mercoledì 6 novembre 2019

Dal pensiero alla parola, dalla parola all'atto. Come si sdoganano i violenti e i razzisti. Ed uscimmo a vedere gli asterischi.



Va be', sono un vecchiaccio e ripeto le stesse cose, ma magari qualcuno si è perso la spiegazione: era assente giustificato. Lo ripeto anche per i più zucconi, non si sa mai.
Prima si pensa qualcosa (“Sei uno sporco ne*ro”, “Vorrei che tu, ne*ro, galleggiassi in mezzo al mar”, “Vorrei che i comuni*ti fossero fucilati. Viva il Cile e Bolsonaro!”).
Si sa di pensare male, ma, se vediamo che il nostro prossimo, appena proferiamo tali parole, anche edulcorate, ci guarda come guano sotto le scarpe, ci asteniamo.
Facciamo silenzio, anche se mastichiamo amaro.
Poi arriva qualcuno che nel nome dell'odio del “politically correct” dice: “Perché non dovrei chiamare ne*ro il ne*ro e fro*io il fro*io?”
Inizialmente c'è qualche perplessità. Il buon senso si oppone. Non sta bene.
Se chi giustifica queste espressioni è un giornalista o un uomo di governo o persino un partito politico, le cose cambiano.
Ovviamente su tu apostrofi simili personaggi con le espressioni che si meritano: “Emeriti stron*i, fec*ia dell'umanità, razzi*ti di me*da”, si offendono.
Perché il “politically correct” non vale, quando si dice la verità, specialmente su di loro.
Non sia mai! Noi non siamo stron*i, sono i ne*ri che lo sono. Non siamo razzisti, ma... Non siamo intolleranti, ma...
Poi le avversative, lemme lemme, non servono più. 
E Ballottelli è un ne*ro (l'asterisco non c'è, ma se lo scrivo mi bloccano giustamente su Facebook) che italiano non è e mai lo sarà, i comuni*ti sono peggio dei nazisti perché ne hanno ammazzati di più e quindi anche i paralitici col braccio alzato e un danno cerebrale evidente hanno diritto di fare quello che vogliono.
E ci sono “giornalisti” e “intellettuali” (sì, con le virgolette) che avallano queste posizioni che il popolo bue si beve come acqua fresca.
E, alla fine, si bruciano i locali dei comuni*ti, dei fro*i, degli intelletua*i e di chiunque ami leggere un li*ro.
Le "Pecore elettriche" vanno improvvisamente e dolosamente in cortocircuito.
Ci siamo arrivati. Piano piano.
Ed è l'ora di fare di un'erba un fascio, e mi si scusi il facile gioco di parole: chiunque strizzi l' occhio a questo orrore, si ammanti del nome di Leghista, di Forza italico o di Fratello d'Italia, con tutti i “ma” che vuole, è complice.
E personalmente, se non esprime esplicitamente la propria disapprovazione per la degenerazione in atto, non merita il mio rispetto. 
Neanche in dosi omeopatiche.
(“Ecchissenefotte!” diranno. Perfetto, ma lo sappiano, eh, quando mi incontrano: per cortesia, non mi salutino).

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