Piccola osservazione oziosa e
sicuramente inutile suscitata dall'episodio di Foligno (i cui
contorni sono ancora oscuri e pertanto è bene che non si giudichi
alla leggera) e dallo stimolo offerto da una mia amica che ha vissuto
un “esperimento sociale” nella classe di sua figlia (ma era una
terza liceo, eh!).
Va molto di moda anche a scuola la
proposta di questi esperimenti per veicolare alcuni contenuti
educativi. Tutto ciò prevede, innanzi tutto, un coinvolgimento
emotivo. Cosa e buona e giusta, perché si sa che, in particolare a
una certa età, la lezione frontale ha l'unico effetto di provocare
non solo sbadigli, il che sarebbe il meno, ma, da quel che dicono
pedagoghi e psicologi, anche un impatto nullo sull'apprendimento.
L'idea, quindi, è quella di
presentare, e lo si fa anche con un pubblico adulto, un contenuto a
forte valenza emotiva (un filmato, una simulazione, un'attività le
cui ragioni si scoprano piano piano e di cui i partecipanti siano
all'inizio dell'esperimento all'oscuro) e poi attraverso la
riflessione e la discussione veicolare concetti specifici e/o
promuovere nuove sensibilità su alcune tematiche.
Il docente esperto sa, dovrebbe sapere... , come valutare l'impatto emotivo, anche se non può prevederne tutti
gli effetti: ad esempio, far vedere un filmato in cui un
tossicodipendente si droga endovena e passa la siringa al suo
compagno di sventura , ad esempio, ha sicuramente un impatto
visivo-emotivo (e non lo si presenta a ragazzini delle Medie), ma
anche in una quinta liceale ci sarà chi non reggerà l'immagine
cruda e si sentirà male.
Valutare il contenuto, insomma, non è
sempre facile e le variabili da considerare sono molte: il grado di
maturità della classe, la presenza di allievi con determinate
problematiche, l'opportunità dei contenuti, il legame con il
programma stabilito ad inizio anno e, non ultimo, la capacità di
contenere l'impatto dell'esperienza da parte del docente.
L'insegnante sa di muoversi in
una cristalleria, il che comporta sempre qualche rischio. Ma chi non
risica non rosica e tenere lontani, in particolare i ragazzi più
grandi, da alcune tematiche, per paura delle eventuali conseguenze,
lasciando che questi ultimi si informino in modo disordinato solo nel Mare magnum di Internet non va bene lo stesso. E, per fare un esempio
umoristico (e mi compete), sarebbe come delegare l'educazione
sessuale degli adolescenti alla visione di YouPorn per evitare che
qualche genitore si lamenti con voi perché avete parlato di contraccettivi
nella vostra classe.
Quel che temo, però, è , per via
indiretta, la suggestione di Internet sui docenti più giovani.
Gli “esperimenti sociali” sono
all'ordine del giorno su Facebook e alla fine del filmatino è ovvio
che molti pensino: “Che forte! Sarebbe bello farlo in classe!”
In questi casi è meglio dar retta agli
psicologi esperti: spingere troppo sul versante emotivo, quando non
si sanno gestire gli effetti, dovrebbe indurre a una notevole
prudenza. Quando c'è un rischio di destabilizzare il paziente, tra l'altro, gli psicologi sono
obbligati a far firmare il cosiddetto consenso informato.
Ammesso e non concesso che l'episodio
di Foligno sia stato un esperimento sociale, umiliare un bambino e
isolarlo dagli altri, tenendolo all'oscuro di ciò che si intende
fare, anche se il fine fosse stato quello di veicolare il concetto
che la segregazione è un male, equivale all'operazione del chirurgo
che si ostini a voler trapiantare il cuore ad un paziente senza
anestesia e con un coltello da cucina come strumento di incisione. Anche se l'operazione
riuscisse, il paziente sarebbe in qualsiasi caso morto. Capire il nesso di causalità fa parte della base obbligatoria richiesta ad un docente. Insomma non basta l'analisi grammaticale dell'insegnamento, ma è necessario approfondirne anche l'analisi logica e del periodo.
arz©
arz©
Molto sensato quello che dici, ma... era un esperimento sociale??!
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