domenica 21 gennaio 2018

Il Berlusconismo, malattia infantile (e mortale) del Renzismo.

Questo mio intervento, che riporto tra virgolette qui sotto, è stato pubblicato nel mio sito nel novembre del 2016, a giugno del 2017 e ora a gennaio del 2018. Lo hanno letto in pochi (un centinaio di persone) ed è un bene (scrivo in genere banalità), ma qualcuno di coloro che due anni fa gridavano al successo della politica del PD che era al 40% (secondo loro) e ora si ritroveranno (secondo gli ultimi sondaggi) con il 20% e spiccioli avrebbero dovuto farlo.
Non cambio una virgola (nemmeno l'accenno al Referendum ;-)).
O il reale si è fossilizzato o sono io che sono uno stoccafisso.
Sta di fatto che il PD di Renzi si è suicidato e potrà sopravvivere solo attraverso il vampirismo reciproco con Forza Italia. Amen.
arz62

"Leggo spesso tra gli scritti di coloro che plaudono all'era Renzi, e parlano sul serio, che Renzi costituisce nei fatti una discontinuità rispetto al berlusconismo.
Mi intristisco un poco perché da un po' di anni sto raccogliendo gli indizi, direi le prove, che il berlusconismo non è morto affatto e sopravvive, come Alien nei corpi dei poco avveduti astronauti, nella lingua, nelle movenze e, ahimè, nei pensieri di chi dovrebbe rappresentare il “nuovo” e l'inedito, rispetto al tristissimo ventennio berlusconiano.
Parto, more solito, dall'ambito linguistico.
Alla Leopolda Renzi dice ( la sintesi è giornalistica, ma il filmato lo potete reperire facilmente in Rete): "Con il referendum costituzionale, siamo ad un bivio : è il derby tra passato e futuro, tra cinismo e speranza, tra rabbia e proposta, tra nostalgia e domani" .
Non ci vuole un linguista di professione per capire che il campo semantico in cui si muove Renzi è lo stesso di Berlusconi, quello calcistico marezzato qua e là da qualche pennellata gramsciana e vagamente di sinistra. Si parte dallo "scendere il campo” e si arriva al “derby” dicotomico tra “odio”dell'universo mondo verso l'”amore” renziano (qui siamo nel berlusconismo distillato), tra il cinismo della ragione e la speranza della volontà , tra la rabbia e la speranza del sol dell'avvenir (solo qui effettivamente, nell'accenno al sol, non alla rabbia, sia chiaro, si respira aria un po' gramsciana e vagamente di sinistra), sino alla chiusura tra la nostalgia del passato e la promessa del domani che non diverge di molto dalle nostalgie mussoliniane di “Giovinezza giovinezza, primavera di bellezza”.
Ma il berlusconismo prevale nella chiusa del discorso:
"In un mondo nel quale si vive la dimensione della contestazione che diventa odio (ripetuto tre volte e la triplice replicatio è , ahinoi, uno stilema mussoliniano, mentre la contrapposizione tra due termini opposti, di cui uno già connotato negativamente, è più vicino all'armamentario retorico berlusconiano) abbiamo un'unica opportunità: recuperare la politica andando casa per casa, andando incontro alla gente. L'italia è a un bivio: deve scegliere se essere la patria del gattopardo o dell'innovazione. Dell'ennesima occasione perduta o laboratorio del futuro".
Il nuovo contro il vecchio, Guelfi versus Ghibellini, è un vero peccato che sia un “nuovo” che puzza tremendamente di vecchio.
Faccio il mio solito vaticinio (ne ho azzeccati alcuni, purtroppo!)
Sento puzza di forza e di vecchie mutande” ( Ricky Gianco), sento puzza di “grande coalizione” con Berlusconi dopo gli esiti del Referendum. 
Scommettiamo? ;-) "

