Per inquinare i pozzi hanno dovuto
inquinare il linguaggio.
Si è partiti con i “fascisti rossi”,
perché dar dei “Comunisti” agli avversari politici non sembrava abbastanza
offensivo: molti di loro ne erano fieri.
Spesso (ma non sempre: c'erano anche i fuoriusciti che si sentivano traditi dal PCI ed erano antifascisti) l'epiteto veniva utilizzato da chi aveva qualche simpatia per il fascismo delle “cose buone”
e magari aveva collocato il busto del Mascellone in salotto.
Perché l'offesa non era nella parola
“fascisti”, ma nell'aggettivo “rossi”. Ma quale offesa
maggiore per un “rosso” che essere definito “fascista”?
Ora Belpietro usa il termine
“collaborazionisti”. Sappiamo tutti chi fossero i
“collaborazionisti”.
Ora il direttore de "La verità" onora del titolo coloro che
appoggiano Adolf Hitler Macron, non coloro che hanno
soffiato e soffiano sul malcontento per favorire l'estremismo di
Destra xenofobo, negazionista e paranazista.
Insomma , è la solita abitudine di
coloro che appartengono ai movimenti populisti di attribuire agli
altri i propri difetti strutturali (dove l'ho letto? Barthes? Eco?)
Pierre Poujade non è mai morto.
Un altro semplice esempio?
“Razzisti all'incontrario”, rivolto
dai razzisti DOC agli antirazzisti per sottolineare una presunta
discriminazione nei confronti dei bianchi.
De hoc satis, populisti comunisti statalisti! ;-)
arz©
Nessun commento:
Posta un commento