Chiedo venia in anticipo. Forse sono
vecchio e ormai i neuroni vanno a spasso e sento cigolii che forse
sono frutto di un malfunzionamento delle mie orecchie. Qualcuno mi
dia una mano, dunque. Ditemi che mi sbaglio! Leggo il titolo di oggi
di Libero. “Mattarella, giura che tagli le spese”.
Se non
sbaglio, quel "giura" è un bell'imperativo. Siccome sono della
generazione dello “spero, promitto e iuro” che vogliono
l'infinito futuro ( in Latino, d'accordo), mi sarei aspettato, seppur col tono dell'invocazione imperativa, un
“Mattarella, giura che taglierai le spese”. Visto che il soggetto
della principale è uguale a quello della subordinata, ma è una
questione puramente di orecchio personale, ancora meglio l'implicita:
“Mattarella, giura di tagliare le spese”. Invece no, il
titolista nella subordinata mi mette un bel presente indicativo
seconda persona singolare. Perché mi urta? In primis, il vocativo
senza alcun titolo onorifico. Insomma, si sta parlando al Presidente
della Repubblica. D'accordo, il titolo di un articolo non si presta
alle lungaggini, ma c'è un limite a tutto.
Poi c'è quel imperativo
che mal si addice a chi vorrebbe rivolgersi ad un'autorità. E, per di più, con un
tu poco rispettoso. Infine, c'è l'indicativo colloquiale, ciliegina
sulla torta.
Non c'è niente da fare, se c'è un
titolo cafone, questo ne è un buon esempio: equivale , ahimè, al cafonissimo: "Ehi, capo! Portami una birretta!"
Senza il necessario "per piacere", "per cortesia", ovviamente...
Senza il necessario "per piacere", "per cortesia", ovviamente...
arz
Nessun commento:
Posta un commento