Saviano scivola su una banalissima buccia di banana: in una comunicazione via Twitter il cinguettio diventa un “cra cra” corvino. Saviano scrive un “Qual'è” con l'apostrofo invece del corretto “Qual è”.
Chi scrive (e scrive tanto) sbaglia ,
prima o poi, per distrazione, per influsso e reflusso dialettale o
semplicemente perché sbaglia e basta.
I filologi che hanno scartabellato nei manoscritti dei più grandi scrittori della
Letteratura italiana hanno letto di tutto ( ma l'errore è spesso
giustificato, perlomeno per gli scrittori dell'Ottocento, dalla constatazione che una lingua “stabilizzata” non era ancora
nata...)
Saviano ha sbagliato: è inutile tirare
in ballo Landolfi e Pirandello.
E il suo errore non è nell'apostrofo,
ma nell'essersi adeguato al perfezionismo diffuso che impone esseri
perfettissimi che non sbagliano mai.
Al punto che la parola “errore”
diventa “refuso” perché l'errore, ad avviso di molti, non
appartiene all'uomo.
Sarebbe bastato un piccolo rossore (
“...Dovete sapere, la fretta! La velocità della videoscrittura! Non
ho dimestichezza con il T9!”) e lo avremmo facilmente perdonato.
E invece no...
©arz
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