ultimo ventennio, di cortigiane a mezzo o a intero servizio del Sultano e di coloro che, colpevolmente e consapevolmente, hanno spesso strizzato l'occhio all'illegalità e alle organizzazioni criminali.
Nelle pagine dei giornali della novella Destra, i magistrati, la todeschissima Merkel e ora Saviano e Fazio ( dei quali si può forse criticare l'eccesso di ingenuità, ma non certo la malafede) sono ora i nuovi e vituperati “maestrini”.
La Destra ( chi mai sa che cosa voglia?) forse pensa di essere efficacemente persuasiva agli occhi del suo elettorato, mentre, inconsapevolmente, procede alla mortifera, recessiva, idiota umiliazione di chi si occupa , nonostante i tempi, anzi contro i tempi, di quelli che, sempre più retoricamente, la nostra società gerontocratica chiama il “futuro della nostra società”: i bambini.
Eppure il “maestrino” che fu e, per molti, ancora è in pectore il loro idolo princeps, Benito, prima di trovare la sua vocazione giornalistica e poi politica, pur doveva avere qualche vocazione all'insegnamento, lui , figlio del fabbro Alessandro Mussolini e della “maestrina” Rosa Maltoni!
                                                                                                                                                    arz©
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venerdì 11 maggio 2012

FAI, la cosa sbagliata. Le nuove generazioni e il terrorismo.


Non sono un esperto di terrorismo . Non sono da tempo né mosso né commosso da questioni ideologiche pregiudiziali. Non sono un tecnico, né un politico e nemmeno un membro dei Servizi Segreti.
Per cui mi si perdonerà facilmente la colpa di essere profondamente irritato, da semplice cittadino, per un attentato che considero vile e inutile nei confronti di una persona che, come scritto esplicitamente dagli stessi attentatori, è un'”anima candida e dalla coscienza pulita”, ( più in là: “Siamo certi, ingegnere, che mai nemmeno per un secondo ti sei sentito corresponsabile”), braccino di poteri ben più forti : sparare ad un “inconsapevole” equivale a sparare sulla Croce Rossa, se le parole hanno un senso ( della qual cosa comincio effettivamente a dubitare, sentendo molti discorsi ferocemente bellicosi, ma poco consequenziali).
In primis, l'attentato è stupido in sé e per sé poiché sparare al ginocchio di un ingegnere per modificare i destini del mondo o anche di un Paese segnala uno scarso senso delle proporzioni; potrà sembrare eroico a qualche novello cultore delle imprese rivoluzionarie, ma, a mio modestissimo avviso, fa emergere un errore tipico dei rivoluzionari di ogni risma: pensare che la polvere da sparo, anche informalmente diffusa, faccia “tabula rasa” del patrimonio di cultura e di conoscenza che richiede la gestione di uno Stato ( mentre , anche gli ingenui sanno che uno Stato , anche rivoluzionario, ha bisogno di persone pensanti e tecnicamente preparate, pena un'anarchia che nulla a che fare con quella desiderata dagli attentatori... ), nell'utopica attesa di una rinascita della Fenice che post combustione dovrebbe essere “più bella e luminosa che prìa” ( Petrolini, parlava di Roma e pigliava per i fondelli il Mascelluto, d'accordo...)

