martedì 2 ottobre 2012

Noie: Lacoonte tra i capelli

Prosegue ( lentamente) il progetto delle Noie.

Ecco un altro capitoletto:

Lacoonte tra i capelli

Chi porta gli occhiali lo sa. Ogni tanto bisogna spostarli dal naso e inforcarli sulla capoccia: le donne per mettersi il Rimmel, gli uomini per schiacciarsi i brufoli davanti a uno specchio.
La casistica è amplissima: dal bacio al pianto, dal tergersi il sudore a leggere uno scritto piccino picciò che le lenti da miope rendono un geroglifico indecifrabile che solo l'occhio nudo e privo di protesi può tentare di interpretare.
Sta di fatto che, quando non ci sia un piano d'appoggio sicuro, il quieto porto delle nostre costosissime lenti è l'apice del cranio e l'azione più spontanea è quella di portare gli occhiali allo zenit della calotta cranica, mantenendo le stanghette ben strette alle orecchie: l'equilibrio, sia chiaro, è instabile e l'occhiale ha una forte tendenza ad assecondare la forza di gravità o ricadendo avanti o, molto più pericolosamente, alle spalle dell'occhialuto con conseguenze in genere catastrofiche.
Questo, però, rientra nella casistica dell'esistenza. Chi porta gli occhiali “sa” che sta rischiando nel portare a termine questa operazione, “sa” che sta giocando una mano pericolosa nella partita truccata con l'esistenza.
Quello che non può prevedere, e che rivela la perfida volontà degli oggetti, è l'incidente che si verificherà quando vorrà riportare gli occhiali nella loro sede naturale.
Ecco, immancabilmente, una piccola ciocca di capelli si attorciglierà qual boa constrictor tra ponte e nasello, lasciando il malcapitato, piccolo Lacoonte tra le spire del serpente, in una situazione veramente imbarazzante.
Vano sarà il tentativo di districare il nodo gordiano con la forza; tirare anche impercettibilmente la ciocca comporterà ( misteri della fisiologia umana!) sul viso un rictus, un sorriso forzato dal dolore. Mollare l'occhiale non si può ( “E se si districa da solo che fine faranno le mie lenti progressive che mi sono costate due occhi della testa?”), tirare con la forza bruta neanche, perché il dolore sarà insopportabile. Dopo un breve lasso di tempo, le dita tenteranno la superficie degli occhiali e con tecniche di scioglimento che metteranno alla prova la manualità fine della vittima, alternando microstrappi e piccole pause per riprendere fiato, alla fine, accompagnato dal sospiro di chi è scampato al disastro, nelle sue mani rimarranno gli occhiali con due, tre capelli strappati, la parte di lui che ha sacrificato per ritornare nel mondo dei vedenti.
Nella Mitologia la Fortuna è rappresentata con una ciocca di capelli, ma calva sulla nuca.
Ho il vago sospetto che portasse occhiali di un certo spessore (la Fortuna è cieca, ma la Sfiga, nostra fastidiosa compagna nel breve viaggio che ci tocca, ci vede benissimo , come ha scritto qualche saggio, e , nel contempo, mi consta abbia una chioma foltissima).
Per chi poi voglia vederci una metafora un po' tirata dei tempi nostri: per asciugarci le lacrime di un ventennio di corruttela, ci siamo ficcati sulla capoccia, per vederci meglio, un Governo tecnico. Ora non si schioda più perché levarlo da lì farebbe assai male...
arz©
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