Breve e mesta notazione: non tutti
hanno lo stesso rapporto con la morte.
Nel piccolo mondo dei disegnatori il
dibattito è stato aspro in questi anni: a fronte di episodi tragici
(terremoti, stragi anche di disegnatori, cadute di ponti, morte di
personaggi controversi et similia) la Satira non si è tirata
indietro. “Humor nero”, si difendono coloro che si sono
cimentati; più frequentemente si appellano al diritto di satira,
che, dicono, non dovrebbe avere vincoli, dovrebbe essere “assoluto”,
non temendo nessun tabu (Religione, Morte e Sesso).
Ed è facile che chi è del mestiere, a
fronte di una vignetta che è spesso in bilico tra un diritto
legittimo e il cattivo gusto (ridere dei morti viola l'antica
prescrizione del “parce sepulto”) si risenta assai se i colleghi
alzano il sopracciglio: conosceva i rischi dell'impresa, ma
soppesando costi e ricavi aveva pensato che il profitto fosse
evidente e la perplessità di chi dovrebbe apprezzarlo lo amareggia.
Si può ben immaginare la reazione se la critica poi viene da chi di
satira non si occupa!
Il terreno del riso ;-) come quello del
pianto attinge all'humus comune della nostra umanità; i terreni del
riso e del pianto sono vicini, ma lo steccato è assai basso e, oplà,
ti trovi facilmente dall'altra parte (e la staccionata che separa la
vita e la morte, lo sapete tutti, è ancor più eterea).
Perché questo lungo sproloquio neanche
troppo divertente?
Pochi giorni fa una ragazzotta si è
presentata con la maglietta “Auschwitzland” e si è difesa con lo
scudo di cartone del diritto di poter fare “humor nero”.
Ecco chi fa Satira gioca con la morte
perché sa che sta parlando di sé, oltre che degli altri, perché sa
che la sorte comune della morte è uno dei collanti dell'umanità. Se
si ride della morte, lo si fa per non piangere. Ed è perfettamente
umano che si rida o si pianga insieme.
Il riso sguaiato della ragazzotta
diceva altro: diceva che la morte degli altri non era poi così
importante e che non la riguardava.
"Loro sono morti ad Auschwitz, e ben gli
sta, perché non ho nulla a che spartire con loro, neanche il minimo
comun denominatore dell'umanità, e io, vivissima, col sorriso in
bocca e col braccio teso, sono a Predappio a bermi in allegria una
bella birretta con i camerati".
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