giovedì 5 settembre 2019

Vittime e vittimisti: stessa radice, desinenza diversa.


Una figlia ha tutte le ragioni per difendere il padre accusato ingiustamente di aver avvelenato una giovane ragazza e per condannare la cultura del sospetto.
Ma da qui a rivendicare un'innocenza per i 25 anni di politica torbida, costellata da inchieste, da condanne in giudicato e da prescrizioni favorite dall'essere sceso in campo in politica per tempo onde evitare il peggio ce ne passa.
Agli occhi di sua figlia, cui deve tutto, il papà sarà un eroe e una vittima, ma, dispiace smentirla, per la Storia, e si parla di Storia e non di cronaca, nonostante sia ancora in vita, suo padre è stato, è e sarà un personaggio controverso e ambiguo che ha fieramente e con astuzia difeso i propri interessi personali e che solo tangenzialmente si è occupato del bene comune.
Del male prodotto a livello morale in un Paese non particolarmente virtuoso si tace perché non è materia da Tribunali terreni. E nessuno, tanto meno il sottoscritto, ha l'ultima parola.

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