Eh, va be'! Perdoniamo pure la
scivolata della neoministra Valeria Fedeli che ha corretto fuori
tempo massimo il suo titolo da laureata in diplomata per adeguarsi
alla realtà “de facto”.
La perdoniamo ancora di più perché
gli attacchi alla Fedeli sono scatenati da uno dei personaggi più
inquietanti del cattolicesimo italiano, quell'Adinolfi che ha
fatto bere a molti stimabili cattolici ( ahimè, anche il Papa si è espresso dando consistenza corporea a un mero fantasma ideologico) fòle incredibili , ad esempio, che nelle scuole si volesse
introdurre il “gender”, pratica che , nell'immaginario un po'
perverso di chi frequenta quel mondo, si concretizzava nel rossetto
sparso a larghe falde sulle labbra dei pulzelli e in rosee mutandine
di pizzo sui genitali dei maschietti dell'infanzia, per non parlare
dei manuali di masturbazione e dell'armamentario da Sexy Shop a
disposizione delle maestre disinibite, invece di qualche dispensa montessoriana di prammatica.
Ecco, sì , la perdoniamo, ma , per
cortesia, Valeria Fedeli mandi subito una letteruccia al Corriere della Sera che pubblica
questo stralcio di quello che sembra essere una sua dichiarazione:
Tralasciamo il fatto che diploma di laurea e laurea sono pressoché la stessa cosa, almeno nel vecchio ordinamento, e che il ragionamento risulta dunque un po' zoppicante ( non c'è verso: diploma rimanda alle scuole superiori, laurea, sia nella versione di laurea da sola sia di diploma di laurea rimanda all'Università), vorremmo soffermarci sull'ardita protasi dell'ipotetica.
Sappiamo che l'Accademia della Crusca
non sta piangendo lacrime amare per la morte del congiuntivo, ma,
pur pietosi nei confronti della decretata eutanasia di quel modo gentile e
vagamente scettico, molti di noi, che non son puristi, non sopportano
che la sua esecuzione avvenga ex abrupto con la ghigliottina sulla pubblica
piazza, sulle pagine del più illustre giornale italiano, con copioso spargimento di sangue e cervelletto per ogni dove.
Anche se non le richiederemo patenti di studio, pretendiamo dal neo Ministro dell' Istruzione e dell'Università almeno il rispetto della lingua del Sì, lingua che qualche volta, come si è visto recentemente, sa dire anche qualche sonoro NO, quando sente minacciata la sua eleganza o la sua storia.
Ultimamente le direttive del MIUR erano abbondantemente inquinate da un inglese d'accatto, da costruzioni linguistiche volte spesso a nascondere il nulla sostanziale; Valeria Fedeli riporti almeno un po' d'ordine ( e si faccia consigliare da chi ne sa più di lei in merito) nello sfracello evidente della lingua di Dante operata dai suoi predecessori.
E' un lavoraccio,ce ne rendiamo conto, ma , se provvedesse anche solo in parte a un minimo di ecologia della lingua, avrebbe fatto molto. Io, nonostante lo scetticismo generale, attendo fiducioso le sue prime mosse. Non le manca, data la sua formazione, né la concretezza, né la sintesi. Vedremo.
arz62
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