giovedì 11 gennaio 2018

Kafka nella Scuola Media

Allora. Vediamo se ho capito bene. Le nuove indicazioni ministeriali autorizzano il docente che si imbatterà in un allievo che non ama la sua materia, non studia, non si dà da fare per superare le sue lacune, ad indicare sulla pagella con un voto, corredato da un piccolo giudizio globale, il fallimento dell’incontro o scontro educativo. Capita.
Basta, dunque, con le sanatorie del Consiglio di Classe, i pietosi pannicelli caldi o freddi atti a occultare le difficoltà dell’allievo riottoso per poterlo promuovere lo stesso! Il 4 non si trasformerà in 6!
Sì, insomma, lo studente scarsino, anzi scarsissimo (e non stiamo riferendoci al pulcinotto in difficoltà a cui ogni insegnante degno di questo nome stenderebbe un tappeto rosso per eliminare ogni asperità sul suo terreno…no! Stiamo parlando dei ragazzi che non studiano, scaldano il banco, dei Lucignoli che chi vive nella scuola conosce benissimo, i fieri e talvolta simpaticissimi cultori del fancazzismo programmatico, dello sbadiglio sistematico, del compulsivo smanettamento dello smartphone sotto il banco), sia chiaro, sarà promosso lo stesso, ma il docente potrà dire:” Bene, quei vigliacchetti del mio Consiglio di Classe ti hanno graziato, ma nella mia materia hai fatto schifo! Transeat. Il mio dovere l’ho fatto: ho detto la verità e non ti avrò fatto granché male. Sei promosso, vedi? Ma…”
Bellissimo, vero? Eh, no, cari miei. Troppo semplice!
Se opererà così, il docente integerrimo sarà invitato (non si sa ancora se coattivamente) a provvedere a un corso di recupero.
Ecco il pacco: il docente che non è riuscito la mattina a suscitare alcun interesse per quello che va insegnando, che ha visto i lacci delle Nike attraverso la bocca del fanciullo spalancata per la noia, sarà spinto (moralmente o coattivamente?) a recuperarlo alle grazie e alla bellezza della disciplina da lui insegnata, in itinere (ossia con una finzione tipicamente all’italiana: di mattina, dandogli qualche compitino differenziato) o nelle ore pomeridiane e, perché no?, con corsi estivi.
Ah, sia chiaro: l’allievo, la cui responsabilità nella debacle non sarà mai messa in discussione, (“Che cosa c’entra lui? E’ minorenne, no?”) non sarà tenuto alla frequenza di tali corsi predisposti così generosamente (a spese della collettività) per riportarlo sulla retta via. Potrà continuare la sua strada, ma con la lettera (o il voto) scarlatto del docente intransigente su un pezzo di carta il cui utilizzo produttivo, a fine anno, il fanciullo summenzionato potrà indicarvi con dovizia di dettagli.
Sapete bene come andrà finire, vero?
Abbiamo a che fare con uno Stato (Governo e/o Ministero) che, non avendo il coraggio di dire che le bocciature nel primo ciclo di istruzione sono abolite per motivi economici (i bocciati costano) e che la libertà di insegnamento (e di valutazione) in simili condizioni normative è ormai una pura trufferia di parole che viene data in pasto a un pubblico di bocca buona, ma spesso di alito cattivo (visto che, spesso, non la gradisce per nulla, quando viene esercitata) e un’offa lanciata agli stessi biliosi docenti per acquietarli, ammantandoli formalmente, ma non nella sostanza,  di un ruolo sociale ormai perso da almeno un ventennio, ricorre a trabocchetti paradossali per garrotare una Scuola Pubblica che viene vissuta come un costo insostenibile e improduttivo per la collettività (come vuole, d’altronde,  la logica liberista che ha ammorbato la fine del Millennio scorso e gli inizi di quello presente).
E non c’è limite al peggio! Si pesca, infatti, nel torbido, sfruttando i peggiori sentimenti degli insegnanti stessi: l’amore per il quieto vivere, l’arte di destreggiarsi nello slalom tra rogne e TAR e la preservazione con recinto spinato del piccolo orticello del proprio tornaconto personale. 
Insomma, sarà la vittoria di Don Abbondio su Fra Cristoforo, del dito del pavido rigirato nel colletto sul dito ardito (😉) rivolto contro la protervia dei potenti.
Vado ora a zappare anch’io e non me ne vergogno. I miei pomodori a stagione conclusa saranno buonissimi! Una delizia, siori!

Non li porterò al mercato, comunque…Li assaggerò con chi saprà apprezzarli (e saranno pochi) nel mio convivio accompagnati dal pan degli angeli, da un buon olio di oliva e dal sale dell'arguzia e dell'ironia!                                                                                                                                                                                   Arz62

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