L'episodio è gustosissimo, ma , nel contempo,
tristissimo: un prete anticamorra si rivolge al Prefetto, donna, di
Caserta utilizzando il titolo di “Signora” e non quello di
“Signora Prefetto”.
Il Signor Prefetto, uomo, di Napoli,
Andrea De Martino, lo rimprovera aspramente: se non si rispettano le
istituzioni chissà dove si andrà a finire!
(Per prendere visione diretta del
“fattaccio” eccovi uno dei tanti link tratti da “Repubblica
TV”:
http://www.vip.it/video-don-maurizio-patriciello-parroco-di-caivano-anticamorra-ripreso-dal-prefetto-di-napoli-andrea-de-martino-perche-chiama-signora-il-prefetto-di-caserta-carmela-pagano/)
A me sembra evidente che il tono del
Don fosse rispettosissimo (...la Signora lo ha “gentilmente”
accolto senza appuntamento) e che forse lo stesse diventando un po'
meno ( “...mi voleva convincere che non era vero”).
Il Prefetto di Napoli gioca di anticipo
e lo scopo della ramanzina è evidente: ristabilire i ruoli, ma anche
ristabilire le distanze, tra il querulo prete anticamorra e il
Potere.
Intendiamoci: il Prefetto ha ragione
perché la forma ha il suo significato e per quanto possibile va
rispettata.
Qui , però, ci si attacca alla forma
per svilire il contenuto.
La situazione non è nuova, ed è arma
della politica con la p minuscola, se non che, ad un certo punto, il
Prefetto se ne esce con un : “Se io lo chiamerei signore, lei che
cosa ne penserebbe” ( poi, non è chiaro se imbeccato da qualche
collega o se se ne sia reso conto lui, si corregge, imputando la
colpa del mancato congiuntivo a chi l'ha spinto all'ira e allo
sdegno).
Be', seguendo i parametri del Prefetto
della Repubblica, la forma non è stata rispettata, poiché un
rappresentante dello Stato ( con la "esse" maiuscola) simili errori non
li dovrebbe commettere: la maschera del Potere si sgretola facilmente in un
secondo e diventa polvere.
Se utilizzassimo il criterio del
Prefetto di Napoli, egli stesso ha recato offesa alle istituzioni,
esprimendosi come un cittadino malalfabetizzato.
Non credo, però, sia giusto condannare
chiunque per parole mal pensate e mal pronunciate, ma credo che il
peccato più grave del Signor Prefetto Andrea De Martino sia stato un
altro: svilire e stroncare un intervento (potenzialmente polemico)
dallo scranno di un istituzione, ribadendo la natura violenta di
qualsiasi potere, quella che impone le regole, le stabilisce a suo
piacimento e che non garantisce, invocando la Lesa Maestà, il già
debolissimo diritto di parola di “chi voce non ha”.
arz©
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