giovedì 28 giugno 2018

Discorso di fine anno scolastico. Vietato ai maggiori di 25 anni.


[Discorso di fine anno scolastico rivolto ai ragazzi che conosco, prevalentemente miei ex allievi. Chi non è stato mio allievo e ha più di 25 anni salti a piè pari. 
Facebook personalmente di persona verrà a dirmelo, vecchiacci, se barerete! ;-)]


Da dove ripartire? Be', per chi è contento di come stanno le cose, non c'è bisogno di far alcunché. Se la goda, come ogni conservatore per bene.
Per chi non è contento, e voi spesso non lo siete, che fare? 
Per prima cosa, è necessario ripartire da voi, quelli che qualcuno cataloga un po' grossolanamente nella categoria dei giovani.
Premessa maior: il mio discorsetto non ha lo scopo di catechizzarvi.
Anzi, è l'esatto contrario: è un esplicito invito a non fidarvi. Di loro, i vecchiacci, di noi, vecchiacci e per di più docenti (un composto instabilissimo che aspetta ancora il suo Nobel per essere stabilizzato).
Chi ha superato una certa età ha già sul proprio collo la bisaccia della propria vita (stravolgo un po' la favoletta, ma è a fin di bene): è davanti ai loro occhi e ovviamente costituisce un parametro difficilmente eludibile, nel bene e nel male.
Voi “giovani” la bisaccia non la vedete: è alle vostre spalle. Non dovrei dirvelo, ma è un sacco vuoto. Dovrete riempirlo con le vostre esperienze e i vostri errori. E sarà destino che quando la bisaccia sarà riempita, ve la mettiate davanti al naso, proferendo qual oracolo parole alate alle nuove generazioni con la consueta premessa: “Ah, ai nostri tempi!...”
E' importante, però, che il sacco ve lo riempiate da soli e non ve lo facciate riempire dagli altri.
Ecco partiamo da qui.
Qual è il segno di questi tempi non particolarmente luminosi?
E' che i vecchi non solo hanno più potere di voi, ma tentano di imporvi con un certo successo le loro parole d'ordine (non è la prima volta, eh?).
Una su tutte la parola più terribile o, se preferite, formidabile è “ paura”.
Alcune forze politiche, che si spacciano per “nuove”, ma che in realtà sono l'espressione del Cripto-Partito degli Anziani, parla con il linguaggio dei vecchi a quei vecchi asserragliati nelle loro villette con il fucile puntato, quei malvissuti che quando incontrano qualcuno di un colorino diverso dal loro si mettono la mano sul portafoglio. Non condanno, sia chiaro, chi ha paura. Chi è vecchio è più debole ed ha paura di tutti: dei diversi, ma, in particolare, sappiatelo e non dimenticatevelo mai, ha paura proprio di voi giovani.
Condanno, però, e senza possibilità di redenzione nel mio personalissimo Inferno, chi pensa che la paura debba appartenere anche a chi non la prova, condanno gli appestatori e i vampiri che trasmettono le loro ansie agli altri, succhiandone il sangue e le energie.
I giovani devono andarsene in giro a mezzanotte perché poco hanno da perdere, vero?
I pochi euro ve li siete già bevuti e li avete spesi in altro. Poco importa in che cosa, purché non vi ammazzi. I giovani devono viaggiare con pochi soldi e pochi programmi, no? Incontrerete dei pericoli? Probabilmente sì, ma li affonterete con la vostra spavalderia. Qualcuno di voi ci rimarrà secco? Probabilmente sì, ma questo non potrà far scemare la vostra energia e fermare il desiderio di scoprire che cosa c'è dietro l'angolo.

Diffidate, inoltre, da chi vi dice: prima il lavoro, lo studio non serve.

Chi parla così si rivolge ancora ai vecchiacci di riferimento, quelli che non hanno studiato e ce l'hanno fatta lo stesso. Peccato che stiano per schiattare. Sono ancora lì con il piccolo gruzzolo del loro lavoro, del lavoro di una vita. Faticoso, sia chiaro. Il settantenne non ha bisogno di studiare: deve difendere il capitale raccolto, tesaurizzarlo.
Se non può metterlo in banca ( ...e la paura delle Banche avide e assassine è un'altra caratteristica di una popolazione anziana), lo mette sotto il mattone o nel materasso. E si guarda intorno perché nessuno possa scoprire il nascondiglio.
Metterebbe il proprio gruzzoletto all'interno di una cassaforte, all'interno di un'altra cassaforte, che si presenterebbe, se fosse realizzata, come un'avida Matrioska blindata.
Chi ama troppo la sicurezza non ha gran considerazione della vostra libertà di non avere nulla.
Studiare, al contrario, significa essere curiosi non solo delle fattezze del proprio ombelico; curiosità significa esplorare ciò che non si conosce e richiede coraggio.
Rinunciare a tutto per affrontare un altro confine, un altro limite. Senza nessun peso morto, compreso quello del denaro.
Significa cambiare. E cambiare è difficile anche per i giovani ( che spesso si incistano nell'usuale: “Non sono in grado”, “Non sono capace”), più difficile, se non impossibile, per i vecchi protetti dal carapace dell'esperienza (pronto a sfaldarsi in un attimo, davanti alle malattie e alle magagne della vecchiaia, o semplicemente al cospetto del dito dell'urologo ;-)).
Lo si può fare più facilmente quando ancora si è un po' informi e non sclerotizzati nelle proprie manie e sicurezze, lo si può fare quando la bisaccia è vuota e quando il cambio della pelle non è un problema.
Siate pure serpenti, se volete affamati, ma non troppo attaccati alla vostra buccia, insomma.
Studiare significa conoscere ciò che ci piace. E studiare non è solo stare in polverose biblioteche (che però hanno il loro fascino: si incontrano molte persone interessanti;-)): si studia vivendo esperienze nelle strade e nel Mondo.
Le villette con il recinto alto tre metri lasciatele ai vecchi.
Il fucile per stecchire il ladro di turno non abbia per voi alcun fascino.

Infine, e la chiudo qui, non studiate per lavorare come dicono i vecchiacci.
Si studia ciò che non si conosce perché per “uscire fuori” bisogna scavare un po' dentro. 
Nei buchi della vostra ignoranza troverete forse una via d'uscita. E solo per caso e tangenzialmente un lavoro.

Ecco è finito il discorsetto ai ragazzi di fine anno del docente anziano. Vi siete annoiati, eh? Du' palle! 
Non datemi retta e fate come se non avessi parlato.Come avete sempre fatto a scuola, insomma... Buone vacanze, ragazzi! ;-)

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