[Discorso di fine anno scolastico
rivolto ai ragazzi che conosco, prevalentemente miei ex allievi. Chi
non è stato mio allievo e ha più di 25 anni salti a piè pari.
Facebook personalmente di persona verrà a dirmelo, vecchiacci, se
barerete! ;-)]
Da dove ripartire? Be', per chi è
contento di come stanno le cose, non c'è bisogno di far alcunché.
Se la goda, come ogni conservatore per bene.
Per chi non è contento, e voi spesso
non lo siete, che fare?
Per prima cosa, è necessario ripartire da
voi, quelli che qualcuno cataloga un po' grossolanamente nella
categoria dei giovani.
Premessa maior: il mio discorsetto non ha
lo scopo di catechizzarvi.
Anzi, è l'esatto contrario: è un
esplicito invito a non fidarvi. Di loro, i vecchiacci, di noi,
vecchiacci e per di più docenti (un composto instabilissimo che
aspetta ancora il suo Nobel per essere stabilizzato).
Chi ha superato una certa età ha già
sul proprio collo la bisaccia della propria vita (stravolgo un po' la
favoletta, ma è a fin di bene): è davanti ai loro occhi e
ovviamente costituisce un parametro difficilmente eludibile, nel
bene e nel male.
Voi “giovani” la bisaccia non la
vedete: è alle vostre spalle. Non dovrei dirvelo, ma è un sacco
vuoto. Dovrete riempirlo con le vostre esperienze e i vostri errori.
E sarà destino che quando la bisaccia sarà riempita, ve la mettiate
davanti al naso, proferendo qual oracolo parole alate alle nuove
generazioni con la consueta premessa: “Ah, ai nostri tempi!...”
E' importante, però, che il sacco ve
lo riempiate da soli e non ve lo facciate riempire dagli altri.
Ecco partiamo da qui.
Qual è il segno di questi tempi non
particolarmente luminosi?
E' che i vecchi non solo hanno più
potere di voi, ma tentano di imporvi con un certo successo le loro
parole d'ordine (non è la prima volta, eh?).
Una su tutte la parola più terribile
o, se preferite, formidabile è “ paura”.
Alcune forze politiche, che si
spacciano per “nuove”, ma che in realtà sono l'espressione del
Cripto-Partito degli Anziani, parla con il linguaggio dei vecchi a
quei vecchi asserragliati nelle loro villette con il fucile puntato,
quei malvissuti che quando incontrano qualcuno di un colorino diverso
dal loro si mettono la mano sul portafoglio. Non condanno, sia
chiaro, chi ha paura. Chi è vecchio è più debole ed ha paura di
tutti: dei diversi, ma, in particolare, sappiatelo e non
dimenticatevelo mai, ha paura proprio di voi giovani.
Condanno, però, e senza possibilità
di redenzione nel mio personalissimo Inferno, chi pensa che la paura
debba appartenere anche a chi non la prova, condanno gli appestatori e i
vampiri che trasmettono le loro ansie agli altri, succhiandone il
sangue e le energie.
I giovani devono andarsene in giro a
mezzanotte perché poco hanno da perdere, vero?
I pochi euro ve li siete già bevuti e
li avete spesi in altro. Poco importa in che cosa, purché non vi
ammazzi. I giovani devono viaggiare con pochi soldi e pochi
programmi, no? Incontrerete dei pericoli? Probabilmente sì, ma li
affonterete con la vostra spavalderia. Qualcuno di voi ci rimarrà
secco? Probabilmente sì, ma questo non potrà far scemare la vostra
energia e fermare il desiderio di scoprire che cosa c'è dietro
l'angolo.
Diffidate, inoltre, da chi vi dice:
prima il lavoro, lo studio non serve.
Chi parla così si rivolge ancora ai
vecchiacci di riferimento, quelli che non hanno studiato e ce l'hanno
fatta lo stesso. Peccato che stiano per schiattare. Sono ancora lì
con il piccolo gruzzolo del loro lavoro, del lavoro di una vita.
Faticoso, sia chiaro. Il settantenne non ha bisogno di studiare: deve
difendere il capitale raccolto, tesaurizzarlo.
Se non può metterlo in banca ( ...e la
paura delle Banche avide e assassine è un'altra caratteristica di
una popolazione anziana), lo mette sotto il mattone o nel materasso.
E si guarda intorno perché nessuno possa scoprire il nascondiglio.
Metterebbe il proprio gruzzoletto
all'interno di una cassaforte, all'interno di un'altra cassaforte,
che si presenterebbe, se fosse realizzata, come un'avida Matrioska
blindata.
Chi ama troppo la sicurezza non ha gran
considerazione della vostra libertà di non avere nulla.
Studiare, al contrario, significa
essere curiosi non solo delle fattezze del proprio ombelico;
curiosità significa esplorare ciò che non si conosce e richiede
coraggio.
Rinunciare a tutto per affrontare un
altro confine, un altro limite. Senza nessun peso morto, compreso
quello del denaro.
Significa cambiare. E cambiare è
difficile anche per i giovani ( che spesso si incistano nell'usuale:
“Non sono in grado”, “Non sono capace”), più difficile, se
non impossibile, per i vecchi protetti dal carapace dell'esperienza
(pronto a sfaldarsi in un attimo, davanti alle malattie e alle
magagne della vecchiaia, o semplicemente al cospetto del dito
dell'urologo ;-)).
Lo si può fare più facilmente quando
ancora si è un po' informi e non sclerotizzati nelle proprie manie e
sicurezze, lo si può fare quando la bisaccia è vuota e quando il
cambio della pelle non è un problema.
Siate pure serpenti, se volete
affamati, ma non troppo attaccati alla vostra buccia, insomma.
Studiare significa conoscere ciò che
ci piace. E studiare non è solo stare in polverose biblioteche (che
però hanno il loro fascino: si incontrano molte persone
interessanti;-)): si studia vivendo esperienze nelle strade e nel
Mondo.
Le villette con il recinto alto tre
metri lasciatele ai vecchi.
Il fucile per stecchire il ladro di
turno non abbia per voi alcun fascino.
Infine, e la chiudo qui, non studiate
per lavorare come dicono i vecchiacci.
Si studia ciò che non si conosce
perché per “uscire fuori” bisogna scavare un po' dentro.
Nei
buchi della vostra ignoranza troverete forse una via d'uscita. E solo
per caso e tangenzialmente un lavoro.
Ecco è finito il discorsetto ai
ragazzi di fine anno del docente anziano. Vi siete annoiati, eh? Du'
palle!
Non datemi retta e fate come se non avessi parlato.Come avete sempre fatto a scuola,
insomma... Buone vacanze, ragazzi! ;-)