lunedì 27 luglio 2020

Non dovete credere ai vostri occhi! Gaslighting: esempi pratici (2)


La prenderò da lontano. Da molti anni fotografi, semiologi, sociologi , psicologi etc...si sono occupati di analizzare l'immagine fotografica, mettendo in evidenza che una foto, che sembrerebbe ai più ingenuamente un modo di rappresentazione tra i più oggettivi della realtà, nasconde sempre una parte di soggettività come capita per tutte le testimonianze oculari (e qui è naturale citare Marc Bloch che su questo tema è stato illuminante).
Una fotografia, per molti ma non per tutti è una banalità, è sempre una rappresentazione parziale del mondo, anche solo per il fatto che non lo può rappresentare nella sua interezza, ma solo in parte, attraverso l'inquadratura.
Un esempio di come l'inquadratura possa distorcere la nostra capacità di valutare la realtà è questo:


A seconda del taglio dell'immagine, otteniamo interpretazioni non solo diverse, ma opposte.
Ovviamente, ogni studioso o semplicemente curioso del mondo dovrebbe prestare attenzione alle manipolazioni delle immagini.
E' sempre bene chiedersi chi scatta la fotografia, con quale intenzione comunicativa, se la realtà rappresentata è colta nella sua naturalezza o è artefatta (si impone, come spesso succede, al soggetto, ad esempio, di mettersi in posa) e farsi altre mille domande.
Non voglio tediare nessuno e non vado oltre. 
Vengo al punto.
L'interpretazione critica è buona cosa, ma l'eccesso di interpretazione o iperinterpretazione può essere pericolosissimo. 
Se di fronte alle immagini delle vittime di un delitto, si mette in dubbio la morte del soggetto, perché (e faccio solo un esempio) la posizione del corpo è anomala o il sangue per terra si spande sul terreno in maniera innaturale, si eccede nell'iperinterpretazione, quando altre testimonianze ci dicono che la morte è avvenuta realmente.
Agisce con lo stesso meccanismo mentale il negazionismo che si appella alla mancanza di tracce di Zyclon B nelle camere a gas per negare l'olocausto, trascurando tonnellate di documentazione che ha dimostrato che “quello è stato” e, per arrivare più vicino a noi, le teorie antiallunaggio che presuppongono la partecipazione di registi famosi per la messa in scena di un inganno trompe l'oeil a livello mondiale.
Il rasoio di Occam dovrebbe essere sempre affilato, altrimenti dobbiamo presupporre una realtà che è solo finzione o al massimo ombra di realtà di cui ci sfugge con precisione il contorno sensoriale.
Torniamo all'oggi.
C'è una fotografia di un uomo sanguinante. C'è una macchia per terra che ha tutta la parvenza di sangue. C'è un uomo alle sue spalle in piedi.

L'avvocato difensore del Carabiniere accusato di violenza se non di tortura afferma, sfidando il ridicolo, che l'uomo è caduto.
La logica ci dice: perché scattare una fotografia? Per testimoniare una caduta? Non ha ovviamente senso. Mentre assume significato alla luce delle intercettazioni una foto che, a mo' di trofeo di caccia grossa, testimonia la riuscita dell'impresa.
Non è il luogo per fare processi, ma il lettore critico usi il rasoio di Occam, perché l'avvocato sta probabilmente utilizzando la solita tecnica del gaslighting ossia quella tecnica manipolatoria che, a fronte di una realtà spiacevole, tende ad ingannare la fiducia di base di chi deve interpretare il documento per sconvolgerne la memoria e il giudizio di realtà.
L'atto manipolatorio del legale è lecito, sia chiaro, ma è vòlto solo a instillare incertezza nell'opinione pubblica che non sempre ha strumenti per difendersi; difficilmente ingannerà un giudice, ma non dovrebbe ingannare nemmeno chi non si accontenta ingenuamente della parola di chi oggettivo non può esserlo di fatto, essendo per statuto un difensore di parte. De hoc satis.

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