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Non è l'errore in sé. Tutti sbagliano. Chi ha lavorato nell'editoria lo sa bene: anche i migliori scrittori, anche gli esimi professori, in ispecie quando erano costretti a scrivere tanto e di fretta, incorrevano in qualche sfondone, in qualche concordanza malriuscita e finanche in qualche errore ortografico.
Non è l'errore in sé. Tutti sbagliano. Chi ha lavorato nell'editoria lo sa bene: anche i migliori scrittori, anche gli esimi professori, in ispecie quando erano costretti a scrivere tanto e di fretta, incorrevano in qualche sfondone, in qualche concordanza malriuscita e finanche in qualche errore ortografico.
Poco male: c'era sempre qualcuno nella
casa editrice che riprendeva il manoscritto o il dattiloscritto e
correggeva, pazientemente e senza smadonnare, il lapsus calami
del dotto, scivolato qua e là su qualche accento e su qualche
(c)acca ortografica.
Poi l'editor, ma allora non si chiamava
così, mandava in stampa, dove, giocoforza, i tipografi incorrevano
in altri errori ( diversi dall'originale) e, solo alla fine del
farraginoso processo, il più scalcagnato e il più sottopagato dei
correttori di bozze rimediava nel 99% dei casi all'idiozia vera e
propria, all'errore marchiano e a quello che tutti ora chiamano
“refuso” , ma che in realtà appartiene spesso alle categorie
precedenti.
Qualche volta, va detto, il povero
correttore di bozze provvedeva a correggere la “lectio difficilior”
con la “facilior” ( e in questo caso raccoglieva supino, a stampa avvenuta, gli
improperi dell'autore che si precipitava come un falco presso la casa
editrice, lanciando alte grida per l'attentato al suo onore
intellettuale)...
Comunque, alla disperata, insieme al
libro già stampato compariva l'”errata corrige”, il fogliettino
che ricordava al lettore l'imperfezione insita nella trasmissione dei
testi, soggetta ai dispettosi diavoletti che inducono all'errore
chiunque si sporchi le mani con l'inchiostro.
Come vedete, la sagra dell'errore, dunque, non è
nuova, ma, come ho descritto, attraverso il filtro del controllo di
più persone, l'errore spesso non compariva a stampa.
Che cosa sta succedendo ora?
Com'è possibile che le “tracce”
diventino “traccie” e che il singolare di “batterio” diventi
“battere”?
I casi sono tre: o si è tagliato sul
personale a tal punto da saltare ogni forma di controllo o
, ed è l'ipotesi peggiore, chi è preposto ai compiti di controllo
non è più all'altezza dell'incarico che gli è stato affidato o questi ha lavorato troppo di fretta ( ma una prova di maturità si stabilisce un bel po' di tempo prima, o no?).
La soluzione, a mio avviso, è semplice: o gli occhi
di Argo di cento persone provvederanno d'ora in poi alla “scansione” del testo delle tracce di maturità sin nei minimi dettagli o i pochi , per questione di segretezza della
prova, dovranno rileggersi il tutto con cura, dimostrando di non
essere faciloni e distratti ( e magari chiedere alla moglie nel segreto del talamo quale sia
il singolare di “batteri”; è tra l'altro un ottimo metodo anticoncezionale! ;-)).
Auspico che il MIUR adotti , dopo la figuraccia rimediata quest'anno, gli standard
delle riviste di enigmistica: gli errori in queste redazioni sono
visti come fumo negli occhi e confessare di aver sbagliato può
portare al seppuku del colpevole, seduta stante, davanti a tutti i
collaboratori! arz62
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