s. m. ‘atto rituale con cui si dedica una cosa materiale a un dio al fine d'incrementare la potenza divina, di pacificarne la collera, di propiziarsela e sim.’ (av. 1292, B. Giamboni), ‘offerta non materiale fatta a Dio o agli dei in segno di devozione’ (av. 1321, Dante), ‘grave privazione subita volontariamente’
Non amo utilizzare il sacro per fare
ironia. Credo da sempre che offendere il sentimento religioso degli
altri sia sempre una forma inaccettabile di violenza e di mancanza di
rispetto della libertà altrui. Perché utilizzare un quadro sacro di
Caravaggio allora per ironizzare sulla prima uscita del prof. Monti?
Perché è proprio lui a mettere in piazza il sacro. “Non ho mai
parlato di lacrime e sangue, ma di sacrifici sì”.
Con queste parole sembra voler
attenuare il peso di una manovra economica che colpirà (come
prevedibile) sicuramente i soliti poverelli, ma credo che sia assai
pericoloso ammantare di sacro ciò che sacro non è. Francamente non
capisco: comprendo le lacrime e il sangue dell'uomo, la fatica di
sopportare le avversità del mondo, ma che cosa c'è di sacro nel
gioco perverso della politica neoliberista, della cinica decisione di
impoverire la classe media, di allargare la forbice tra i ricchi e i
poveri? “Si parva licet componere magnis”, associo questa mia
piccola osservazione all'intimo fastidio degli ebrei nell' accettare
il termine “olocausto”, che attiene alla sfera religiosa, al posto del più corretto
Shoà...
Perché coinvolgere la sfera religiosa
dove l'umano è così evidente?
©arz
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