Come Ragionieri vecchio stampo ( non me
ne vogliano!) molti giornali hanno incominciato la contabilità dei
suicidi dei piccoli imprenditori. Ad aprire la deriva è stato Monti
, quando, per esaltare le magnifiche sorti e progressive
dell'Italia rispetto alla Grecia, ha pensato bene di comparare i
suicidi greci con quelli italiani; non ha usato il “più o meno”
... ha indicato un numero preciso:1725.
La mia irritazione (scusatemi, ma sono
un caso patologico...) sta proprio nella meticolosità del conteggio; mi
ricorda , lo so che il paragone è forte, l'attenzione morbosa dei
negazionisti sui numeri degli ebrei uccisi nella Shoà.
Sappiamo (quasi) tutti che il numero di
fronte all'orrore significa ben poco e che soffermarsi sul numero è
un modo come un altro per enfatizzare o per sminuire un determinato
fenomeno.
In genere, tale metodologia di analisi
viene utilizzata per fini propagandistici, per rinsaldare un tessuto
argomentativo che tiene attraverso l'amido della spesso presunta
scientificità.
Sappiamo (quasi) tutti che i numeri
mentono, come mentono le statistiche, ma che soprattutto numeri e
statistiche creano un pericoloso effetto alone che può nascondere
altri problemi e altri drammi.
Perché, nel caso specifico, non esiste
una contabilità certosina dei suicidi tra i precari e i disoccupati?
Vogliamo creare forse pesi e misure diverse per drammatizzare ( per
quali fini?) una situazione economica, politica e psicologica che
coinvolge, in realtà, tutti, infanzia compresa?
arz©
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