La breve (...e poco colta) mia riflessione nasce dalla discussione sull'imbecillità in rete e da questo caustico post di Malvino:
Leggo e ovviamente parteggio per
Malvino: Ceronetti è un grande intellettuale ( ...e non prendete alla
lettera il giudizio apparentemente severo di Malvino), ma non sempre, anzi qualche volta rischia di far la figura dell'imbecille.
L'articolo di Ceronetti pubblicato su Repubblica (
lo trovate qui senza interpolazioni: http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2015/06/21/samantha-lo-spazio-e-il-signor-freud50.html),
spunto per la narrazione contenuta nel post, è un reale concentrato
di pessima comunicazione.
Ceronetti è uno scrittore, d'accordo,
e lo spazio suo naturale è quello della candida pagina di un libro
qua è la fregiata dai geroglifici della sua fervida immaginazione.
Essere incomprensibile ai più in un libro è lecito e il lettore di
un libro “difficile” può legittimamente pensare di non avere gli
strumenti culturali per comprendere i voli pindarici dello scrittore.
Che farà? O, meschino, come il sottoscritto, abbandonerà il libro,
afflitto dal doloroso senso di colpa di non essere abbastanza
intelligente per capire quello che c'è scritto, o cercherà di
capire, per lampi confusi, il percorso tortuoso della mente
dell'autore. Nulla di male. Il tempo poi stabilirà se il pensiero
dell'autore sia diamante inscalfibile o mina friabile e facilmente
cancellabile sulle pagine della letteratura nazionale.
Uno scrittore, però, dovrebbe pur
cedere a qualche compromesso, se decide di scrivere su un giornale!
Insomma, per farla breve: se Ceronetti
avesse espresso il proprio pensiero al Circolo dei Nobili ( fuor di
metafora: su una rivista di Letteratura, nelle aule di un'Universita
et similia), sicuramente avrebbe meritato più di un applauso ( sia
da parte di chi qualcosa è stato in grado di comprendere sia, per
timidezza, da parte di chi non ha capito una cippa, ma si vergogna di
ammetterlo), ma Ceronetti al bar (ossia sulle pagine di un giornale),
commentando il viaggio tra le stelle della Cristoforetti, rischia di
fare la figura di chi, innamorato delle proprie parole, segue un filo
logico incomprensibile agli altri e, forse, a se stesso.
E il povero avventore, spettatore del
profluvio di parole, non potrà che pensare che l'autore degli alati
pensieri o sia un imbecille patentato, pur dotato di una supercazzola
retorica di tutto rispetto, o, più pietosamente, uno stanco istrione
ubriaco a cui offrire generosamente un altro calice perché Morfeo,
prendendo il sopravvento , gli permetta un accesso più rapido ai sogni tanto invocati.
arz
Nessun commento:
Posta un commento