Si celebra, inoltre, un culto di un “militarismo” puro , e ben traspare nella rivendicazione, che sembra abbia già individuato il nemico (non un nemico) nel “tecnicismo” dei burocrati del potere.
Emerge, infatti, dal volantino un'irritazione nei confronti dei “tecnici” non molto lontana dal furore sacro che sta animando movimenti e partiti ora in disgrazia ( ...e molti di Destra!), tutti sodali nel credere che l'essere intellettuale sia una colpa, che l'essere ingegnere di un gruppo industriale sia di per sé una correità nelle scelte suicide del turbo-capitalismo, che essere professore universitario significhi appartenere di diritto alla “Spectre” del Capitalismo Cattivo.
Il volantino denota una cultura media (non c'è bisogno di un'analisi linguistica raffinata o di un'indagine specifica per dedurre che si tratta di giovani sui venti-trent'anni con una cultura liceale, la spada di Damocle!, o giovani universitari, poco avvezzi alla “forma” forse per scelta ideologica, visto che si dichiarano informali: punteggiatura carente , “d” eufoniche messe qua e là), l'appartenenza a qualche circolo anarchico e una certa dimestichezza con Internet.
Si nota qua e là il gusto per il citazionismo ( ...ma è una malattia comune) e, perché no?, un d'annunzianesimo alla Tony Negri ( ...anche lui anni fa provava un qualche brivido nell'indossare il passamontagna), a mio parere un po' disgustoso, anche dal punto di vista di chi ha deciso di utilizzare le armi per qualche obiettivo ideologico, quando si parla del piacere provato dopo l'azione terroristica ( “con un certo piacere abbiamo armato le nostre mani, con piacere abbiamo riempito il caricatore”). Il linguaggio del FAI , comunque, nulla ha a che vedere con la freddezza del lessico brigatista o dell'autonomia, se qualcuno pensa che ci sia una continuità tra i fenomeni. Anzi: sembra che ci sia un certo compiacimento nella scrittura, un gusto per la descrizione e per il particolare. purtroppo reso mortifero dalla solita sequela di slogan che farcisce ogni discorso ideologico composto, more solito, dalle idee altrui.
Nulla di nuovo sotto il sole, purtroppo, se non i tempi bui che ci appresteranno coloro che nel nome dell'emergenza approfitteranno dei giovanotti per ripristinare le regole di quel potere oppressivo che il FAI vuole combattere con armi dolorosissime per le vittime, ma completamente spuntate per il Potere ( che in genere si serve di personale che ha studiato di più e meglio la propria materia e che se la sta ridendo di grosso per l'occasione ghiotta che ora si trova “informalmente” apparecchiata per fare meglio e con meno attriti i propri comodi).
Per chi voglia leggersi il volantino e farsi un'opinione propria:
http://www.corriere.it/cronache/12_maggio_11/rivendicazione-adinolfi-olga_838d0846-9b54-11e1-81bc-34fceaba092f.shtml
                                                                                                                                         arz©
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martedì 8 maggio 2012

Monti e l'equilibrio instabile del linguaggio politico


«Le conseguenze umane della crisi dovrebbero far riflettere chi ha portato l'economia in questo stato e non chi da quello stato sta cercando di farla uscire».

Monti ci ricasca: deve rettificare quello che non avrebbe dovuto rettificare. Tutt'al più avrebbe giovato una maggiore chiarezza.: l'effetto alone delle parole generiche ( di cui un governo in bilico, non in equilibrio è, suo malgrado, ricco) non è elegante e non giova all'efficacia comunicativa .
“Tra” le conseguenze umane della crisi ci sono, infatti, i licenziamenti, i disoccupati, gli imprenditori in difficoltà, i commercianti con l'acqua alla gola, ma anche, ed è inutile negarlo, i suicidi ( la cui contabilità, come ho già scritto, non è importante in sé e per sé, ma per essere una “spia” di una condizione di difficoltà che coinvolge tutti).
La rettifica, come è ovvio, nasce dalla seconda parte della frase: l'accusa  un po' troppo esplicita a chi ha governato prima di non essersi preso la responsabilità di quanto è accaduto.
Poiché l' “oscenità” della causa ( un Governo incapace, tendenzialmente dedito al ladrocinio, con un personale politico di infima categoria) non può essere proferita, si preferisce negare l'effetto.
Non si parla di suicidi, ma forse dell'aumento della benzina, che, notoriamente, ha un valore “umano” di un certo spessore...
arz©
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domenica 6 maggio 2012

La Chiesa, i suicidi e Equitalia


Lungi da me l'idea di suggerire alla Chiesa le buone regole dell'ortodossia cristiana.
 Sono solo stupito: vi sono persone che si suicidano (per motivi economici) e c'è chi li esalta, professandosi cristiano, come se coloro che si tolgono la vita fossero i nuovi bonzi che si immolano sull'altare del Moloch-Equitalia.
Il mondo cattolico, però, a quanto mi risulta, tace. Eppure in altre occasioni (parlo del caso Welby), le massime autorità ecclesiastiche avevano levato alta la voce della sacralità della vita. Ora no: è impopolare forse dire che chi si suicida per il vil denaro sta compiendo un peccato non trascurabile?
Benedetta sia la sensibilità odierna della Chiesa che permette la celebrazione dei funerali religiosi anche per i suicidi ( non per Welby, comunque...) e non pretende più che questi siano tumulati fuori dai Cimiteri, ma il silenzio su quanto sta succedendo è emblematico della difficoltà di dire, pane al pane e vino al vino, a coloro che si professano cristiani che il disperato attaccamento al denaro ( il vero Moloch vincente di sempre e non solo di questi tempi tristi) nulla ha a che fare con il messaggio di Cristo.
 Ma sia chiaro che dei silenzi della Chiesa risponde solo la Chiesa e forse il sottoscritto si è perso qualche puntata.
                                                                                                                                                  arz©
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sabato 5 maggio 2012

