Il Mondo è complesso. Per spiegare molti fenomeni non si può ricondurre tutto alle stesse cause.
I fenomeni storici e sociali ( e anche quelli esistenziali) prevedono analisi complesse,
pieni zeppi di “ma” e di “forse”.
Il nemico numero uno dei sistemi antidemocratici è, di
fatto, la complessità.
Ciò che è complesso è difficile, è materia di “professori” e
“professoroni” e non c’è peggior nemico dei sistemi totalitari che i seminatori
di dubbi.
Tutto deve essere ridotto a una causa: non è detto che sia sempre la stessa, ma deve essere ridotta ad una sola.
Due, quando va bene; tre
creano confusione.
Il motivo del disagio e delle fatiche (economiche, sociali, esistenziali) deve
essere unico e identificabile.
Il principio è comprensibile e, direi, quasi biologico: l’uomo
è economo di natura (la linguistica insegna) e non ama sprecare energie.
Il Mondo, cinico e baro, ci rema contro, che colpa ne ho io?
Ecco dunque la tendenza della ricerca spasmodica del capro
espiatorio: la società, la giustizia, gli immigrati, gli Ebrei, l’Islam, i
poteri forti, la mamma e il papà.
La catarsi nello spettacolo tragico che vede comparire il
capro espiatorio è formidabile: ci scioglie da ogni colpa e da ogni responsabilità.
La semplicità del meccanismo è anche il motivo del suo
successo.
Chi parla di complessità va condannato: non c’è spazio, nel mondo piatto delle certezze artefatte, né
per i “ma” , né per i “però”.
Ed ecco i movimenti sovranisti, nazionalisti e antidemocratici
approfittare di un’ingenuità umana: la reductio ad unum.
Vellica la nostra natura, la nostra pigrizia e la nostra deresponsabilizzazione.
E il nostro eterno infantilismo.
Però
Poesia di TRILUSSA
In un paese che non m’aricordo C’era una volta un re ch’era riuscito a mette tutto er popolo d’accordo e a unirlo in un medesimo partito che era quello monarchico per cui era lo stesso che voleva lui. Quando nasceva un suddito er governo je levava una ghiandola speciale per aggiustarje er sentimento interno secondo la coscienza nazionale in modo che crescesse nell’idea come un cocchiere porta la livrea. Se cercavi un anarchico .. Domani! Macchè! non ne trovavi più nessuno nè socialisti nè repubblicani manco a pagarli mile lire l’uno qualunque scampoletto di opinione era venduto a prezzo di occasione. Per questo in quel paese che vi ho detto viveano così ch’era un piacere senza un tirate là, senza un dispetto ammaestrati tutti di un parere chi la pensava differentemente passava pe’ un fenomeno vivente. Er popolo ogni sera se riuniva sotto la reggia pe’ vedè er sovrano che apriva la finestra tra l’evviva e s’affacciava tra lli sbattimano fino a che non pijava la parola come parlasse a ‘na persona sola. – Popolo – je diceva – come stai? – E tutto quanto er popolo de sotto j’arispondeva – Bene! Assai! – – Ce pare d’aver vinto un terno al lotto! – E il re contento, dopo averje detto quarche altra cosa li mannava a letto. Ecchete che una sera er Re je chiese – Siete d’accordo tutti quanti? – E allora da centomila bocche non si intese che un -sì -allungato che durò mezz’ora. Solamente un ometto scantonò e appena detto sì disse però. Vi immaginate quello che successe! – Bisogna bastonarlo – urlò la folla – Le indecisioni non sono più permesse se no ricominciamo il tirammolla. – – Lasciate che mi spieghi e poi vedremo – disse l’ometto che non era scemo. – Defatti appena er Re c’ha domandato se eravamo d’accordo j’ho risposto nel modo che avevamo combinato ma un buon amico che c’avevo accosto per fasse largo, proprio in quel momento m’ha acciaccato li calli a tradimento. Io dunque non ho fatto una protesta quel però che mi è uscito in bona fede più che un pensiero che c’avevo in testa era un dolore che sentivo al piede. Però, dicevo, è inutile se poi ce pestamo li calli tra di noi. Quanno per ambizione o per guadagno uno non guarda più dove cammina e monta sulli calli del compagno va tutto a danno della disciplina.- fu allora che la folla persuasa je disse – vabè, però stattene a casa –
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