venerdì 28 luglio 2017

Sulla polemica vaccini sì, vaccini no.

So di tirarmi una tegola sulla testa, ma conto sul fatto che chi leggerà quanto sto scrivendo appartenga, ed è un'iperbole per eccesso, al numero dei venticinque lettori di manzoniana memoria (tra cui almeno una decina non condividono generalmente nulla di quello che dico, ma mi vogliono bene e non mi strapazzano più di tanto).
Mi accingo a parlare male degli antivaccinisti.
Non entro nel merito: non sono competente e non mi azzardo a mettermi a discutere di argomenti che non mi appartengono.
Parlo solo della foga che caratterizza chi difende la causa antivaccinista. E sulla comunicazione e sull'uso della lingua qualcosina so.
Perché diffido? Perché il meccanismo psicologico e sociale che sta alla base della contesa è abbastanza evidente.
Il neoliberismo ha instillato nella testa di molti l'idea che l'individuo conti di più non solo dello Stato, ma di tutta la comunità a cui appartiene.
Sappiamo che le istituzioni “forti” sono state oggetto di feroce critica da ormai un cinquantennio (Mioddio! Un cinquantennio...): Stato, Chiesa, Esercito, Istituti psichiatrici, Medicina tradizionale, Scuola e Università se la passano maluccio.
L'unica divinità che non si può contestare è l'Economia, perché prendersela con l'Economia, come disse un tempo un guitto delle nostre parti, è come prendersela con la pioggia.
Zitti e mosca, alla Moira economica obbediscono anche gli dei dell'Olimpo!
Negli Stati Uniti la rivolta trumpiana per l' abbattimento dell'Obamacare è significativa: lo Stato non può imporre nemmeno il diritto alla salute pubblica poiché puzza di socialismo e di stato Sociale.
Noi che recepiamo le novità d'oltreoceano con il debito ritardo e le distorciamo a nostro uso e consumo, abbiamo incominciato da poco: si va dalla scuola parentale ( “Perché lo Stato si arroga il diritto di educare i nostri figli?”) alla difesa del diritto di non vaccinare i figli ( “Che diritto ha lo Stato di imporre una vaccinazione che è potenzialmente pericolosa?”) e, ovviamente, alla base di tutto, ci sta la rivolta fiscale ( “Perché lo Stato si pippa metà del mio guadagno?”).
Insomma, la Storia ci insegna che dal Tea Party bostoniano a oggi i “Figli della Libertà” hanno tutto il diritto di utilizzare acqua salata per la loro bevanda preferita.
E' inutile pensare di opporsi più di tanto all'andazzo, inutile ricordare ai nostri cari concittadini che la loro salute, in Italia, è ancora difesa dallo Stato sociale e che , con gli stipendi che corrono, in uno stato ultraliberista non potrebbero pagarsi nemmeno l'ingessatura per una frattura composta al braccio; inutile dire che l'istruzione pubblica, con tutti i difetti di questo mondo, ha garantito ( ma ancora per poco , ragazzi!) ai loro figlioli, se non di lavorare in Italia, di avere qualche possibilità di impiego all'estero (se così non fosse, se la scuola italiana non resistesse con le unghie e coi denti al degrado imposto, perché mai si parlerebbe di “fuga di cervelli”?)
A complicare le cose c'è poi la “distorsione” a cui ho accennato.
Perché in Italia non c'è in realtà un conflitto solamente tra individuo e Stato, ma, com'è evidente, tra famiglia e Stato, il che in un paese cattolico non è cosa di poco conto.
E' la famiglia a sentirsi minacciata, a vedere nelle istituzioni un nemico da cui difendersi.
Ed ecco spiegata la foga degli antivaccinisti: non difendono loro stessi, ma la loro prole... e toccare i figli in Italia è come toccare i fili dell'alta tensione! E l'istinto darwiniano prevale e la parola chiave è sempre quella: famiglia.
Peccato poi , per chi non se ne fosse accorto, che la “famiglia tradizionale” non esista più da un bel pezzo e che il benessere ( sì, va bene, lo dico: il capitalismo) abbia distrutto in modo irreversibile un'istituzione che non ha ormai nulla a che fare con una fin troppo idealizzata famiglia perfetta del passato ( ...il “familismo amorale” esisteva già dal tempo in cui Berta filava...lo dico solo per chi ne fa e ne ha fatto un feticcio, Pasolini compreso).
Ecco ora che si fa chiaro il motivo per cui la storia del piccolo Charlie è un emblema perfetto del conflitto in atto: lo Stato malvagio, attraverso la Magistratura, che condanna a morte il piccolo bambino è la rappresentazione perfetta dello Stato tirannico.
Rassegnarsi a un destino terribile e crudele che prospetta anche ai piccoli cuccioli dell'homo sapiens una fine ingiusta o prendersela (inutilmente, ahinoi!) con le malattie che hanno accompagnato la storia dell'umanità e che ora potrebbero diffondersi anche attraverso la nostra ignavia, è troppo difficile.

Più facile è prendersela con lo Stato, l'altro feticcio negativo eretto dagli Italiani perché questi ultimi non si guardino mai allo specchio, perché di quando in quando si sentano grandi e adulti, e spesso eroici ( in questo caso giocandosi ai dadi babilonesi la pelle degli altri e, in particolare, quella della loro prole).

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