Come ogni buon insegnante
ultracinquantenne sull'orlo del “burnout”, mi occuperò oggi di
una vicenda, in apparenza, irrilevante, ma che favorirà certamente la caduta in
depressione acuta di parte della classe insegnante e faciliterà
l'opinione pubblica a ritenere (a torto, e marcio, se non marcissimo)
la scuola, nel suo complesso, un problema marginale della società
per la banalità dell'argomento che si sta trattando.
Partiamo dalla cronaca: una scuola
primaria, la “Dal Verme” di Milano, ha deciso di monitorare, con
tanto di circolare interna, l'accesso ai bagni dei bambini.
Insomma, l'insegnante, ogniqualvolta
che il bambino andrà in bagno, dovrà apporre una ics su apposito
registro. Per controllarlo.
Giustamente la persona sensibile avrà
capito che una tale mostruosità, burocratica e illogica nel
contempo, è indotta da un problema contingente e reale. E non
sbaglia. Il dirigente specifica:
"A
volte ci sono problemi di disciplina. Alcuni bambini sporcano o
salgono sui water, spargono acqua e sapone sul pavimento. Ho deciso
di adottare questo provvedimento per tutelare innanzitutto i piccoli
e per verificare se, effettivamente, siano andati in bagno senza
rischiare di scivolare o farsi male...”
Orbene,
ordunque, nelle scuole primarie ci sono bambini che sporcano, salgono
sul water e spargono sapone e acqua in ogni dove.
Si
sa che fare la pipì e la popò è un momento intimo e che, nelle
emergenze, specie se si è piccoli e inesperti, si possono verificare
dei guai.
Il
bimbo accorto e educato, con un po' di vergogna, avverte, a casa,
mamma e papà (e lo fa, dopo un po' di esperienza): il risultato dei
suoi guai gastrointestinali è lì da vedere e non scompare con lo
schiocco delle dita.
A
scuola, dovrebbe avvisare il collaboratore scolastico e/o la maestra.
Oggi
non lo fa.
Ho
assistito, in qualità di responsabile di plesso, e insegno nelle
medie, a situazioni imbarazzantissime, da film dell'orrore: cacca
sparsa in ogni dove, carta igienica ammonticchiata in modo da
intasare anche il più pervio wc della scuola, assorbenti delle
fanciulle lanciati all'esterno delle finestre invece di essere
collocati negli appositi contenitori.
La
chiudo qui perché qualcuno non pensi che la descrizione di simili
fattacci sia una forma di perversione dello scrivente.
Perché
un bambino e un ragazzo tace quando combina simili guai? La risposta
più semplice è: se ne vergogna e vuole nascondere ciò che ha
fatto.
Forse
la situazione era tale un tempo.
Credo
che il bambino/ragazzo che si comporta così oggi non ragioni più
così. Il bagno è zona comune e chi lo frequenta sa che atti del
genere sono abituali. Si tratta, insomma, dell'effetto gregge al
contrario. Nei bagni pubblici il comportamento non è virtuoso, ma se così fan
tutti...Il bagno è res nullius, perché il concetto di bene pubblico
non viene insegnato a casuccia.
Sommate
l'abitudine di molti genitori di sopperire alle mancanze del bimbo,
anche quando è in grado di riparare al danno fatto, al posto suo e il quadro è completo.
Ed
ecco che la risposta isterica della scuola, come se fosse colpa sua,
risulta del tutto illogica, ma in linea con le richieste dei tempi: telecamere, rilevamenti, ics sui fogli.
Come se le telecamere, i
controlli assidui risolvessero il problema a monte: perché un
bambino si sente autorizzato a spandere merda nel bagnetto della
scuola e non nel bagnetto di casa sua?
Quale concetto gli ha infuso
la famiglia sul tema del bene pubblico?
E la chiudo qui per evitare un intervento a tal punto noioso da annoiare me stesso.