lunedì 20 maggio 2019

A scuola non si fa politica: la nuova educazione al silenzio.

Vedo con rammarico che alcuni dei miei contatti plaudono al provvedimento che ha sanzionato la docente denunciata da un tweet di un membro di Casapound (!), per omessa sorveglianza dei propri allievi nell'ambito di un’attività didattica. La “gionta" alla loro approvazione è la solita e, mi si lasci dire senza peli sulla lingua, ignorantissima frase: “A scuola non si fa politica". Lo sanno anche i sassi che si fa politica anche tacendo (non sono loro quelli che si lamentano del silenzio sulle Foibe o sull'Esodo istriano?) Non saranno persuasi da quello che dirò, ma quello che è successo è l’atto più politico che si potesse fare in un’occasione del genere. L’obiettivo è chiarissimo a chi lo vuol vedere. Si prende una docente motivata nel proprio lavoro, la si umilia pubblicamente, per di più per un'attività gestita dagli allievi. Il messaggio politico è quello dei poteri che mostrano i muscoli e che non gradiscono né le critiche né gli accostamenti (anche indebiti). Peccato per loro che ci sia un articolo della Costituzione che garantisce la libertà di insegnamento nato dal tentativo del Fascismo con la effe maiuscola di imbavagliare le voci fuori dal coro nella scuola durante il Ventennio. È evidente che anche un docente può sbagliare e deve attenersi alle regole della deontologia professionale, ma il tutto dovrebbe risolversi nelle secrete stanze dell’istituzione e non sulla pubblica piazza dei social, dove il messaggio che sta serpeggiando nella Destra italiana ossia quello che sia giunto il momento opportuno per zittire gli insegnanti a qualsiasi chiesa essi appartengano sta giungendo forte e chiaro. Per quanto mi riguarda, se lo possono scordare. E sappiano che ben conosco la distinzione di quello che posso dire a scuola e quello che posso scrivere sui miei blog e su Facebook. E chi si occupa di scuola dall'esterno, spesso, no.

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