So di mettermi in un ginepraio e di
graffiarmi coi rovi, fino al dissanguamento, ma il tema mi
interessa, e molto, anche se il tacere, in questi casi, sarebbe, in
situazioni diverse, un'opzione preferibile.
Mi espongo perché sento forte una
puzza di bruciato, un desiderio di censura e di limitazione della
libertà di espressione. Partiamo dai dati concreti: ecco la vignetta di Charlie Hebdo che ha creato il caso.
L'associazione Italia-Pasta è banale,
d'accordo, ma il disegnatore francese “parla” prevalentemente ad
un pubblico francese. E' uno stereotipo. La Satira non ne è esente,
anzi.
Per attirare l'attenzione del lettore,
spesso e volentieri, lo stereotipo è la via più semplice, la più
immediata. Volete richiamare l'Italia e state parlando ai francesi,
che cosa fate? Richiamate uno stereotipo che tutti possano
riconoscere subito.
D'altronde , sfido chiunque a disegnare
un francese presentandolo a un pubblico italiano senza ricorrere a
qualche vieto stereotipo ( non gli mettiamo forse spesso un basco e i
baffetti e gli facciamo dire : “Oui, je suis un tìp particolarment
estrose?” Un francese, insomma, nel disegno non ha alcuna
caratteristica che lo distingua da un italiano, a meno che non si
ricorre a qualche “marca” caratterizzante nel linguaggio o
nell'abbigliamento).
I due primi personaggi sono presentati
chiaramente per creare qualche moto di solidarietà: non hanno
un'aria allegra, tutt'altro: stanno soffrendo e sono in difficoltà.
Non lo vedete? Io sì.
L'elemento disturbante è l'ultima immagine.
Diciamo subito che molte vignette
satiriche, a ridosso di avvenimenti di questo tipo, colpiscono,
pesantemente e al di là delle intenzioni, chi è stato colpito
direttamente. Ovviamente, fossi un parente, anche alla lontana, di
chi è morto per il terremoto, mi indignerei , e non poco, a fronte
della similitudine terremoto-lasagna ( farebbe il paio con quella spaghetti-P38 di un settimanale tedesco per descrivere il terrorismo italiano degli anni Settanta).
Ma la satira non è rivolta ai terremotati e spesso si occupa di avvenimenti che o sono distanti geograficamente o politicamente o storicamente: e chi non lo capisce non ha capito non solo la vignetta in oggetto, ma la satira in generale.
Ma la satira non è rivolta ai terremotati e spesso si occupa di avvenimenti che o sono distanti geograficamente o politicamente o storicamente: e chi non lo capisce non ha capito non solo la vignetta in oggetto, ma la satira in generale.
Forse non l'ho capita anch'io a pieno (
e certa satira, sappiate, utilizza volontariamente l'effetto “blur” per non far distinguere in modo chiaro il
messaggio che vuole lanciare), ma mi sembra ovvio che nelle
intenzioni del disegnatore vi sia l'obiettivo di mettere sotto il
riflettore l'inadeguatezza del nostro sistema di prevenzione, la
faciloneria con cui si mettono in atto sul territorio gli adeguamenti
atti per limitare l'impatto degli effetti dei terremoti. Non siete
forse tutti d'accordo?
L' errore del disegnatore è un altro:
è quello, avendo sottovalutato l'effetto sfumato della vignetta, di
aver prestato eccessivamente il fianco a interpretazioni malevole,
quelle che spingono, guarda caso, alla censura e alle limitazioni
della libertà della satira, anche da parte di chi ha mirato senza
ritegno alla provocazione pura non nel campicello della satira
politica, ma della politica in senso stretto.
Elimino l'effetto
“blur”, per evitare equivoci: sto parlando di Calderoli...e ho detto tutto! ;-)
arz62
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