domenica 14 marzo 2021

Fenomenologia semiumoristica e semisociologica della disposizione delle librerie durante le comunicazioni on line.

 

I libri. Sì, questo post parla di libri. Non di libri letti, ma di libri esposti. Orbene, ordunque: in questi tempi di comunicazione on line tramite Meet, Skype o Zoom, molti si pongono il problema di come fare entrare gli altri in casa propria. Ho appena cambiato abitazione e l’architetto che mi ha seguito, visto che avevo la mia libreria (o meglio le librerie) da piazzare in casa, a bruciapelo mi ha domandato: “Che idea vuoi che si faccia chi ti entra in casa, guardando il tuo salotto?” Specifico che ho abbattuto una parete dell’ingresso e chi entra dalla porta d’ingresso ora vede subito il salotto di casa. Nella mia ex casa in salotto non c’era un libro in una libreria: erano sparsi qua e là, more solito, come i capperi sulla pizza (Gadda). Avevo un corridoio lungo a disposizione (come nella mia nuova abitazione nel reparto notte) e avevo dislocato altre librerie nelle altre stanze senza pensarci troppo, riempite alla bell’e meglio, con libri in tripla e quadrupla fila. E la lotta greco-romana con mia moglie per lo smaltimento del superfluo e per la distribuzione equa degli spazi era continua. Il mio caro architetto (compagno di classe di mia moglie e come sua moglie anche lei architetto; ci ha dato anche lei un aiuto enorme di cui le sarò sempre grato) mi ha guardato sornione: “Non vorrai che vedano il televisore?”

Devo ammettere che non ci avevo mai pensato. O meglio: ho sì sempre evitato di lasciare le mutande ad asciugare sul calorifero in salotto, ma mai avrei pensato che qualcuno avesse un’idea diversa di me solo entrando nella mia casa.

 Illuso: tutti, compreso il sottoscritto, si fanno un’idea sommaria (e spesso sbagliata) di coloro con cui hanno a che fare, ovviamente quando la conoscenza è superficiale, osservando la loro casa. Così come i datori di lavoro hanno occhi per il vestito del candidato che si propone per un nuovo incarico.

E’ buccia, d’accordo, non polpa, ma pur da qualcosa dobbiamo partire.

Noto ora che in TV il 99% di coloro che si collegano con i TG in remoto hanno alle loro spalle enormi librerie. Come voi sapete i portatili, in quanto tali, possono essere spostati ed è facile che alle nostre spalle non ci sia una libreria: ci sarà una parete con un quadro, una finestra, un armadio.

No: il 99% di chi si espone alle telecamere ci tiene a far sapere che legge. E molto.

Poi, in verità, ci sono le varianti polarizzate: la variante berlusconiana che prevede libri ordinati e della stessa altezza, come negli uffici di avvocati e notai, intervallati da fotografie in cornice d’argento di parenti, amici o personaggi famosi, tipica di chi vuole infondere l’idea della pulizia e dell’ordine (anche quando è un pregiudicato) e la libreria “casual” con libri risposti in modo disordinato, dai tascabili ai libri d’arte, dai fumetti alla Treccani, spesso non disposti verticalmente e ordinatamente per collana e per dimensione, ma impilati orizzontalmente come codici medievali, simbolo del lettore onnisciente.

Per quanto mi riguarda ho deciso: in sala nessun libro, solo quadri e un televisore di pollice medio 😉. Le librerie nel corridoio, nelle secrete stanze. Nascoste. 

I miei ospiti si accorgeranno della mia cultura (presunta, perché mica li ho letti tutti!) solo quando mi chiederanno di andare alla toilette. E, quando si condivide il bagno, ci si conosce a sufficienza per non lasciarsi andare a facili giudizi.

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