giovedì 8 settembre 2022

"Rodo, ma non rido": post severamente sconsigliato a chi non si occupa di Satira disegnata e scritta.

 


Probabilmente, tra un secolo circa, e mi si scusi l’accostamento blasfemotto, ci sarà un novello Dionigi il Piccolo, e non per le dimensioni dell’intelletto, che individuerà nella storia della Satira una frattura, un a.FB. e un d.FB.

“FB”, naturalmente, sta per “Facebook”.

Nel periodo dopo Facebook, chi si occupa di Satira scomparirà.

O meglio: si occulterà. Vivrà, come Epicuro insegna, nascosto.

Premessa maior: Facebook ha fatto sì che chiunque, dotato di media intelligenza, possa ardire ad avvicinarsi alla Satira. Non so se sia un male assoluto, ma non ho dubbio che qualche danno lo stia facendo.

Per la Satira disegnata l’agonia sarà più lenta (lo vedremo dopo), ma per la Satira scritta sarà probabilmente la fine. 

Già da ora, in verità, si percepiscono i segnali di sgretolamento.

Quando tutti hanno diritto a satireggiare, qualsiasi avvenimento sarà oggetto di Satira. 

Anzi vi sarà una compulsione al contenuto satirico dei neofiti, compulsione che coinvolge attualmente naturaliter anche molti autori satirici.

Come sapete, ad esempio, la Regina Elisabetta ora sta male e già fioccano interventi salaci sulla sua dipartita.

A parte il buon gusto (ma, vivaddio, anche la Satira vera non ha il buon gusto per statuto!), l’aspetto nuovo e decisivo è quello quantitativo: su migliaia di interventi penosi e tristissimi, state sicuri che qualcuno riuscirà a scrivere due righe fulminanti (un altro aspetto che individuerà il novello Dionigi il Corto, ops il Piccolo: la necessità della brevità dell’intervento).

 E chi si occupa di Satira (scritta) dirà: accidenti, perché non ci ho pensato io per primo?

Certo, il Satirico Maior è in grado di gestire nel tempo due paginate di buona satira senza fare un errore di ortografia, ma un comandamento di Facebook (e ancor più di Twitter) impone la concisione, l’uso parsimonioso della lingua: si lavora di stoccata e, dopo l’affondo, si ride soddisfatti, quando il sangue zampilla. 

Peccato che gli autori di questi virtuosismi non reggano la durata. 

Insomma, ne azzeccano una e ne sbagliano cento. Nel periodo dei duelli, al secondo assalto, sarebbero cibo per vermi.

Il Satirico Maior, comunque, non è un ingenuo, perché sa che le regole di ingaggio "facebucchiano" sono queste: brevità, ferocia, ghigno beffardo e fuga.

 Venti righe non le legge e regge più nessuno: seguendo le regole dei redattori del Reader’s Digest anni Cinquanta/Sessanta, una lettura non deve eccedere il tempo di una seduta nel proprio gabinetto (regola rispettata anche dai giornali online che indicano il tempo di lettura dell’articolo).

La Satira disegnata, come ho scritto, morirà più lentamente. 

Non tutti sanno tenere la matita in mano e nessuno può negare il valore attrattivo dell’immagine in un contenuto satirico. Certo, i disegnatori di fine Ottocento e di primi del Novecento venivano dalla scuole d’Arte, mentre oggi, come sappiamo, e io ne faccio parte, i disegnatori satirici sono perlopiù autodidatti e la qualità del disegno spesso è accettabile, ma non eccelsa. 

Ovviamente, la tecnica non è tutto, anche se chi disegna, se è onesto, rode forte nel vedere il collega più perito e attento ai particolari e tecnicamente attrezzato  risolvere senza evidente fatica alcuni problemi nella resa di una vignetta.

Ma l’Intelligenza Artificiale, come i ben informati sanno, risolverà, a breve, anche questo problema.

Concludo, perché ormai, anche se pazienti, avete finito la carta igienica: molti disegnatori satirici non faranno vignette su Elisabetta, anche se sono repubblicani, atei o cattolici nel midollo, per sottrarsi all’obbligo compulsivo del “coccodrillo”: non se la sentiranno e sarà il segnale del loro ritiro nel guscio.

Molti altri lo faranno e non sono da condannare. 

Fintanto che l’entusiasmo c’è, bisogna sfruttarlo. 

Ma il d.FB incombe. 

Cupo e mortifero.

Io ve lo avevo detto, eh!

 

N.B. Dopo la rubrica “Pissi pissi bao bao”, introduco un'altra parentesi di riflessione  con la rubrica “Rodo, ma non rido” riservata agli autori satirici. 

Siamo, sì e no, duecento in Italia e molti, com’è giusto, non mi leggono perché hanno ben altro da fare. Bene benissimo: siamo sotto ai 25 lettori di manzoniana memoria. 

Chi mi conosce sa il motivo della mia bislacca soddisfazione.

 

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