Abbellire il proprio passato.
Renderlo eroico, epico, anche quando non lo è.
L’espressione latina “laudatores temporis acti” dice tutto:
coloro che lodano e si sbrodolano nell’incensare il tempo ormai trascorso.
Non siamo impietosi. Tutti ci cascano, anzi ci caschiamo: per amore di noi stessi (perché constatare di esser stati parte di generazioni senza alcuna qualità non fa benissimo), per amore di quello che oggi si chiama storytelling ossia l'arte dell’indorare la banalità del reale con qualche barbatrucco che renda un episodio banale un avvenimento epico con il belletto dell’affabulazione.
Noi
vecchietti indulgiamo nel peccatuccio per non annoiare i nostri amici che delle
nostre esperienze sanno tutto e che , se le presentassimo enne volte al cubo senza
pepe e senza sale, esplicitamente ci direbbero: “Guarda che l’hai già raccontata
millanta volte!” o “Che palle!” et similia.
Irrita che un difetto strutturale da "boomer" si ripeta paro paro in chi "boomer" non è.
E per di più per veicolare pensieri conservatori, retrivi, ottocenteschi, da padroncini
delle ferriere e di quello star system del successo economico che va oggi per
la maggiore.
Insomma, il rincoglionimento dettato dall’età in genere
provoca patetica comprensione, ma il rincoglionimento dei giovanotti e delle
giovanotte che ripropongono una società anni ’50 fa un po’ indignare.
Solo noi boomer ovviamente: parte dei giovinotti, non generalizziamo!, hanno messo sul
piedistallo Briatore, Vacchi, Berlusconi, Sgarbino e compagnia, tipici
rappresentanti delle nuove generazioni.
Clap! Clap!
Che delizia vedere i giovinotti plaudire alla decomposizione!
Avranno visto troppi film splatter?
Gli zombie si nutrono di cervelli: ne troveranno abbastanza?
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