mercoledì 29 giugno 2022

Abbellire il proprio passato.

 

Abbellire il proprio passato.

Renderlo eroico, epico, anche quando non lo è.

L’espressione latina “laudatores temporis acti” dice tutto: coloro che lodano e si sbrodolano nell’incensare il tempo ormai trascorso.

Non siamo impietosi. Tutti ci cascano, anzi ci caschiamo: per amore di noi stessi (perché constatare di esser stati parte di generazioni senza alcuna qualità non fa benissimo), per amore  di quello che oggi si chiama storytelling ossia l'arte dell’indorare la banalità del reale con qualche barbatrucco che renda un episodio banale un avvenimento epico con il belletto dell’affabulazione.

Noi vecchietti indulgiamo nel peccatuccio per non annoiare i nostri amici che delle nostre esperienze sanno tutto e che , se le presentassimo enne volte al cubo senza pepe e senza sale, esplicitamente ci direbbero: “Guarda che l’hai già raccontata millanta volte!” o “Che palle!” et similia.

Irrita che un difetto strutturale da "boomer" si ripeta paro paro in chi "boomer" non è.

E per di più per veicolare pensieri conservatori, retrivi, ottocenteschi, da padroncini delle ferriere e di quello star system del successo economico che va oggi per la maggiore.

Insomma, il rincoglionimento dettato dall’età in genere provoca patetica comprensione, ma il rincoglionimento dei giovanotti e delle giovanotte che ripropongono una società anni ’50 fa un po’ indignare.

Solo noi boomer ovviamente: parte dei giovinotti, non generalizziamo!, hanno messo sul piedistallo Briatore, Vacchi, Berlusconi, Sgarbino e compagnia, tipici rappresentanti delle nuove generazioni.

Clap! Clap!

Che delizia vedere i giovinotti plaudire alla decomposizione! 

Avranno visto troppi film splatter? 

Gli zombie si nutrono di cervelli: ne troveranno abbastanza?


mercoledì 22 giugno 2022

Vignetta didattica: Insieme per il futuro. La maionese impazzita.

 Insegnare a fare umorismo e a fare satira è un po' un controsenso. Lo spirito umoristico o satirico o ce l'hai o non ce l'hai come il coraggio di Don Abbondio. 

Però, si può insegnare facilmente come non fare umorismo (siamo dalle parti di Montale che afferma che il Poeta può solo fornire al suo lettore ideale solo "storte sillabe e secche"), producendo esempi significativi. 

Un modo per NON fare umorismo è irritare il lettore, facendogli fare i salti mortali per cogliere il significato della vignetta. 

Quando il lettore è perverso (ma deve avere capacità di interpretazione da enigmista), la capisce tutta, ma non ride: il banchetto è luculliano, ma propone Nutella e spaghetti. Insieme. 

Quando è scafato, la capisce a tre quarti e gli rimane in bocca l'amaro...Tanto vale non capirla del tutto! Che cosa c'è di peggio di mangiare una ciliegia con un verme dentro? 

Mangiarne una addentando solo il verme a metà, no?

Oggi sono oziosissimo (pausa esami) e, invece di andare dal pedicure, mi do alle metavignette incomprensibili o comprensibili in parte. Anche a chi le realizza, eh!

 I giochi di parole sono banalissimi e anche questo serve allo scopo. Affestellarli l'uno dietro l'altro è operazione piacevole come  riempirsi con la paletta gli slip con la sabbia.

Insomma, oggi mandatemi a quel paese allegramente...




domenica 19 giugno 2022

Pissi pissi bao bao (post vietatissimo a chi non vive la tragicommedia della Scuola italiana oggi).

 

 

Parlerò da umorista che ne sa di scuola e non da docente, anche per far digerire a chi legge un post lungo più di dieci righe. Dove sta il verme nella proposta delle 36 ore onnicomprensive? A mio avviso a copertura dell’amo per boccaloni (qual siete e siamo) di vermi ce ne sono parecchi.

Primo verme: vedo già il docente ingolfato di compiti da correggere e di relazioni da riempire di burocrazia difensiva (non si sa mai che il Tar!) nel Fortino cartaceo della buona Istruzione. “Accidempolina! È un affarone! Lavoro sicuramente di più!” E me lo vedo col calcolatore in mano fare la somma delle ore di lezione, del tempo impiegato nella correzione dei compiti, nella preparazione delle lezioni etc…poi, sottraendo al totale le 36 ore, pensare: “Ho liberato un mucchio di ore per dedicarmi ai miei hobby: la lettura, il disegno, la calligrafia, l’ermeneutica, l’enigmistica o alla mia famiglia: starò di più con il mio piccino, con mio marito/moglie/gatto/pesce rosso and so on. Oppure, come i gatti dormirò di più: otto ore di lavoro, otto ore per me e otto ore per il sonno!”.

