giovedì 29 agosto 2019

Captatio benevolentiae dissimulata


Captatio benevolentiae. L'espressione non è conosciuta da tutti, ma il concetto sì. 
La Captatio benevolentiae si basa su quelle formule che all'inizio di ogni comunicazione servono ad ingraziarsi la “benevolenza” dell'interlocutore.
Possono assumere varie forme che vanno dall'interesse nei confronti del destinatario (nelle lettere: “Non ci vediamo da un bel po' e non ho tue notizie. Come stai?”), all'ironia e/o autoironia (“Ora voi sarete obbligati a sopportare il mio discorso noiosissimo. Vi chiedo solo un po' di pazienza e poi me ne andrò”) e hanno l'unico scopo di far abbassare le difese di chi ci ascolta, di metterlo a suo agio, in modo che possa ascoltare/leggere con attenzione quello che vogliamo comunicargli.
Capitan Findus ha introdotto una nuova formula della Captatio benevolentiae che denominerei Captatio malevolentiae dissimulata.
Se mi avete seguito, la  Captatio malevolentiae (senza il “dissimulata”) dovrebbe costituire una tattica comunicativa che ha il solo scopo di indisporre l'interlocutore, di fargli girare le scatole, di impedire ogni confronto. Orbene, ordunque, è la tecnica principe di ingaggio salviniana: quando inizia ogni sua prolusione deve (sottolineo: deve) indisporre il proprio (come vedrete, fittizio) interlocutore.
“Sei troppo abbronzato”, “Non sei un uomo libero” , “Sei una zecca comunista” e così via ( un'altra costante è, nel bel mezzo di ogni suo intervento, quella di dichiararsi vittima di insulti da parte degli oppositori dopo averli abbondantemente cosparsi di merda. Scusate il francesismo.).
Dove sta l'arcano di questa modalità di comunicazione così deviata? Qual è il fine di una tecnica che ad una prima analisi sembrerebbe solo controproducente?
L'errore sta nel manico: quando Capitan Findus parla non si rivolge ai suoi oppositori che sono notoriamente refrattari alla sua tecnica persuasiva, ma parla o direttamente ai propri fan (uso il termine “fan” volontariamente perché il fanatismo ha assunto un valore positivo in un certo momento storico. Intelligenti pauca.) o a quella zona grigia dell'opinione pubblica che non ha scelto in che campo stare.
Insomma parla a suocera perché nuora intenda.
L'obiettivo allora diventa chiaro: rafforzare i bias di conferma dei propri sostenitori e far breccia attraverso la ripetizione all'infinito delle formule dialettiche che si sono rivelate efficaci in chi qualche dubbio lo nutre.
L'errore, e grave,  di chi ascolta ed è oggetto delle sue offese è non reagire.
Se qualcuno, nella vita reale, incominciasse ad offenderti, l'unica tattica utile per uscir dalla trappola comunicativa, oltre all'istintivo pugno sul naso che non è generalmente accettato, sarebbe quella di interrompere il suo discorso per ristabilire una condizione comunicativa meno sbilanciata. Con le buone o con le cattive.
Se la situazione non lo permettesse, non sarebbe maleducazione andarsene, lasciando lo sproloquio offensivo sulla bocca di chi non cerca un confronto, ma solo, sempre e comunque, la rissa.
E se c'è una cosa che irrita di più i rissosi a prescindere è parlare ad un muro e vedere le loro parole, alle loro orecchie virili (solo quelle) e piene di sacro furore, sgonfiarsi e inflaccidirsi.
Non continuo nella metafora sottesa perché sarei particolarmente volgare ;-)

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