Orbene, ordunque. A Roma, durante le
consultazioni per dar vita a un governo che prende sempre più i
connotati del mostro di Frankestein, un satiro/artista allestisce in
via Lucchesi a Roma un lavoretto simpatico. Non è Bansky, sia
chiaro, e probabilmente lavora con Photoshop.
La tecnica è moderna e alla portata di
tutti, ma l'allestimento è più raffinato e il messaggio, se non
profondissimo, perlomeno ci strappa un sorriso: in una via di Roma,
un Museo a cielo aperto, compare un'opera del Caravaggio,” I bari” con tanto di cornice e didascalia a fianco.
Nel giro di poche ore il tutto viene
rimosso.
Avete girato ultimamente per Roma?
State pure nella vostra città, se siete pigri.
Vi sono scritte di ogni genere, di rara
bruttezza, veri schizzi di bile sui muri, indecifrabili ormai (poiché
il linguaggio politico e dell'immagine cambia, e molti dei fossili
grafici risalgono persino agli anni Settanta) e esteticamente
orripilanti; dominano i disegnini di organi genitali, le bestemmie,
opera di deturpatori di cessi coperti dall'anonimato, le tag di
anonimi e di non dotatissimi sedicenti artisti di strada (non parlo,
sia chiaro, dei writer di talento, sia chiaro, parlo dei ragazzini
delle scuole medie in libera uscita).
Ecco queste opere resistono al tempo.
Lo sberleffo satirico no.
Perché?
Ecco per chi non fosse informato il
quadro che riporto per svelare l'arcano.
Godetevelo. Non servono le audioguide
;-)
Per maggiori informazioni: I Tre bari
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