Il primo verme è nascosto e insidioso qual serpe edenica: qualcuno quantifica quante ore saranno dedicate all’insegnamento frontale e quante allo svolgimento dei compiti istituzionali del buon insegnante e non istituzionali della Burocrazia Scolastica Decerebrata, ma Centralizzata? Nessuno lo fa e c’è un motivo.

Chi ci governa ha in mano un foglio di Excel e un numero che è già stato stabilito: riduzione dal 4% al 3,5% del PIL della spesa dedicata all’istruzione. Il taglio in parte sarà garantito dalla denatalità (e notate il leggero e perverso ossimoro di un Ministero dell’Istruzione che gode del fatto che si scodellino pochi bambini). Meno bimbi, meno insegnanti.

Non basta, però: chi ci governa (devo fare i nomi? No, li sapete benissimo) e gran parte dell’opinione pubblica pensano che l’insegnante sia uno scansafatiche.

I docenti si rodono il fegato sui Social a controbattere (“Non è vero che abbiamo tre mesi di ferie!”, “Non è vero che il nostro lavoro non è usurante!”) comportandosi così come il bambino olandese che cercava di fermare il crollo della diga, mettendo il dito nel buco che segnalava il suo cedimento.

Inutilmente, of course, nel nostro caso.

Una caratteristica degli interventi dei governi di tutti i colori è stato quello di aumentare l’orario “formale” e frontale di lavoro dalle 18 alle 24 ore. Innanzi tutto, il “divide et impera” tra i docenti dell’ex scuola media: da una parte quelli inglobati nel primo ciclo, dove l’estensione del lavoro nella Primaria è già stata operata, e dall’altra quelli del secondo ciclo.

Non lo vedete il verme delle 36 ore? Godete ora offrendovi volontariamente al martirio?

Secondo verme è l’insegnante stesso: un altro obiettivo di chi ci governa (sia da Destra sia da Sinistra) è la riduzione dell’autonomia dell’insegnante: autonomia nella gestione del tempo e nella formazione. L’irrigidimento della struttura della Scuola con Dirigenti sempre meno interessati alla didattica, ma all’offerta formativa che porta denaro alla scuola certo, ma anche ai Dirigenti, fa sì che l’insegnante debba diventare, come si suol dire oggi con il sorriso sulle labbra, “flessibile”. Come un verme, appunto.

 La lezione frontale viene demonizzata e l’aspetto “commerciale” sive aziendalistico della scuola ossia l’offerta di servizi alla famiglie on demand deve essere incentivato: se le forze residue della scuola (già stremate) non bastano, si ricorrerà al Terzo Settore.

 E via di PON, di erosioni nelle pieghe del FIS per pagare i docenti disposti all’operazione, di iniziative extracurricolari e curricolari che consumano goccia a goccia, in un imperituro stillicidio, fatto solo di stalagmiti, il già poco tempo a disposizione del docente per costruire la parvenza di qualcosa di serio all’interno del programma (ohibò, non programma…quello non esiste più!): progettazione!

Per lenire le sofferenze del docente in colpa, la pappa odorosa e medicamentosa del superamento delle discipline e dell’assunzione del ruolo di “Super-facilitatori”.

Privati del loro ruolo e della loro autonomia, i docenti si piegano si flettono sull’amo della Buona scuola come ballerine di Pole dance. Più si muovono, più sembrano dediti a un lavoro, facendo “ammuina” (googlate pure).

Ma quel che più importa è rendere il docente dipendente nel suo aggiornamento, nella gestione del suo tempo e nella sua formazione dallo stesso Ministero. La formazione diventa a pagamento (e possibilmente sarà gestita dall’Università, dando vita a un mitologico uroboro) e costantemente fuori dall’orario del docente.

Rientrerà la formazione ancora nelle 36 ore?

 L’insegnante potrà decidere in piena autonomia quale corso frequentare e quale no? Dai chiari di luna, cari docenti, mi sembra di no.

Io, da umorista, vedo tanti altri vermi, ma è meglio non accanirsi a tagliar loro la testa tutto d’un botto. Qual Idre moltiplicano le loro teste dopo ogni decapitazione. E il verminaio per oggi è già colmo.


sabato 11 giugno 2022

Indietro, popolo!


 Proporre ai Sindacati aumenti salariali al di sotto dell’inflazione reale significa scaricare sulle spalle di chi paga le tasse (per forza, va bene) lo stato di crisi.

Di patrimoniale non si parla poiché il sacro dogma liberista vuole che lo Stato intervenga poco sulle questioncelle che riguardano i ricchi, mentre, sempre dai teorici della manina magica, lo Stato può far strame degli stipendi dei dipendenti pubblici e privati.

Insomma Stato forte con i deboli, Stato debole con i forti.

Con la Grecia erano stati più chiari, da noi si opera secondo il criterio della rana bollita a poco a poco.

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