sabato 17 novembre 2018

Deliri dal sottoscala del vecchio docente rimbesuito e forse leggermente reazionario per età anagrafica.


Basta leggere in giro tra la cyberspazzatura e tra gli scambi di molti docenti e genitori, nel contenitore variegato dei messaggi motivazionali, ed è tutto un proliferare dei “come”: non insegnare a tuo figlio (o al tuo alunno) qualcosa, perdinci, quanto sei arretrato!, ma insegnagli “come” arrivarci.
Non è solo un difetto degli educatori, sia chiaro.
Anche i politici non scherzano: è certamente meglio non mandare pesce ai paesi poveri, eh!, non si sa mai che si abbuffino e se ne stiano sull'amaca a schiacciarsi un pisolino per smaltire il bolo, 'sti fannulloni!, ma insegniamo loro prima e soprattutto come pescare.
Insomma, è la vittoria del “come” sul “qualcosa”.
L'effetto finale è sotto gli occhi di tutti: persi nel metodo, nell'apprendere il “come”, si perde di vista il pesce; l'addestramento sull'uso della canna da pesca si scontra col fatto o che la canna da pesca non arriva a destinazione o che pescare con le mani, pur con le attrezzature teoriche del metodo, è difficile quando il lago con i pesci è scomparso.
E il pesce, ovviamente. non glielo inviamo per principio, perché costa.
In termini educativi, scusate l'eccesso polemico (e lo è: conosco maestre che, a ragione, perché non lo fanno, mi sputerebbero in un occhio o in entrambi) tutto questo si traduce in: non ti insegno l'ortografia, le aste e il corsivo, ma ti parlo di Jacobson, ovviamente nel primo anno della primaria.
Sia chiaro: il “come” è democraticissimo (in apparenza): nessuno ti impone nulla, non ti obbliga ad essere un contenitore passivo di un qualcosa che non ti appartiene.
Educare, lo sappiamo tutti, è un tirare fuori. Rendere chi non ha mezzi, o meglio sembra non averne, erogatore di contenuti, insegnandogli il “come”, è sicuramente più bello. Anche esteticamente.
L'effetto è che i bimbetti di fronte al foglio bianco sanno forse come fare (anche se francamente, per esperienza diretta, ne dubito), ma non hanno materiale da mettere nero su bianco.
Insomma, pretendere opere di architetti, senza laurea, e di operai generici, senza muratori, malta e mattoni, ai bimbi è un bell'esercizio, ma il culo al caldo di un edificio costruito con tutti i sacri crismi dell'arte edilizia non riusciremo mai a mettercelo.
Ah, non fraintendete! So benissimo che ciò che dico si presta alla solita tiritera che il saper fare è meglio del sapere. Niente affatto.
Chi sa è fichissimo, a mio modesto parere, ma prima di arrivare al “come” bisogna passare attraverso le forche caudine del “qualcosa”.
Si impara il “come” solo per imitatio e aemulatio.
Ad esempio, prima di riuscire vergare le lettere in gotico bisogna essere esperti nel tracciare le aste, prima di disegnare in prospettiva è utile che i bimbi sappiano tirare le righe dritte con il righello, e le mie son banalità (sì?).
E' inutile insegnare ai bimbetti le funzioni di Propp alle primarie , quando non sono in grado di comprendere e produrre un testo semplicissimo ed è inutile spiegare il predicativo del soggetto nelle scuole medie quando l'analisi del verbo dei preadolescenti non sa discriminare né i modi né i tempi.
Il rischio di anticipare il “qualcosa”, e peggio ancora il “come” complesso senza che il “qualcosa” si sia solidificato, può essere spiegato con un esempio facile facile e polposetto per l'immaginario collettivo: pretendere che i bambini apprendano un approccio adeguato alle tematiche sessuali senza passare dall'ape e il fiore (il “qualcosa”) e avvicinarli precocemente alle tematiche sessuali espondendoli a immagine di Pornhub è un'idiozia, no? Riempirgli, inoltre, la testa di come sia bella relazione tra uomo e donna attraverso delle slide sul concetto di rispetto reciproco, tutti sanno che è fallimentare, perché ad una certa età simili questioncelle non possono essere comprese, vero?
Insomma, tirando le somme del mio delirio di fine settimana: prima i principi fondamentali senza fretta e a passo di formica, poi qualche contenuto memorizzato anche a pappagallo (esercitare la memoria, santiddio!, che male c'è?) e poi, solamente poi, il metodo.
Passo passo, lentamente lentamente.
Avete capito: il mio è un elogio alla lentezza, temperato dalla fretta di non costringere quelli svelti di comprendonio a ripetere le stesse cose.
Festina lente:  il delfino attorcigliato all'ancora.


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