La beotitudine che avanza


Purtroppo, duole far notare che i concittadini del sequestratore a mano armata di Romano di Lombardia è difeso, a mano virtualmente armata, dai suoi concittadini.
Ovviamente per gli ingenui di sempre la colpa è dello Stato. Loro, i predicatori del libero mercato che fino a un annetto fa avrebbero detto , senza tema di smentita, che chi è competitivo se la cava e chi non se la cava è destinato giustamente all'oblio perché , scusatemi l'espressione, ma fa parte del loro linguaggio, è una mezza sega o un fannullone o un incapace, improvvisamente, miracolosamente si accorgono che il mercato ( anzi il Mercato), non è sempre così generoso anche nei confronti dei meritevoli. Martinelli, il sequestratore, si sveglia alle cinque del mattino ed è , a loro avviso, un esempio di buon lavoratore. Si sarà svegliato anche all'alba, ma il mercato, anzi il Mercato, evidentemente non l'ha trovato così bravo, competitivo e preparato per premiarlo. In questi casi, bisogna che il ragionamento segua l'indissolubile legame causa-effetto: insomma, se Martinelli ha cumulato debiti, il Mercato lo ha evidentemente giudicato una mezza sega e l'ha forse condannato ad un'azione che, ne sono convinto, non avrebbe voluto fare, ma che nella logica beota dei padani che si sono impasticcati con la parola sacra "Libero Mercato" fino a pochi giorni fa non dovrebbe avere alcuna giustificazione.
Invece di prendersela con l'idea malsana che la manina invisibile che premia i meritevoli (quali e di quale stazza poi?) sia infallibile, è più facile, per molti, ancora prendersela con lo Stato e con le Tasse.
E' un film già visto (è lo stesso da vent'anni) e la beotitudine avanza. Come prima. Più di prima.
La solidarietà verso i disperati , sia chiaro, andrebbe coltivata sempre, ma quando è rivolta, ideologicamente, solo verso una parte (gli imprenditori, i commercianti) ed è pervicacemente dimentica delle sofferenze altrui in centomila altre occasioni ( disoccupati , precari, immigrati ad esempio) è destinata, giustamente, ad essiccarsi.
                                                                                                                                              arz©
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venerdì 4 maggio 2012

La Lega e l' apologia di reato

Due parlamentari, Calderoli e Stucchi, incontrano in carcere il responsabile di un sequestro di persona a mano armata ( fucile, pistola e coltello). Pur dimostrando comprensione per l'impiegato sequestrato ( e minacciato), offrono i loro legali per la difesa del sequestratore.
Se qualcuno mai avesse avuto un dubbio, la Lega si dimostra per l'ennesima volta un partito che ritiene che un reato (grave) sia giustificabile e comprensibile. Apologia di reato. Punto. Se poi la magistratura non ha la forza di procedere oltre è un problema suo. Per quanto mi riguarda, i  membri di un partito che giustificano e minimizzano un sequestro di persona a mano armata rientrano tra le persone a cui non stringerei la mano. Neanche con un fucile puntato.
                                                                                                                                                     arz©

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L'inutile contabilità dei suicidi


Come Ragionieri vecchio stampo ( non me ne vogliano!) molti giornali hanno incominciato la contabilità dei suicidi dei piccoli imprenditori. Ad aprire la deriva è stato Monti , quando, per esaltare le magnifiche sorti e progressive dell'Italia rispetto alla Grecia, ha pensato bene di comparare i suicidi greci con quelli italiani; non ha usato il “più o meno” ... ha indicato un numero preciso:1725.
La mia irritazione (scusatemi, ma sono un caso patologico...) sta proprio nella meticolosità del conteggio; mi ricorda , lo so che il paragone è forte, l'attenzione morbosa dei negazionisti sui numeri degli ebrei uccisi nella Shoà.
Sappiamo (quasi) tutti che il numero di fronte all'orrore significa ben poco e che soffermarsi sul numero è un modo come un altro per enfatizzare o per sminuire un determinato fenomeno.
In genere, tale metodologia di analisi viene utilizzata per fini propagandistici, per rinsaldare un tessuto argomentativo che tiene attraverso l'amido della spesso presunta scientificità.
Sappiamo (quasi) tutti che i numeri mentono, come mentono le statistiche, ma che soprattutto numeri e statistiche creano un pericoloso effetto alone che può nascondere altri problemi e altri drammi.
Perché, nel caso specifico, non esiste una contabilità certosina dei suicidi tra i precari e i disoccupati? Vogliamo creare forse pesi e misure diverse per drammatizzare ( per quali fini?) una situazione economica, politica e psicologica che coinvolge, in realtà, tutti, infanzia compresa?
                                                                                                                                             arz©
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