È un loro cavallo di battaglia.
Sono partiti con il “Maalox!” e sono approdati al “Rosicate!”.
Il fascio-leghismo è stato questo: costretti alla
marginalità per molti anni per i borborigmi, meteorismi e rigurgiti razzisti, machisti,
fascisti e para nazisti, gli esponenti del fascio-leghismo hanno vissuto il
periodo eroico dell’esclusione: si sentivano forti, si sentivano importanti, si
sentivano incisivi, ma nessuno se li filava.
Si parlavano tra di loro nei cenacoli e nelle conventicole, nelle
adunate nei pratoni, nelle palestre di arti marziali e di boxe: duri e puri.
Arditi, ma emarginati.
Dopo il beneplacito del berlusconismo e l’onore del
palcosceno (sic!) di Mediaset, si trovano improvvisamente sotto l’occhio di bue
della scena: da comparse vestite da soldato romano, da coatto di periferia, da
Vichingo con le corna a Mattatori.
Ovviamente si aspettano, dopo il lungo bagno di umiltà, un
riconoscimento.
Si imbellettano come possono, provano la consistenza del
muscolo e della mascella protesa. Tagliano le corna all’elmo vichingo.
Cercano, se possono, di migliorare la dizione, lasciando
trasparire qua e là, il loro passato di periferia e di strapaese.
Il teatro non è pieno e il pubblico è freddino.
L’applauso non parte.
L’egemonia di Sinistra non c’è più o, se c’è, è quella depotenziata
di coloro che loro continuano a chiamare “radical chic”, egemonia da circolo canottieri.
E il popolo, operai e piccola borghesia, ormai non li dovrebbe
schifare più, anzi.
Secondo l’insegnamento di Umberto Eco nel saggio su Mike, così
come lo spettatore medio si innamora delle gaffe del presentatore televisivo,
così il popolo prova un certo afflato per la rozzezza, per l’ignoranza e per la
mancanza di bon ton dei nuovi commedianti.
“Come sono umani!” è la reazione fantozziana di chi cerca
una nuova rappresentanza. Imperfetti come noi, umani come noi.
L’essere un po’ villani aiuta, smarronare da cafoni sui
congiuntivi è una medaglia al valore.
L’antiintellettualismo dei fascismi funziona sempre e alla
grande.
L’offesa più sanguinosa rivolta ai loro avversari non sarà
mai il “fellone” che sa di Medioevo né il suo equivalente in tempo di economia
di guerra “traditore”, né l’immarcescibile “comunista” della Buonanima che
rimanderà alla Guerra Fredda: sarà “professore” (nelle varianti: “professorone”
o “professorino”).
Arriviamo al punto: avete presente Petrolini quando recita
la parte di Nerone?
“Roma rinascerà più grande e più superba che pria”?
Dovrebbe scattare il “Bravo!” del pubblico.
Siccome qualche volta sentono di poter sfruttare qualche pezzo
che non gli è venuto malaccio, se non scatta il “Bravo!”, ci rimangono male.
“Come? “Non vedete come suona bene “Roma più superba che
pria?”
Se non ci sarà reazione, si metterà in moto il meccanismo
vittimista: “Siete invidiosi!”
Niente.
“O che cazzo, questi non reagiscono! Sono in tanatosi! Come
farli reagire? Meglio un fischio, un boato di disapprovazione che un silenzio
imbarazzato del pubblico!”
Ed ecco il barbatrucco, l’equivalente del “Siete un pubblico
di merda!” degli Skiantos: “Rosicate!”
Noi siamo qui alla ribalta e parliamo con i grandi della
Terra e voi siete in platea. “Rosicate!”
Purtroppo, molti ci cascano, rumoreggiano indignati e
rispondono a tono e la recita, anche se stancamente, continua.
L’ho già consigliato più volte.
Non reagite: fate silenzio oppure, e sarebbe preferibile,
allontanatevi senza clamore.
Non siete un pubblico di merda: lo è lo spettacolino.
E non c’è nulla di peggio di un attore senza pubblico che urla
all’infinito: “Rosicate! Rosicate! Rosicate!”, un clown tristissimo col cerone
che cola, l’immagine più vicina alla Morte Nera.