lunedì 6 maggio 2019

Il Salò del libro di Torino. Le buone ragioni per tenersene lontani. Con favoletta esplicativa.


Regola numero uno: che siano veramente fascisti e che si vantino di esserlo. E loro se ne vantano. Non sono quelli che tengono solo il busto di LVI in salotto e sospirano ai tempi andati, ma sono quelli che, oltre al busto, hanno anche il manganello e le lame nel comò e che, se fosse per loro e se non ci fosse la Polizia, riempirebbero volentieri di botte gli antifascisti, ovviamente nella migliore delle ipotesi.
Se son fascisti dichiarati (anche se fanno i buonini quando conviene loro), i casi sono due: o ci si prepara allo scontro fisico o gli si fa terra bruciata intorno.
Poiché molti non amano lo scontro fisico (un po' per l'età e un po' perché poi dovrebbero raccogliere i loro lai vittimisti avessero la peggio, e, in tal caso, vi posso assicurare che quasi quasi è meglio prenderle), li si lascia soli con i loro amichetti.
So che qualcuno non ama l'Aventino (che storicamente e oggettivamente è stato un fallimento), ma qui si sta parlando del Salone del Libro, non del Parlamento!
Odo una vocina ammonitrice:“Come? Arrivano loro e lasciate loro spazio? Non è arrendersi? E poi, insomma, non c'è nessuna condanna e  sono innocenti fino al Terzo grado di Giudizio!”.
Vero, ma intendiamoci: allontanarsi è solo un atteggiamento dettato dalla prudenza.
In primis, possono dare fisicamente fastidio, secondo le due variabili del ribrezzo o delle botte (come le zecche rosse a loro, sia chiaro), in secondo luogo, e principalmente, a mio modesto avviso, devono capire che, al di là delle apparenze, non sono persone amabili come dicono di essere perché predicano l'intolleranza e inneggiano alla violenza, e non si fa; l'antifascista, a differenza loro, ama tendenzialmente la pace, e, anche se pure lui diventa talvolta violento, se la situazione lo richiede, lo fa solo e sempre per necessità e non per elezione (altrimenti, a mio avviso, può collocarsi dall'altra parte senza alcun problema).
So che spesso i palestrati adoratori di LVI si rendono anche amabili  e, nei momenti di bonaccia, sono in grado di dare pacche sulle spalle ai loro avversari amichevolmente, e sorridono, oh, come sorridono! Lo sappiamo tutti che non si può essere violenti 24/24 e 7/7! Si concedono anche loro le ferie dalla bestialità che è comune a tutti i fanatici di questo mondo! Sono fatti della nostra stessa pasta, eh!, ma , purtroppo, commista con qualche lievito pericoloso alla (nostra) salute.
La bella favoletta che troverete qua sotto, attribuita ad Esopo, esemplifica quanto ho scritto e il lettore attento ne trarrà i dovuti insegnamenti. 
Parla a quelli di noi che pensano che valga la pena dialogare con chi di dialogo non vuole sapere, ma anche alla buona borghesia che si sta facendo di nuovo infinocchiare dal fascino fatale dell'Uomo forte e della Provvidenza, mettendosi sul groppone il solito artropode di nero vestito, sottovalutandone la pericolosità:

Uno scorpione chiese ad una rana di lasciarlo salire sulla sua schiena e di trasportarlo sull'altra sponda di un fiume. In un primo momento la rana rifiutò, temendo di essere punta durante il tragitto. L'aracnide argomentò però in modo convincente sull'infondatezza di tale timore: se l'avesse punta, infatti, anche lui sarebbe caduto nel fiume e, non sapendo nuotare, sarebbe morta insieme a lei. La rana, allora, accettò e permise allo scorpione di salirle sulla schiena, ma, a metà strada, questi la punse, condannando entrambi alla morte. Quando la rana, agonizzante, chiese allo scorpione il perché del suo gesto folle, questi rispose: "È la mia natura!".

Ecco, lasciamo lo scorpione sull'altra sponda con il fiume di mezzo, per prudenza e finché non saranno condannati al Terzo grado di giudizio. E se non sarà poi il giudizio terreno a dirimere la questioncella, come temiamo in molti, vista la tendenza a non applicare la Legge Mancino, sarà quello Universale.
Il fiume, intanto, che impedirà allo scorpione di raggiungerci perché non sa nuotare, ci preserverà perlomeno dal “venenum in cauda” e potremo gracidare felici il nostro cra cra, lanciandolo al cielo stellato sopra di noi con l'imperativo morale dentro di noi di non intestardirci a raddrizzare le zampe ai cani o a strizzar sangue alle rape. 
Poiché quando l'Uomo ragionevole, pieno di buone intenzioni, incontra l'Uomo col manganello, abitualmente, son sei punti di sutura.


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